Le elezioni ad alto peso specifico di Carinola. Pasquale Di Biasio, poi il fratello, ora la figlia. Beh, sarebbe anche ora che il popolo di questa cittadina alzasse la testa. La differenza con De Crescenzo

24 Settembre 2021 - 20:11

Ritorniamo per la seconda volta a trattare l’argomento di una consultazione elettorale che solo apparentemente è periferica ma, al contrario, è ricca di contenuti generali e di significati politici. Il ruolo non certo edificante di Giovanni Zannini e Pasquale Capriglione.

 

CARINOLA (g.g.) Il problema di queste elezioni comunali di Carinola è strettamente di carattere culturale. Non parliamo di libri, di erudizione, di capacità di declamare discorsi densi di contenuti e di eloquenza. Niente di tutto questo. Il discrimine elettorale è di tipo culturale perché la comunità di Carinola deve decidere se in questo benedetto 21esimo secolo iniziato da quasi 21 anni compiuti ci vuole entrare sul serio o se, invece, ritiene che si possa vivere in questo presente, in questo tempo, manifestandosi quale comunità attiva che non serve solamente quale hospice per la terza età o per quei giovani che purtroppo per loro non posseggono un grande talento, rinnovando la fiducia ad una famiglia che, con rispetto parlando, detta legge da decenni con lo stile dei feudatari che concedono, munifici solo ai servi della gleba, ma solo a quelli che chinano la testa.

Guardate, noi di Casertace non siamo certo degli estimatori di Pasquale Di Biasio, soprattutto per quello che combina nel Consorzio Idrico, ma il punto non è rappresentato dalla persona in quanto tale, dal politico in quanto tale. Il problema è molto più ampio e Pasquale Di Biasio lo abita, ma non è il solo artefice. Non c’è, infatti, dinamismo, forza propulsiva, tensione verso una vita in cui l’entità comunitaria, la struttura di cittadinanza se non si ha il coraggio di essere padroni del proprio destino. E per fare questo occorre sviluppare ogni tanto un guizzo di dignità civile vestendo realmente la propria persona dell’importante e orgoglioso abito del cittadino, padrone della propria esistenza.

Ormai, le risorse pubbliche sono quelle che sono. Il recovery fund rischia di diventare l’ennesima “pappatoria” per  soggetti che hanno costruito la propria esistenza, i propri agi, le proprie frequenti puntatine a Parigi in modalità shopping svolgendo, in pratica un lavoro che non dovrebbe essere un lavoro, o che al limite lo potrebbe diventare solo dopo che per un congruo periodo una persona ha dimostrato di avere talento e dignità nella propria dimensione professionale. Perché fare il politico di professione è un gioco di furbizia da tenere costantemente attivo. La rete di clientele, i voti che da questa discendono rappresentano, infatti, un capitale tossico che il politico di professione ha la necessità di alimentare, iniettandovi quotidianamente nuove o più robuste tossine. La fabbrica della clientela non può essere lasciata senza presidio. Ma quella fabbrica serve a chi deve costruirsi posizioni economiche ragguardevoli, eludendo il problema, l’incomodo di doversi necessariamente alzarsi la mattina molto presto per andare a svolgere un lavoro vero. Al popolo restano le briciole di quella che è una vera e propria elemosina.

Ed ecco il tema culturale: se trent’anni fa un Pasquale Di Biasio (ce ne sono stati tanti e tanti ce ne sono ancora in questa provincia) aveva un senso, oggi non tanto lui come persona ma il modello con cui rapporta la potestà, intesa come potere, a quello che dovrebbe essere il ruolo dei cittadini un senso non ce l’ha. Le modalità improprie attraverso cui, infatti, costruiva se stesso attraverso il consenso ricevuto dal popolo di Carinola sviluppavano anche qualche elemento di utilità, in quanto partendo da condizioni economiche molto disagevoli una famiglia non stava lì a spaccare il capello e a pensare alle questioni morali, argomento che si evita volentieri quando si ha difficoltà a mettere il piatto a tavola. La famiglia media di trent’anni fa utilizzava la prebenda per veder crescere il proprio reddito, per far sposare un figlio o una figlia. Ma quelli erano i tempi in cui le rendite clientelari si erogavano a fondo perduto e si scaricavano interamente sulla spesa pubblica senza alcun ritorno reale in termini di produttività e di servizi attivi. Nel senso che anche se uno nella vita non aveva mai preso una siringa in mano, si ritrovava lo stesso dopo qualche mese con un diploma preso alla scuola infermieri, si può bene immaginare come e con un posto di lavoro in un ospedale che naturalmente non distava più di 15 chilometri dal luogo di residenza.

I meccanismi del presente con la difficoltà che si frappone di fronte a chi “prende il posto” per raccomandazione ma che se non sa accendere il computer quel posto, giocoforza, lo dovrà lasciare, rendono dannosa la riproposizione di un modello che poi, giusto per non lasciare dubbi ad alcuno, manifesta orgogliosamente il suo marchio arcaico, il suo stampo feudale, in questo gioco di figurine con il quale se non c’è Pasquale, c’è il fratello, se non c’è il fratello c’è la figlia che in questo periodo sta di turno in quanto è lei la candidata, seppur solo nominalmente e formalmente.

Guardate, qualcuno ci ha detto che siamo troppo severi con la signora o signorina Giuseppina Di Biasio. Questo qualcuno afferma che tutto sommato, si tratta sempre di un avvocato, di una professionista che, dunque, esercita un lavoro e non di un politico di professione. Intanto non siamo stati severi con la Di Biasio. Se poi severità significa averla ignorata, rimossa da ogni ragionamento da noi compiuto sulle elezioni di Carinola, allora è vero. Noi dell’avvocato Giuseppina Di Biasio sappiamo poco. Ma quel poco ci basta. Non dubitiamo della sua onestà e della sua bonomia, almeno fino a prova contraria. Ma la gran parte del suo lavoro lo ha svolto e lo svolge ancora nello studio professionale dell’avvocato D’Angiolella, uno dei più incaricati dagli enti di sottogoverno di questa provincia dai quali trae gran parte del suo reddito professionale. Anche in questo caso, niente di personale, anche perché ad esser duro, anzi durissimo con D’Angiolella, ci ha pensato a suo tempo l’allora procuratore della Repubblica aggiunto di Santa Maria Capua Vetere, Antonio D’Amato, oggi componente del Consiglio superiore della magistratura che, nel corpo della richiesta di applicazione di misure cautelari restrittive della libertà personale nei confronti della gang dell’Interporto Giuseppe Barletta, Campolattano e accoliti, espresse valutazioni durissime sull’operato professionale di D’Angiolella che in passato abbiamo pubblicato integralmente e che ora, per carità di patria, evitiamo di collegare quale documento “probatorio” di quest’articolo.

Beh, quando l’avvocato Giuseppina Di Biasio lavorerà in uno studio in cui il titolare non avrà preso mai incarichi dal Consorzio Idrico guidato dal padre o in generale da altri enti  strumentali dove non si muove foglia se la politica e i politici casertani non vogliano, allora ci alzeremo in piedi ad applaudire e come fanno i veri liberali opporremo il nostro scudo agli attacchi e alle malevolenze, perché si potrà dire che l’avvocato Giuseppina Di Biasio è una persona del tutto autonoma e indipendente da suo padre Pasquale Di Biasio. Ma fino a quando questo non succederà, cioè fino a quando un solo euro sarà introitato dall’avvocatessa in studi professionali che svolgono la loro funzione anche in enti pubblici governati da propri congiunti, allora diremo che sì, certamente la mattina prende l’auto per recarsi in quel dato studio, ma che tutto sommato anche lei, seppur in versione più articolata, riveduta e corretta è un politico di professione dato che quel reddito che affluisce nello studio dell’avvocato che ne è titolare, proviene in larga quota parte dagli enti strumentali, da nomine decise dalla politica e non dalla circostanza, dall’evidenza di una capacità professionale grazie alla quale un professionista, un avvocato la causa la vince in quanto è indiscutibilmente bravo, in quanto le sue costituzioni in giudizio, le sue memorie aggiuntive, le sue discussioni hanno avuto la meglio durante un procedimento, dunque in una battaglia che si vince  o si perde ma che comunque viene combattuta senza l’ausilio di paracadute.

Noi questo Ugo De Crescenzo, che si candida in alternativa a Giuseppina Di Biasio non lo conosciamo proprio. Sappiamo solo che di professione fa il medico anestesista e che trascorre una media di 8-10 ore al giorno nella sala operatoria della clinica Pineta Grande.

Sapete cos’è un anestesista? E’ uno che per un po’ di ore ha nelle sue mani la vita di un uomo, di una donna, di un ragazzo, di una ragazza, di un bambino, di una bambina, di un neonato, di una neonata. E lì non c’è raccomandazione che tenga. Perché se sbaglia altro che paracadute. Spezzi una vita e la spedisci diritta al Creatore. Non sappiamo se De Crescenzo  sia l’uomo giusto per fare il sindaco a Carinola. Sappiamo però che il suo profilo professionale ed esistenziale è ottimo per mettere le genti di Carinola di fronte a quella sfida, a quel problema di ordine culturale di cui parlavamo all’inizio. Chi ha l’orgoglio di guadagnarsi il pane senza percorrere scorciatoie, mettendosi in gioco ogni giorno nel proprio podere contadino, nella propria officina di meccanico, nella propria bottega  deve decidere oggi se vuole consegnare la propria vita alla scelta comoda di affidarsi ad uno qualsiasi della famiglia Di Biasio, tanto è sempre Pasquale che comanda, alle promesse e ai bandi che veramente fanno strabuzzare gli occhi e di cui scriveremo nei prossimi giorni tirati fuori dal solito Pasquale Capriglione, ovvio, naturale, biologico partner dei Di Biasio o se, invece, vuole rischiare un’oncia della propria vita, in nome di una dignità, di un orgoglio che dovrebbe appartenere ad ogni persona in quanto tale e che viene usualmente definito amor proprio. Anche perché stavolta ci sarebbe un fattore in più costituito dall’egida esercitata dall’uomo forte che arriva da Mondragone, cioè Giovanni Zannini che poi, siccome consente a Pasquale Di Biasio di campare alla grande alla presidenza del Consorzio Idrico e a Pasquale Capriglione di fare incetta di affidamenti nell’ambito dei servizi sociali nei comuni da lui controllati (Mondragone, Sparanise e in parte anche Teano) sarebbe l’autentico governatore di una Carinola annessa desolatamente come colonia alla vicina Mondragone.