LA FOTO Forza Italia. Carlo Sarro diventa leader e si carica sulle spalle le sorti della famiglia Cesaro. Il gelo di Tajani con Giggino a’ purpetta, il pranzo da Massa con Gasparri e Landolfi

12 Aprile 2022 - 18:04

Nelle ultime due elezioni, la presenza dirimente di Francesca Pascale nella vita di Silvio Berlusconi, ha garantito tranquille candidature a tutti gli esponenti del gruppo del politico di Sant’Antimo. Ora che, al di là di qualche presenza estemporanea annunciata in quel di Capua, la Pascale non c’è più, l’avvocato di Piedimonte Matese deve assumere, essendo l’unica faccia spendibile di quell’area politica, la guida delle sorti dei Cesaro, sperando in un’asse di opposizione a quello di Tajani e della Ronzulli che fa perno su Elio Vito e Maurizio Gasparri

 

 

CASERTA (gianluigi guarino) La fotografia che campeggia su questo articolo è stata scattata nel corso dell’ultimo fine settimana, a margine della convention nazionale di Forza Italia svoltasi a Roma,  che ha segnato anche il ritorno, in presenza, di Silvio Berlusconi che l’ha chiusa con un intervento con cui ha rivendicato il ruolo fondamentale che il partito da lui fondato continua e continuerà ad avere come guida politica del centrodestra italiano.  Non è un caso che Carlo Sarro, oggi deputato, in passato anche senatore e più volte rieletto in Parlamento, occupi una posizione centrale, una sorta di divisorio fisico da tutti quelli che dall’immagine ampiamente pubblicata sui profili social si sono fatti ritrarre.

Non è solo una questione di geometria della raffigurazione. Probabilmente, Sarro non ci avrà neanche pensato o forse sì. Fatto sta che lui non è solo centrale in termini di posizione fisica. In realtà, questa foto diventa una sorta di estensione immateriale, emblematica dell’attuale condizione politica, delle attuali posizioni di difficoltà in cui versa l’area che in passato ha avuto sempre in Luigi

Cesaro, detto Giggino a purpetta, il suo leader indiscusso, con Sarro a svolgere sempre il ruolo importante, ma mai apicale, di luogotenente.

Inutile stare qui a specificare i motivi per cui oggi Luigi Cesaro, suo figlio Armando Cesaro e il resto della nota famiglia imprenditoriale di S. Antimo, pesantemente coinvolta in più inchieste di camorra, conti, in assoluto, molto meno che in passato. La qualità che Sarro esprime scegliendo di farsi ritrarre insieme ad Armando Cesaro, è qualità effettuale, per dirla alla Vittorio Feltri.

L’effettualità è un dato di fatto che può stare anche da solo senza l’accompagnamento della sua ragion d’essere. E anche un giornalista che osserva le cose della politica non può non dare a questa caratterizzazione l’onore di un’autonomia, l’onore di bastare a se stessa e quindi di risaltare se senza e senza ma le paratie delle proposizioni subordinate o delle analisi riguardanti le cause. Detto questo, però, le cause non possono scomparire dal processo di conoscenza dei fenomeni politici o più prosaicamente dai fatti della politica. L’importante è evitare il proverbiale “ammisca francesca”  depotenziando strumentalmente, artificiosamente l’effetto con un uso capzioso e tendenzioso della sua causa.

Chiarito bene, affinché nessuno possa adontarsi in questa terra di permalosi e adottando il criterio didattico dei diligenti studenti di filosofia, possiamo dire che resta aperta, con tutte le precauzioni per l’uso appena illustrate, la questione relativa alla qualificazione causale delle coerenza di Carlo Sarro. Questi, non si sarebbe limitato ad una esposizione di coerenza, solo collegata all’amicizia storica nei confronti dei Cesaro, bensì avrebbe anche ragionato in termini più razionali, rendendosi conto però dell’irreversibilità del proprio posizionamento all’interno del partito, in una storia segnata da scelte sempre in linea con quelle dei Cesaro e anche da un avvenimento-simbolo, un avvenimento-svolta che si verifica quando Sarro e i Cesaro aderiscono pienamente e incondizionatamente alle posizioni di Denis Verdini quando questi, ritenendo scontata una condanna penale di Berlusconi, che al contrario diventò, in quella circostanza, assoluzione a sorpresa, vergò un felpato documento che, attaccando direttamente Renato Brunetta, sviluppava in realtà un affondo nei confronti di Berlusconi attraverso una vera e propria sfiducia politica nei confronti del fondatore di Forza Italia. Verdini, al tempo molto più pieno di sé di quanto non lo sia già stato di solito, riteneva di avere una forza tale da poter svuotare sostanzialmente Forza Italia portandola in dote al centrismo renziano e, in soldoni, a quella lobby toscana, vero gradiente di affiliazione e di affratellamento alla causa dell’allora presidente del Consiglio che già prefigurava un percorso alla Macron in cui voleva coinvolgere il Pd o, in subordine, se avesse perso il controllo di questo partito così come avvenne all’indomani del famoso referendum costituzionale del 4 dicembre 2017, coinvolge se stesso e molti suoi amici in un nuovo soggetto politico che finora, però, a posteriori, non sembra abbia rappresentato una grande idea quand’anche orami obbligata per garantire quantomeno la sopravvivenza individuale dell’ex premier, ex presidente della provincia di Firenze ed ex sindaco del capoluogo gigliato, immaginato sostanzialmente da Verdini come una sorta di successore di Berlusconi.

Ritornando nei ranghi un discorso più asciutto, diciamo allora che Carlo Sarro, a prescindere dalla qualificazione della sua coerenza, sta lì, in quella foto a caricarsi addosso tutto il gruppo di Cesaro, ritenendo evidentemente, di essere in grado di costituirne la faccia presentabile.

Carlo Sarro non è stato mai un leader. Probabilmente perché non ha mai voluto esserlo,  avendo puntato molto nella sua vita sulla professione di avvocato. Oggi le mutate condizioni del suo partito gli impongono di accollarsi questa responsabilità, probabilmente anche per saldare un debito di riconoscenza con Luigi Cesaro e con suo figlio che gli hanno consentito, soprattutto in occasione delle ultime due elezioni, quella del 2013 e quella del 2018, di conservare il suo seggio parlamentare.

Quelli di Forza Italia non stanno lì a sottilizzare sui carichi pendenti e sui casellari giudiziari visto che si tratta di un partito che a vario titolo ha visto segnare la sua storia da una speciale attenzione mostrata dalla magistratura nei confronti di tantissimi suoi esponenti sia nazionali che locali. I veri motivi di questo atteggiamento risiederebbero, invece, nella memoria viva, che Antonio Tajani, ma anche Licia Ronzulli, a cui Berlusconi ha dato in mano il partito, hanno delle ultime due elezioni napoletane, delle comunali dell’ottobre scorso e di quelle della Città Metropolitana, in pratica delle Provinciali, svoltesi  qualche settimana fa.

In effetti, dato che noi non ci tiriamo mai indietro quando possiamo esporre una conoscenza diretta su fatti e circostanze relativi a una fase e a fatti della politica in corso, dobbiamo convenire sulla circostanza  che Luigi Cesaro e suo figlio si son impegnati moltissimo affinché Fi facesse una pessima figura nell’urla elettorale.

Era il 6 a agosto scorso, io e un mio collaboratore, in una Napoli  deserta e letteralmente asfissiata da 40 gradi e dal 3mila per cento di umidità, ci recavamo alla segreteria dell’europarlamentare Fulvio Martusciello, per raccogliere alcune informazioni utili per un’intervista a più voci. Pensavamo di trovare delle stanze desolatamente vuote. Al contrario varcando quella porta passammo dal silenzio assoluto  di un condominio posillipino in un ferragosto napoletano al vociare tutto sommato gaio di quella che già era una vera e propria segreteria elettorale. Martusciello era, infatti, l’unico intento, facendo, tra le altre cose, la spola ogni mattina e ogni sera per raggiungere in aliscafo la sua famiglia nel luogo di vacanza,  a cercare di costruire una lista decente nonostante la manovre dei Cesaro, concretizzatesi, poi, nella presentazione della lista Azzurri per Napoli, con la quale ha cercato di far eleggere il figlio di Roberto Pepe. Quella mancata stretta di mano diventava, dunque, un modo per dire chiaramente che Tajani e la Ronzulli non hanno alcuna intenzione puntare su candidati espressi dalla famiglia Cesaro alle prossime elezioni politiche.

Carlo Sarro è uomo intelligente e sottile, e sa bene come funzionano le cose nel suo partito. Quando ad Arcore ed in Sardegna comandava Francesca Pascale, non c’era partita. Da sempre riconoscente a Luigi Cesaro, amico di famiglia che la volle assessore provinciale al tempo in cui lui era presidente, la Pascale aveva addirittura la forza di aprire le porte della fantasmagorica villa Certosa, nel luogo della vacanza estiva in Sardegna del cavaliere, ad Armandone Cesaro, il quale, accompagnato  da alcuni suoi amici, ugualmente voluminosi, “si faceva” una settimana tonda tonda di vacanza in quel posto da sogno, a riguardo si narra di autentiche sessioni dedicate ai tuffi a cofaniello, effettuati in faccia ad una Francesca Pascale compiaciuta, etnicamente e antropologicamente coinvolta, felice di poter dimostrare ai Cesaro la sua potenza tra un cazziatone e l’altro che un Berlusconi ancora rapito beccava in silenzio dalla bionda napoletana , così come narrano le cronache tutt’altro che segrete di quegli anni. E figuriamoci se in un rapporto di questo genere, i Cesaro potevano incontrare qualche problema nel momenti un cui ottenevano, senza neppure chiederle, candidature per loro e per i loro amici.

Ora, però, la Pascale non c’è più. Attenzione, però, non è che Sarro si muova da kamikaze visto che lui e i Cesaro si sono legati al gruppo che fa riferimento al parlamentare Elio Vito, un ex radical-pannelliano che, seppur  diplomaticamente e sperando che le cose cambino presto all’interno di Forza Italia, Tajani e la Ronzulli li accopperebbe volentieri, magari per ricostituire nei fatti il regime e i metodi vigenti all’epoca di Francesca Pascale in vista delle prossime elezioni politiche.

Ma la Pascale è solo un ricordo. E’ stata congedata con tanto di buonuscita dal cavaliere ma soprattutto dai figli di questi. Dunque, una sua presenza da ospite invitato in una convention che dovrebbe svolgersi a Capua e organizzata proprio da Sarro rappresenterebbe una notizia sicuramente stuzzicante, ma solo dentro ad una narrazione gossip e non in una concreta narrazione politica.

Elio Vito ma non solo. Qualche settimana fa, infatti, è arrivato a Caserta Maurizio Gasparri, ex Alleanza nazionale oggi divenuta una delle anime più manovriere e, dunque, da questo punto di vista più centriste del partito al punto di aver lavorato finanche con Mastella e Paolo Cirino Pomicino alla elezione al Quirinale, poi abortita, di Pierferdinando Casini.

In un noto ristorante di via Mazzini, accanto a Gasparri erano seduti Sarro, ma c’era anche Mario Landolfi e altre persone vicine a loro. A pensarci bene ci mancava solo Giorgio Magliocca che tutto sommato con Sarro, ma soprattutto con Mario Landolfi è rimasto in ottimi rapporti, così come abbiamo  constatato dalle assunzioni e dagli incarichi professionali a parenti e congiunti dell’ex ministro mondragonese di An.

Quanto conterà, allora, nella scelta dei candidati, questo asse tra Gasparri, Elio Vito e i Cesaro? Servirà a salvare le posizioni parlamentari di qualcuno di loro, oppure, rimanendo completamente il pallino in mano a Tajani e alla Ronzulli, che hanno nel già citato Fulvio Martusciello il loro punto di riferimento in Campania, sarà completato il processo di accantonamento di questo gruppo e dunque di un’intera stagione politica? E, in questo caso toccherà anche Carlo Sarro, oggi unica faccia spendibile in grado di rappresentarlo, pagare dazio, non ottenendo più una candidatura in un collegio sicuro?

Staremo a vedere.