L’INCHIESTA. L’area Asi e non solo del Comune di Teverola è come il far west. Milioni di euro di oneri di costruzione evasi. Lo strano caso degli uffici-abitazioni di Angelo Morra

16 Dicembre 2020 - 19:29

PRIMA PUNTATA. L’abbiamo considerato il caso emblematico, punta di un iceberg enorme di illegalità rimasta impunita e che ora non si potrà più colpire, dato che la prescrizione farà il suo “sporco lavoro”

 

 

TEVEROLA (Gianluigi Guarino) –  Come sanno i nostri lettori, noi andiamo costantemente a caccia di casi emblematici che possano rappresentarsi come una sorta di quintessenza dello schifo truffaldino e illegale con cui vengono gestiti i nostri enti locali.

Finalmente abbiamo trovato il tempo per concentrarci un attimo su quello che è un ben noto epicentro dell’illegalità: stiamo parlando del comune di Teverola. La materia è arcigna.

Per cui ci abbiamo dovuto lavorare un po’ sopra per rendere le “parole povere” che useremo rigorosamente rispondenti ad una raffigurazione delle cose così come queste si pongono, a nostro avviso in maniera tecnicamente criminale, al cospetto della legge. Però, siccome noi non abbiamo la verità in tasca, partiamo dal presupposto che questa nostra analisi su ciò che si è consumato nell’Ufficio Tecnico del comune di Teverola sia esagerata fino a lambire il confine della calunnia che cerchiamo di non sorpassare. Però, almeno qualche domanda la potremo pur porre.

La prima ha come destinatario il signor Angelo Morra, imprenditore di grido, tra i soci del Medì, uno dei primi centri commerciali edificati in questa provincia, ma soprattutto uno che è riuscito a far tanti

soldi grazie all’attività immobiliare, grazie alla costruzione di tanti appartamenti, di tanti uffici, dal cui fitto e soprattutto dalla cui vendita ha ricavato legittimi profitti.

DALL’OPIFICIO ALLA CAMERA DA LETTO – Su una vicenda che lo riguarda, però, siamo rimasti a pensare. Finalmente, dicevamo, oggi abbiamo trovato il tempo per aprire (se lui vorrà) un civile e democratico confronto. La domanda è la seguente: prima di presentare il permesso a costruire, successivo al Puc o alla variante al Piano Regolatore che dir si voglia, che ha illuminato come una vera e propria grazia quell’angolo dell’area Pip che ospitava gli immobili di Morra, trasformandola da area artigianale ad area residenziale, c’era per caso qualche famiglia che in quegli immobili edificati con destinazione d’uso di uffici, vi si era accampata, impiantandoci letti, soggiorno, cucina e tinello? Magari si è sbagliata questa famiglia, occupando un appartamento per un altro, prendendo fischi per fiaschi, addirittura entrando in quelle stanze abusivamente. O magari ci siamo sbagliati noi perché lì, in quegli immobili, ci sono stati solo e sempre uffici.

Una risposta diventa necessaria perché l’istanza di permesso a costruire presentata da Morra ha un nome e un cognome, si declina con una ed una sola espressione: cambio di destinazione d’uso. Per legge, quegli immobili potevano ospitare solo uffici. Peraltro uffici collegati ad attività artigianali, perché solo rispettando questi vincoli il Morra a suo tempo ha potuto sopportare soltanto il costo per l’acquisto del terreno dentro una procedura di esproprio, associando alla somma corrisposta al Comune (che a sua volta l’ha girata ai proprietari del fondo), l’aliquota di onere di urbanizzazione, terminando a questo punto la sua attività di esborso.

Questo in forza di una nobile legge regionale che esenta i costruttori di immobili destinati ad attività produttive e dunque a creare posti di lavoro, dal pagamento dei cosiddetti oneri di costruzione. In pratica, l’altra faccia della medaglia complessivamente poi definita come oneri di urbanizzazione, in maniera un po’ impropria.

IL DOPPIO “MIRACOLO” DI LUSINI – E già se Morra rispondesse, senza però divagare, senza (come si dice) ciurlare nel manico, a questa precisa domanda, il discorso si semplificherebbe essendosi chiarita totalmente la prima delle due questioni riguardanti questa vicenda. Diremmo che nel 2017 il sindaco Biagio Lusini, grande amico di Morra e soprattutto grande esperto di edilizia, visto che lui stesso fa questo mestiere, aveva per pura casualità poggiato la sua matita proprio su questo angolo di Pip, affrancandolo dalla stessa e trasformandolo in area residenziale.

Dunque, ricapitolando, nell’immobile costruito da Morra al tempo in cui quella zona era ricompresa nell’area Pip, c’erano solo uffici. Non case, non abitazioni: uffici. Ma diffuse malalingue affermano che qualche famiglia ci viveva lì, non un miracolo ha ricevuto Morra dal suo amico Lusini, bensì due, visto che la trasformazione da zona artigianale a residenziale ha determinato il sold out di quegli appartamenti, tutti venduti a prezzo di mercato, cioè ad un prezzo calcolato sui parametri delle normali residenze abitative di un certo tipo.

Prima della variante al Prg, quelle stanze valevano molto di meno. E se qualche furbacchione andava ad abitarci dentro, sapendo bene di fare il bidet in un ufficio, al buon Morra corrispondeva una somma che se non era da fame poco ci mancava.

Beh, e vissero felici e contenti con il riconoscimento da parte dell’imprenditore Morra della trasformazione di quell’area nel momento in cui ha presentato il permesso di costruire, collegato alla necessità di stravolgere, di modificare sostanzialmente quegli ambienti, visto che un ufficio diventa casa di abitazione con non poche modifiche strutturali. E anche rispetto a questa cosa ci piacerebbe sapere se questi radicali lavori interni siano stati effettuati e con quale dimensione. O se magari, scommettendo su un’alea favorevole, buttando una fiches, il Morra si era già portato avanti col lavoro, utilizzando delle aree per civili abitazioni ancor prima che intervenisse la variante.

Vabbè, mettiamoci una pietra sopra. Evviva Lusini, evviva Angelo Morra. Ma ora, visto che quella non è più un’area artigianale, bensì residenziale, visto che è stato presentato un permesso di costruire per cambio di destinazione d’uso, è chiaro che se esiste una tassa che si chiama proprio “oneri di costruzione”, Morra la pagherà con il sorriso sulle labbra.

“NON TI PAGO” – E qui domande non le dobbiamo fare, perché il Morra dopo aver ricevuto il permesso di costruire dalla mitica ingegneressa Melina Mottola, arrestata nell’ambito dell’ordinanza Jambo e prodotto benriuscito (o malriuscito, questione di punti di vista) di quello scienziato dell’Urbanistica spericolata che risponde al nome di Gennaro Pitocchi, non ha voluto pagare il dovuto a titolo di oneri di costruzione. Cioè, lui ha costruito (o no?), però non vuole pagare gli oneri di costruzione. Eppure, l’Ufficio Tecnico, nel periodo dell’amministrazione comunale di Dario Di Matteo, gli ha intimato più volte di farlo. Niente da fare, sapete qual è la tesi di Morra? Sono esente dagli oneri di costruzione perché quegli immobili sono stati edificati in zona artigianale (esente per i motivi spiegati sopra).

LA STRAVAGANTE DOTTRINA DEL MORRA – Posizione piuttosto singolare visto che l’esenzione esiste e persiste solo quale agevolazione azionata rispetto ad un’attività produttiva operante, esistente. Al massimo, la partita termina zero a zero se l’attività artigianale e gli uffici finiscono male, con un fallimento. A quel punto, qualora dovesse subentrare un nuovo gestore che continuasse a svolgere solo attività artigianale, si riaggancerebbe all’esenzione. Qualora, invece, una variante al Prg o una trasformazione legittima di una parte dell’immobile artigianale in struttura commerciale si attivasse, è evidente che l’agevolazione non avrebbe più motivo di esistere. E la riserva di protezione fiscale legata al fatto che in un immobile si producono beni e servizi verrebbe meno per l’attività commerciale che, essendo tale, è immediatamente lucrativa. Per fare un esempio, se un imprenditore, in un’area di 1.000 mq ne utilizza 800 per la produzione di mozzarella in un caseificio e 200 per un punto vendita, sarà esentato per gli 800 mq di caseificio, mentre per il Comune di Teverola dovrebbe pagare 13€/mq per i restanti 200, in pratica 2.600 euro di oneri di costruzione.

Questo perché quella parte costruita e dedicata al commercio ha prodotto immediatamente un incasso, un lucro con il quale si può fronteggiare il costo d’impresa inerentemente alla parte commerciale.

Questa è la prima di tre puntate sul caso Teverola. Siamo partiti dalla vicenda di Morra non perché sia la più grave, ma perché coinvolge un personaggio dall’indubbio rilievo imprenditoriale. Ma questa è solo la punta dell’iceberg, perché all’Ufficio tecnico di Teverola negli anni è successo di tutto e di più. Sono centinaia e centinaia le persone che non hanno pagato gli oneri di costruzione diretti ed altre centinaia non hanno pagato quei costi (che spiegheremo meglio la prossima volta) connessi all’articolo di legge 36 del dpr 380/01 che i nostri lettori hanno imparato a conoscere con la vicenda, anche questa incredibile, della famiglia Canciello e delle presunte ristrutturazioni di capannoni dismessi che CasertaCe ha dimostrato, carte satellitari alla mano, non essere mai esistiti, se non in un ologramma farlocco dell’Ufficio Tecnico di Teverola che in questo modo ha consentito ai Canciello di utilizzare il percorso della sanatoria per costruire dove non avrebbero potuto.