IL VIDEO E L’AUDIO. Nicola Di Matteo, imprenditore di VILLA LITERNO, trapiantato da decenni al Nord. Ma le sue origini lo rendono per forza un camorrista

18 Gennaio 2019 - 18:54

Caserta – (pm) Nicola Di Matteo è un costruttore edile di 66 anni, il cui nome, ai più e al di fuori del mondo del football, dirà forse poco o nulla. Alcuni giorni fa, è venuto alla ribalta della cronaca, quando, intervistato, come nuovo socio ed amministratore della squadra di calcio del Teramo, da un cronista locale che gli ricordava la sua origine di Villa Literno, paese lasciato all’età di 16 anni per cercare fortuna al nord Italia, aveva alcune uscite certamente infelici sulla camorra, ma non tali da far gridare allo scandalo come poi è accaduto e che a noi sono parse più il frutto di una confusione discorsiva che altro.

Comunque, i lettori potranno giudicare da soli visionando il filmato che qui proponiamo dell’episodio, se l’uomo mostri di propendere per il malaffare o semplicemente si impappina.

Come ben si comprende dall’intervista, almeno a nostro avviso, ci si è avviati tra il giornalista e l’intervistato in una surreale chiacchiera da bar sul rispetto o non rispetto verso la camorra, quando Di Matteo tentava di dire, anche se malamente, l’elementare ed ovvio concetto che ognuno nella vita fa le sue scelte e ne paga le conseguenze. Né di più né di meno.

Poi il discorso è finito in escrementi e non si è capito più nulla.

Ma in quest’epoca di giustizialismo, dove contano non i fatti ma persino le intonazioni delle cose dette se politicamente sospette, nel più classico “Datemi sei righe scritte dal più onesto degli uomini, e vi troverò una qualche cosa sufficiente a farlo impiccare” del Cardinale Richelieu, un sant’uomo ma non proprio campione della libertà, tanto è bastato per scatenare un putiferio.

Ovviamente, della pseudo notizia si sono impossessati i media in vena di scoop ed i politici sempre pronti ad apparire, dicendone di cotte e di crude, poco a proposito e molto a sproposito.

Ha trovato il tempo di intervenire addirittura il presidente della commissione antimafia, nella versione chiodata del grillino Nicola Morra, che con spicciative e severe parole ha liquidato il liternese  e tutto quello che ha combinato in un cinquantennio di lavoro.

Dell’uomo, delle sue vicissitudini, delle sue affermazioni da imprenditore  dacché  partiva povero da casa, nessuno se ne e ce ne informa, anche per sapere se lo si immagina vicino ai clan casalesi o invischiato in chissà quali affari illeciti, circostanze che pure in tutto quello che è stato scritto e detto non paiono emergere. Uomo che ha anche tentato di discolparsi, di dare le sue giustificazioni, che – reperibili in rete – appaiono finanche plausibili, ammettendo di se stesso che non è un fine conversatore ed argomentatore; ma inutilmente: nessuno vuole più stare a sentirlo !

Se così stanno le cose, per noi l’episodio è l’ennesima prova dell’involuzione autoritaria che sta subendo il paese nel segno del populismo. Se qualcosa fa gioco, ogni giudizio sommario va bene alla causa di esso.

Nel nostro caso, questo imbarbarimento trova alimento in un chiaro pregiudizio territoriale, per cui se provieni da un comune della camorra dal quale pure ti sei allontanato da ragazzo, per stornare ogni sospetto che vi sei bene o male invischiato, non basta una condotta corretta, ma è richiesta anche la professione di fede anticamorristica. Di questo passo, a quando la polizia del pensiero ?

Anche la seguita trasmissione radiofonica La Zanzara di Radio 24 si è occupata del caso, ma solo per fare spettacolo satirico nel proprio stile. Colta la veracità di Di Matteo, lo hanno chiamato al telefono e lo hanno perculato ben bene. A tratti la conversazione con i conduttori Giuseppe Cruciani e David Parenzo, che vi proponiamo nell’audio in calce, ricorda le gag dell’irresistibile Pappagone di Peppino De Filippo, che come lui farfugliava.

Con buona pace degli accigliati e ipersensibili suoi censori.

Qui la telefonata tra Cruciani, Parenzo e Di Matteo a Radio24.