LE IENE E LO SMARGIASSO. Non scherziamo: il colonnello Fabio Cagnazzo non ha ammazzato il sindaco Vassallo. Ma il carabiniere non lo può fare perché uno che porta in cielo Lazzaro Cioffi, genero del boss Mimì D’Albenzio o’ Faraone …
12 Novembre 2022 - 19:46
Lunedì scorso è andata in onda una serissima inchiesta giornalistica, condotta da Giulio Golia, sul delitto di Pollica-Acciaroli. Ne abbiamo tratto un’idea ben precisa. Cagnazzo è innocente ma l’incredibile modalità con la quale manifesta i suoi gesti, le sue azione e le sue parole ha fatto si che se l’andasse a cercare. Spacco qui spacco là , chiacchiere e distintivo, il flirt con la figlia di Vassallo, l’arrivo fulmineo sul luogo del delitto e l’acquisizione dei filmati. Uno così è più masochista di Tafassi
AVERSA/MADDALONI – (Gianluigi Guarino) Abbiamo seguito con molta attenzione la puntata del format che il programma “Le Iene” dedica alle inchieste su importanti fatti di cronaca che non hanno ancora rimosso il velo pesante e inspessito sempre di più dal tempo trascorso. Il bravissimo Giulio Golia ha tenuto con grande capacità e pari abilità i fili di una ricostruzione complicatissima di uno dei delitti più importanti sia per il fatto in se per se, sia perchè la mancata cattura del responsabile o dei responsabili dello stesso rappresenta ancora oggi una ferita aperta per lo Stato, per la magistratura e per le forze dell’ordine. Stiamo parlando dell’omicidio, avvenuto il 5 settembre 2010, del sindaco di Pollica-Acciaroli Angelo
Oltre a Fabio Cagnazzo su cui pendono due ipotesi di reato pesantissime di concorso in omicidio, di associazione a delinquere finalizzata al traffico di droga. Insieme a Cagnazzo sono indagate, come abbiamo già scritto qualche settimana fa, altre 8 persone: i tre fratelli Domenico, Giovanni e Federico Palladino, imprenditori nel settore turistico, titolari di un noto albergo in quel di Acciaroli e uniti da un rapporto di solida amicizia a Fabio Cagnazzo che quell’albergo ha utilizzato in passato come luogo di residenza di alcuni collaboratori di giustizia, ovviamente a spese dello Stato. Sul registro degli indagati anche Giuseppe Cipriano, titolare di una sala cinematografica, Romolo e Salvatore Ridosso, ritenuti componenti del clan scafatese Loreto-Ridosso, Luigi Molaro ex attendente del tenente colonnello Cagnazzo e dulcis(si fa per dire) in fundo Lazzaro Cioffi, che a dispetto del suo nome il quale evoca concetto di resurrezione miracolosa, di morte battuta dalla santa cultura della vita, si è rivelato fino ad oggi un dispensatore di cupa vergogna, un carabiniere infedele che tanti e tanti magistrati considerano un amico dei camorristi.
Tutti quelli che hanno visto la puntata de Le Iene si saranno fatti una propria idea. Ciò perchè il racconto puntiglioso, colmo di dettagli e corredato dalle testimonianza di ognuna delle parti in causa, di quelle coinvolte un tempo e di quelle di oggi, ha messo a disposizione di ogni telespettatore attivo e concentrato tantissimi elementi di valutazione in grado di rendere il consolidamento non superficiale di una convinzione su quei fatti accaduti più di 12 anni orsono.
Anche noi abbiamo maturato qualche idea. Ce lo ha consentito il modo con cui la trasmissione è stata realizzata, la serietà e la qualità con la quale sono stati raccolti gli elementi e ricostruite le trame di una vicenda molto complicata, che incautamente è stata semplificata negli anni, riducendola ad uno schema ben determinato, quello di un sindaco eroe, che paga con la vita la sua lotta al narcotraffico che avrebbe visto Acciaroli al centro di meccanismi criminali temibilissimi, con quintali e quintali di droga, cocaina soprattutto, che nell’arcinota località del Cilento sarebbe arrivata via mare e poi riparata, secondo l’ipotesi accusatoria formulata dalla Dda di Salerno, in un grosso capannone di proprietà di uno dei personaggi coinvolti nell’indagine. La puntata de Le iene ha dimostrato, a nostro avviso che sarà molto difficile il percorso di trasformazione dell’ipotesi di reato in una imputazione formalmente contestata dentro ad un processo, dentro ad un dibattimento.
Chi conosce un po’ la storia del tenente colonnello Fabio Cagnazzo- e noi un poco la conosciamo- può aggiungere agli elementi forniti dalla trasmissione, delle cognizioni ulteriori e sicuramente incidenti, perché a nostro avviso Fabio Cagnazzo non ha ucciso e non ha neppure dato l’ordine di uccidere il sindaco Angelo Vassallo. Ma ha, comunque, poco da lamentarsi nè può invocare la sfortuna o una improbabilissima macchinazione a suo danno, perché come spesso gli è capitato nella sua carriera professionale la buona attitudine investigativa, che indubbiamente possiede e che gli ha consentito di mettere e segno molti successi, soprattutto ai tempi della sanguinosissima guerra di camorra in quel di Secondigliano, è stata sovrastata da una sua caratterizzazione lessicale prima ancora che sostanziale. D’altronde, questo suo limite caratteriale è stato confermato in quintessenza nel corso dell’intervista che Cagnazzo ha rilasciato allo stesso Giulio Golia. Tante parole, tante chiacchiere e una modalità smargiassa fatta camminare sul crinale di una colorita e colorata spacconeria, delle chiacchiere e del distintivo che alla fine si è ritorta contro di lui. Successe nel 2009 e nel 2010 quando iniziò la sua parabola discendente. Per carità, nessuno gli impediva di indagare su quello che veniva considerato e viene ancora oggi considerato un mostro sacro della lotta alla camorra, cioè l’allora capo della squadra mobile della questura di Napoli Vittorio Pisani, colui che arrestò nell’arco di un anno, prima nel novembre 2010 Antonio Iovine, detto o’ninno, fondatore di una sua fazione inserita nel clan dei casalesi e poi, il 7 dicembre 2011 Michele Zagaria. Un lavoro che Vittorio Pisani portò a termine nonostante che su di lui pendesse ancora un’indagine della magistratura.
Il problema non era rappresentato dall’iniziativa d’ indagine assunta da Fabio Cagnazzo, ma dalla modalità in puro stile “one man show” da lui adottata. E fu proprio in quei mesi difficili del 2010 che questi, ancora comandante della fondamentale struttura dei carabinieri in quel di Castello di Cisterna, che ficcava il naso dappertutto in un’area territoriale in cui lui non centrava nulla. L’idea che ci siamo fatti dopo aver visto la puntata de Le Iene è quella di una persona intelligente, capace, anche sufficientemente preparata, ma con una struttura caratteriale assolutamente inadatta a svolgere la funzione delicatissima di ufficiale dei carabinieri. Uno che parla così come ha parlato e conferito Fabio Cagnazzo nel corso dell’intervista rilasciata a Giulio Golia quella divisa non se la sente addosso, pur essendo nato cresciuto e pasciuto nel contesto militare, pur avendo mangiato, nella sua famiglia, pane e carabinieri quella divisa non se la sente addosso. Le frasi proferite a Giulio Golia sembrano pronunciate da un improbabile guappo della Nfrascata. Dialetto stretto aversan-napoletan, spacco qua, spacco là, a quello gli ho detto il fatto suo, a quell’altro, che mi ha accusato ho fatto un paliatone davanti a un bar. Insomma, siamo ad un livello di iper-cafonal, di fronte ad un’assenza totale di garbo di sobrietà e di discrezione istituzionali. L’omicidio di Pollica- Acciaroli avvenuto, lo ripetiamo, il 5 settembre 2010, si consumò quando Cagnazzo era in servizio da alto ufficiale dei carabinieri in un’altra area territoriale. Chi non lo conosce bene, non può non insospettirsi nel momento in cui lui arriva prima dei suoi colleghi sul posto dell’omicidio portando con se una guagliuncella 24enne del posto davanti alla quale fare la ruota, lo sborone spiegandole che un carabinieri più figo di lui non esiste in Italia e al mondo e che dunque era autorizzata ad affiggere il suo poster nella cameretta in cui dormiva. Ma chi conosce Fabio Cagnazzo sa che quell’approdo istantaneo in stile CHiPs, in stile Supercar, in stile A-team, in stile Squadra Speciale fa parte del carattere di Cagnazzo.
Chi non lo conosce non può non può non insospettirsi di fronte alla sua sconcertante e sconsiderata iniziativa di acquisire i filmati delle telecamere di un negozio dalle quali potevano essere osservati alcuni movimenti accaduti in quella zona, protagonisti alcuni pregiudicati del narcotraffico locale che, secondo Fabio Cagnazzo, erano sicuramente implicati nell’omicidio al contrario di a quello che, invece, ha dimostrato una prima parte dell’indagine.
Insomma un’artista nel mettersi nei guai. Un facilone, significativamente molto megalomane ma non sicuramente un assassino. Quella notte lui non è passato inosservato perché non si è mosso con discrezione, non si è mosso rispetto ai colleghi di Salerno, competenti per i delitti compiuti in quel territorio, con la sobrietà e con un profilo felpato, bassissimo . E’ arrivato sul luogo come se fosse lui il comandante della Compagnia o del Provinciale dei carabinieri dei Salerno.
Per giunta arrivava da un locale connesso alle attività imprenditoriale del sindaco Angelo Vassallo e della sua famiglia con la quale per altro, come ha dichiarato al microfono delle Iene, la diretta interessata, Cagnazzo si è rapportato intrecciando una relazione con la figlia di Vassallo la quale era stata anche fidanzata con uno degli spacciatori più attivi di Acciaroli e Pollica.
Ora, diteci voi se questo può mai essere un assassino o se invece, come siamo convinti, sia solo un fracassone, uno ancora convinto di vivere dentro ad un telefilm o a una soap opera. Questa nostra affermazione è supportata da una prova regina: uno dei motivi per cui il brigadiere coindagato Lazzaro Cioffi di Maddaloni, è diventato un carabiniere noto, in vista, addirittura decorato, è proprio costituito dalla smisurata apertura di credito fattagli negli anni da Fabio Cagnazzo, il quale riteniamo sapesse ben di chi era genero Lazzaro Cioffi, sposo della figliola di Domenico D’Albenzio detto “Mimì o faraone” boss tra i più temibili della camorra maddalonese e plenipotenziario del clan Belforte nel territorio in cui risiedeva.
E’ mai possibile che Fabio Cagnazzo non fosse al corrente di un piano omicidiario, di cui Lazzaro Cioffi avrebbe dovuto costituire bersaglio ed oggetto, come racconta il collaboratore di giustizia Antonio Gerardi, capozona dei Belforte in quel di San Nicola La Strada il quale racconta che il motivo per cui Lazzaro Cioffi avrebbe dovuto essere ucciso non era certo legato alla sua attività investigativa, ma all’uso-abuso della propria divisa grazie alla quale poteva parteggiare e favorire soprattutto sulla piazza di Caivano i clan a lui più vicini, colpendo invece quelli avversari.
Insomma, si sa che le vie della psicologia sono infinite. Probabilmente Fabio Cagnazzo avrebbe svolto benissimo tante altre professioni. Il destino inevitabile di dover essere necessariamente, da figlio di un importante carabiniere, un ufficiale dell’arma a sua volta, lo ha portato, a nostro avviso, alla luce delle cose del passato e di tutto ciò che è emerso nella puntata de Le Iene del 7 novembre, ad essere accusato, a nostro avviso quand’anche se la sia cercata, infondatamente, di un terribile omicidio che, coinvolgendo lui e un altro casertano, il già citato Lazzaro Cioffi oggi agli arresti domiciliari fuori regione, incrocerà la nostra attenzione, come mai è successo in passato partendo da un analisi più approfondita dei documenti dell’inchiesta della Dda di Salerno.