LA NOTA AVERSA. Gianluca Golia, la strana teoria del nuovo che avanza con Capasso, Bisceglia e compagnia

16 Aprile 2019 - 19:07

AVERSA(Gianluigi Guarino) Peppino Sagliocco non mi impartiva tutti i castighi che sono tipici, purtroppo, di una segreteria politica o di una dimora aperta stabilmente agli amici, ma anche ai conoscenti, agli “utili, idioti e meno idioti“, della politica locale.

Quando il sottoscritto arrivava in via Fermi, Peppino che aveva il piacere di affrontare con me certi discorsi ma sapeva pure che certi altri discorsi non li volevo proprio ascoltare, mi preparava il campo.

Nel senso che le persone collegate ad una modalità e a prassi comportamentali molto realistiche, molto pragmatiche, fortemente ancorate al modello della politica “che serve” ma che non serve il cittadino, non me le faceva proprio trovare, risparmiandomi la fatica di dover abbozzare, per cortesia di ospitalità, davanti a certi personaggi e davanti ai loro discorsi spicciativi, destinati a non affrontare, al di la delle dichiarazioni di pura maniera, con il principio di una politica che conosce, che è all’altezza in quanto sa, frima di tutto, leggere e scrivere.

Dunque, al netto di qualcuno che rimaneva per attività manuali e pratiche, tipo quella più volte citata da CasertaCe, di andare a comprare pizze e panzarotti, attorno a quel camino di quella sorta di loft del disordine, del meraviglioso disordine, tutto sommato organizzato da un uomo che amava ancora leggere le carte, i documenti, anche a costo di farci planare sopra chilogrammi di polvere, rimanevamo in pochissimi.

Di Peppino, negli ultimi 2 anni della sua vita, ero diventato una sorta di confessore. Il rapporto che aveva con la malattia, con la prospettiva di una fine imminente, lo induceva a cercare disperatamente di cavar il sangue dalle rape, lasciando alla città qualcosa di quella che sapeva essere l’ultima sua esperienza politica. E forse liberato dalla prospettiva di dover vivere altri 30 anni, non mediava più. Nel senso che non confezionava equilibri a costo di trascorrere la giornata da infliggersi pizzichi sulla pancia. Non ne aveva più bisogno. E forse questo era l’unico privilegio che gli forniva la terribile malattia che lo aveva colpito. Dunque, nonostante il fatto stessi spesso a via Fermi, soprattutto di sera, dopo le 8, dopo aver lasciato, almeno fisicamente la sede di CasertaCe, io questo Gianluca Golia non me lo ricordo.

Rimembro ancor la zazzera cotonata alla Miranda Prisley, la direttrice del giornale di moda nel film “Il diavolo veste Prada“, l’occhio azzurro e, per dirla alla Gianna Nannini, il vago sapor mediorientale di questo qua, non mi sovviene. Ricordo Luciano Sagliocco, ricordo Carmine Palmiero, figuratevi, nei primi mesi dopo la vittoria del 2012, Peppino mi presentò finanche Paolo Galluccio, salvo poi non farmelo trovare più perchè probabilmente neanche lui lo voleva più tra i piedi, soprattutto da quando Nicola Cristiani della Cisl gli aveva raccontato una certa storia.

E allora, per conoscere il pensiero di Gianluca Golia, il cui nome è ancora il più gettonato per la candidatura a sindaco del centrodestra ad Aversa, non resta che affidarsi agli immancabili social. Nel post che pubblichiamo in basso, si coglie questa necessità di un abbraccio ecumenico che sa tanto di doroteismo proto democristiano, il che non sarebbe in assoluto una colpa inaccettabile se il piano dialettico non fosse espresso attraverso una sorta di pappa consociativa e collateralista che a Peppino non sarebbe piaciuta affatto, visto che tra quelli che l’aspirante sindaco loda, ci sono anche i carnefici di quel tempo, le persone che tradirono quella stagione, di per sè, fresca ed innovativa. Quelle persone non potranno mai, geneticamente, sposare un progetto di autentico rinnovamento. Quelle persone, famiglie De Cristofaro e Bisceglia in primis, furono protagonisti di una resistenza reazionaria che tendeva a far cadere quel sindaco, ma soprattutto a minare quel percorso che lui aveva tracciato. Ci riuscirono col colpo di grazia del mal di pancia di Peppe Stabile.

Dunque, poi proseguiremo l’articolo in maniera più lieve, chi collega una propria iniziativa politica a quel mondo, si pone automaticamente in antitesi con l’ultimo Sagliocco e dunque, deve evitare di immaginare una sorta di Pantheon, ai cui valori ispirarsi.

Insomma per Gianluca Golia, è bello Luciano Sagliocco, che sarebbe lo stimolatore che conserva in vita “quel filo invisibile che mi tiene legato ancora a quei luoghi“, dove, ripetiamo, noi, ma è un limite nostro sicuramente o una premura usataci dal meraviglioso Peppino negli ultimi due anni di vita, non l’abbiamo mai incrociato; è bello l’ex sindaco De Cristofaro che, secondo Golia, ha subito un’ingiustizia nel momento in cui lo si è fatto cadere, senza avere un piano B, come se il piano A, cioè quello del governo dell’architetto, che scatenò l’incolta marmaglia dei cosiddetti poteri forti della città contro Peppino Sagliocco, ai tempi dei lavori di via Roma, fosse una cosa utile e produttiva per Aversa, più di quanto lo possa essere un’amministrazione da parte del commissario prefettizio; è bello il figliolo del sindaco, cioè Orlando De Cristofaro, il quale avrebbe legato il suo nome a un progetto di rinnovamento di cui Gianluca Golia afferma di essere stato il motore; è bello, anzi è bellissimo, più di un cherubino, Rosario Capasso, altra persona che incontravo stabilmente da Peppino nei primi 4 mesi della sua consiliatura e che poi, alla fine di un discorso molto interessante sul trasformismo nella politica italiana di fine 800, l’ormai amabilissimo amico mio, non mi fece più trovare in via Fermi; è bello, infine, Augusto Bisceglia, figliolo dell’ex sindaco di Aversa.

E qui bisogna citare testualmente il passaggio. Non perchè esprima un pensiero sottile, interessante. Ma perchè è quello che ha scritto il possibile nuovo sindaco di Aversa e dunque, come si suol dire, stavolta non c’è Peppino che ci protegge e, allora, ineluttabilmente dobbiamo sottoporci a questo sacrificio. Citiamo testualmente: “(…) perchè, assieme ad Augusto Bisceglia e tutto il suo nutrito gruppo di amici (…) aveva preso vita un progetto di “ricambio generazionale” rispetto a persone e sistemi che, oramai da oltre vent’anni, vedono sempre gli stessi protagonisti…ovviamente, questo non voleva essere una operazione di “distruzione” anzi, voleva essere un progetto di “collaborazione” dove i vecchi “animali politici” della zona avrebbero potuto fare da riferimento in caso di necessità“.

Azz, qui più che ricambio generazionale, è un ricambio dinastico. Roba che, al confronto, l’imperatore-soldato Diocleziano è da considerare un vero gigante del riformismo, quando pose modernamente il problema, poco meno di 1700 anni fa, della non efficacia, per i destini di un impero di enorme estensione, del metodo della successione diretta dei figlioli di primo letto, al punto da costruire l’idea, che per diversi anni funzionò, dei tetrarchi.

Qua, invece, si viaggia nel pieno rispetto dello ius sanguinis. Il papà di Augusto Bisceglia, sindaco di Aversa, il figlio che fino ad ora ci aveva risparmiato quantomeno la baggianata del nuovo che avanza e che si definisce attraverso i freddi e insignificanti numeri di una carta d’identità, protagonista di un progetto di rinnovamento generazionale (sic!), così lo chiama Gianluca Golia, con i giovanotti a pazziare in comune e con i patres, cioè con il patriziato di sempre, a determinare azioni reali e strategie. Non c’è che dire, ovviamente il nostro è sarcasmo reo confesso, un modello innovatore, che soprattutto disegna il quadro di una generazione di giovani che hanno, attraverso la cultura e attraverso la conoscenza, conquistato il diritto di essere gli unici protagonisti di un tempo nuovo, di una vita nuova.

Altro che vita nuova. Probabilmente, il Sommo Poeta, dopo aver letto la citazione, operata da Gianluca Golia, delle generalità di Bisceglia, di Orlando De Cristofaro, di Rosario Capasso, li avrebbe traslocati dalla sua autobiografia giovanile a qualche girone infernale dell’opera suprema della sua maturità artistico-letteraria.

Comunque, questo è. Abbiamo l’impressione, dopo tanti anni, che esista un prototipo, un archetipo aversano che si connota anche attraverso un look, connotato, somma di forme esteriori di manifestazioni di sè, importante per ricavare un elemento di sintesi, dunque anche di valutazione, di giudizio, sul costume corrente, sul costume pro tempore. Uno strumento, il cui abuso rese tossico, del conformismo moderno che Renzo Arbore aveva già colto nel lontano 1984, quando, nella sua trasmissione “Quelli della notte“, utilizzava Roberto D’Agostino, inventore  e autore quotidiano del sito Dagospia, nella veste di looklogo, in grado di far diventare moda, anche fisiognomica, quello che allora definì “edonismo reganiano“.

C’avete fatto caso che c’è un gruppo di professionisti, più o meno rampanti, che si somigliano anche fisicamente ad Aversa? Gianluca Golia, per esempio, e Massimo Pizzi sembrano appartenere allo stesso ramo genetico, ma in realtà non è così. In realtà appartengono ad una espressione, ad una manifestazione delle proprie persone, collegata a modelli, a paragone dei quali, l’edonismo reganiano di Roberto D’Agostino, era una sorta di nuovo Rinascimento.

 

QUI SOTTO IL POST DI GIANLUCA GOLIA