La morte della mamma 29enne e dei suoi gemellini. Anche il perito della difesa ammette: “Si trattò di una sepsi (infezione)”. 14 MEDICI IMPUTATI

18 Marzo 2019 - 17:29

GRICIGNANO D’AVERSA – Importante fase processuale del procedimento giudiziario sulla morte di Francesca Oliva, la mamma 29enne di Gricignano d’Aversa che morì per una infezione il 24 maggio 2014. Anche Maurizio Guida, consulente di parte di Giuseppe Delle Donne, uno dei medici della clinica Pineta Grande sotto processo, ha ammesso che la Oliva è morta di sepsi e che l’infezione poteva facilmente essere debellata durante il primo ricovero della giovane donna in ospedale, a Giugliano. Secondo il consulente della difesa, infatti, sarebbero bastati degli esami microbiologi con il quale identificare il germe patogeno per istituire una terapia antibiotica, utile a debellare quell’infezione.

Sempre secondo il consulente, l’errore marchiano sarebbe stato compiuto nella clinica Pineta Grande il 22 maggio 2014 (quando Francesca fu colpita da una febbre altissima), e lo avrebbe commesso tale dottor Tartaglione e non Delle Donne. L’ecografia aveva infatti dato conto di tre battiti fetali mentre in realtà uno dei bambini che Francesca portava in grembo era già morto da 10 giorni circa. Guida ha ammesso anche che con un antibiotico ad ampio spettro e intervenendo con un parto cesareo (condotte che furono tenute correttamente solo il giorno dopo, troppo tardi) “è ragionevole pensare che sarebbe stato possibile evitare la morte

(cit.).

Francesca era seguita durante la gravidanza dal ginecologo S.R. ed era stata ricoverata prima all’ospedale di Giugliano e poi alla clinica di Castel Volturno. Dopo le minacce di aborto, il suo medico, il 7 maggio, le aveva praticato un cerchiaggio cervicale a fronte della presenza di una significativa leucocitosi con neutrofilia del 77 per cento, emersa dagli esami del sangue. Era in atto una contaminazione batterica. Qualche giorno dopo, uno dei suoi tre bambini, il maschietto, morì. Nessuno, però, se ne accorse, nonostante l’ecografia a cui la donna fu sottoposta.

E così Francesca venne trasferita d’urgenza, il 19 maggio, alla clinica “Pineta Grande”. Il 22 maggio la sua condizione di salute peggiorò a causa di una febbre altissima venne curata con antibiotici inidonei. Il 23 maggio si decise, infine, di operare il cesareo, per far nascere i bambini alla venticinquesima settimana di gestazione. Il maschietto era già morto, mentre una delle due femmine, Giorgia, sopravvisse al parto, ma morì dopo 24 ore per scarsa maturità dell’apparato respiratorio. L’unica sopravvissuta fu una bambina, Maria Francesca, trasferita all’ospedale “Santobono” di Napoli e salvata dai medici di quella struttura.

Nel processo, che si sta celebrando di fronte al tribunale di Santa Maria Capua Vetere, Prima Sezione Penale, presieduta dal giudice Carotenuto, sono imputate 14 persone, medici di entrambe le strutture sanitarie: Stefano Addeo, Renato Brembo, Gerardo Buonanno, Vincenzo Cacciapuoti, Gerardo Cardone, Giuseppe Ciccarelli, Giovanni De Carlo, Antonio Della Gala, Giuseppe Delle Donne, Pasquale Favale, Pietro Granata, Giuliano Grasso, Crescenzo Pezone ed Antonio Russo.

La parte civile è rappresentata dagli avvocati Raffaele Costanzo e Francesco Lettieri.

 

QUI SOTTO LO STRALCIO DELLA TESTIMONIANZA DEL CONSULENTE MAURIZIO GUIDA