L’ORDINANZA sul suocero del sindaco Golia. A noi, ‘sto Chianese c’è stato sempre sulle scatole, ma le accuse ai suoi danni di Luigi Giuliano, compresi i camion GeoEco non ci convincono e vi spieghiamo perchè

29 Ottobre 2020 - 12:27

Naturalmente noi commentiamo quello che possiamo commentare, cioè i contenuti impressi nell’ordinanza della settimana scorsa. Poi, se ci sono altre cose, che spiegano i dubbi che la logica ci impone di avere, vi terremo informati

 

TRENTOLA DUCENTA(g.g.) Magari il prosieguo della lettura dell’ordinanza che ha portato all’arresto dell’imprenditore di Trentola Ducenta Emilio Chianese, tra le altre cose, suocero del sindaco di Aversa Alfonso Golia, e del consuocero, pure lui ammanettato, Antonio Sarracino da Villaricca oltre che di altre 4 persone, ci consentirà di sciogliere questo dubbio, questo elemento irrisolto per la nostra valutazione, che, beninteso, vale quello che vale. Fino ad ora, infatti, non abbiamo trovato ancora una logica risolutiva che dia corpo a tutto ciò la Dda ipotizza e che tutto sommato ipotizza e che il gip di Napoli avalla.

Nel precedente articolo (CLIKKA QUI PER LEGGERE) ci siamo soffermati sulla violenta attività estorsiva che, secondo il testimone di giustizia Luigi Giuliano (l’ultima vocale è diversa per un errore all’anagrafe), la coppia di consuoceri formata da Emilio Chianese e da Antonio Sarracino, avrebbe perpetrato ai danni suoi e di suo fratello Giuseppe Giuliani, suicidatosi nel 2019, in relazione al lavoro di messa in sicurezza e di smaltimento del materiale accumulatosi, dopo un incendio, nel capannone della zona industriale di Carinaro, in cui, in un passato tutto sommato ancora prossimo, aveva operato anche l’Aversana Petroli di Giovanni Cosentino, fratello dell’ex leader campano di Forza Italia Nicola Cosentino.

Alle richieste estorsive, Chianese e Sarracino arrivano dopo che i fratelli Giuliano hanno concordato con l’imprenditore Antonio D’Alterio un corrispettivo di 123mila euro. Indubbiamente, rispetto a questa presunta estorsione, GiulianO sviluppa una narrazione cruda su minacce che travalicano, come abbiamo scritto nei giorni scorsi, anche quelle declinate abitualmente in base ai codici lessicali della tradizionale camorra estorsiva. Dalla lettura dei fatti, così riportati nell’ordinanza, si capisce pure che questo lavoro, questa commessa ai fratelli Giuliano, viene procacciata proprio da Antonio Sarracino, cognato di Domenico Ferrara, uno dei boss del clan di camorra egemone nella zona di Villaricca. 

Sempre dalla formulazione del capo di imputazione provvisorio A, si apprende che Luigi Giuliano dichiara anche che quel corrispettivo di 123mila euro fu regolarmente incassato totalmente, a rate.

L’altro capo di imputazione provvisorio, quello di cui ci occupiamo oggi e il cui testo integrale mettiamo a disposizione in calce a questo articolo, riguarda l’episodio dei camion GeoEco. Per intenderci, quelli che per anni hanno operato nell’ambito dei servizi del consorzio rifiuti CE2 che ha avuto la sua storica sede in quel di Teverola. Luigi Giuliano racconta che a bordo della BMW X5 di Chianese, lui, il fratello, lo stesso Emilio Chianese e Antonio Sarracino si recarono nell’area in cui parte di questi camion erano parcheggiati da tempo, non lontani dalle strutture di proprietà dello stesso Chianese e localizzate “ad Aversa, sotto al ponte della zona dell’uscita dell’Asse Mediano“. In realtà quello svincolo è chiamato comunemente “Asse Mediano”. Ma in realtà si tratta della ex strada statale 265 adesso divenuta strada provinciale e che contiene lungo la sua percorrenza uno svincolo che immette sulla Nola-Villa Literno o Asse Mediano che dir si voglia. La zona che identifica l’area di proprietà di Chianese è quella prospiciente all’uscita di Aversa sud. A sinistra, si va verso l’ippodromo Cirigliano e verso l’ospedale Moscati passando per il comune di Lusciano, a destra, si va verso Trentola e Parete e si incrocia immediatamente un’area, peraltro già da noi monitorata da tempo, in cui sotto al ponte ci sono un albergo (tra le altre cose oggetto di un duro contenzioso tra Chianese e un suo ex socio, di cui poi vi diremo), un autolavaggio e un centro collaudi.

E qui il copione si ripete: i fratelli Giuliano cominciano a realizzare il complesso smaltimento di questi camion. In verità, materialmente, nel piazzale prospiciente alla proprietà di Chianese, ce ne sono solo 12 su 81. E’ evidente che se Luigi Giuliano parla di 81 camion, è perchè questo numero glielo avevano comunicato Chianese e Sarracino. Come succede nel caso del capannone di D’Alterio, capita che nel momento in cui i Giuliano cominciano ad operare, vengono fatti oggetto, questo sempre secondo il racconto del testimone di giustizia, di una richiesta estorsiva da parte di Antonio Sarracino e Emilio Chianese. Precisamente 6.000 euro glieli avrebbe chiesti Chianese e 1.500 euro Sarracino. Ed è proprio quest’ultimo, di fronte evidentemente all’impossibilità dichiarata dai Giuliano di pagare, a mandarli da Francesco Maglione, peraltro, conosciuto dai fratelli, in quanto imparentato con la moglie di Luigi Giuliani.

Dunque, la necessità di pagare l’estorsione, fa piombare i Giuliano nell’incubo dell’usura. Perchè Maglione è un usuraio e l’appuntato dei carabinieri in quiescenza Vincenzo Barbarisi, che con Maglione è stato già condannato in primo grado, rito abbreviato, ad una pena molto dura per questa storia, è il suo contabile. Dei 9mila euro chiesti, Maglione gli trattiene già 1.500 euro come interessi e gliene consegna 7.500. Quei soldi che poi determineranno un aggravio insostenibile del monte interessi, servono a corrispondere, secondo Luigi Giuliano, 6.000 euro a Chianese e 1.500 a Sarracino.

Per cui, vorremmo capire se questo episodio dei camion, come viene inserito temporalmente nelle vicende riguardanti i rapporti tra i consuoceri e i fratelli Giuliano. Se infatti è avvenuto dopo la questione D’Alterio, si assiste ad una scena di 4 persone che viaggiano in auto insieme, all’indomani delle crudeli minacce che due di loro hanno fatto ai danni delle altre due in modo che queste cedessero e pagassero l’estorsione, precipitandoli contemporaneamente nel precipizio dell’usura. Se, invece, il rapporto tra l’episodio dei camion e quello del capannone di D’Alterio si ribalta temporalmente, non è che cambi granchè. In poche parole, la pesante ipoteca criminale che i Giuliano subivano non rappresentava un elemento sufficiente per troncare i rapporti con Chianese e Sarracino.

L’idea che emerge (poi se ci sbagliamo saremo pronti a riconoscerlo), è che i Giuliano, questi lavori non li avrebbero mai presi se non gli fossero stati offerti dai due imprenditori tra di loro consuoceri. Ora, una domanda: se un camorrista mi offre un lavoro, io lo accetto, poi minaccia di ammazzare me, i miei familiari, di sciogliermi in una vasca di acido, in modo che io gli paghi un’estorsione pesante. Contemporaneamente mi indirizza da un usuraio che mi dà i soldi, che io consegno ai camorristi e che poi mi distrugge con tassi di interesse assolutamente stellari, si è portati a pensare che uno, dopo un giorno, un mese, sei mesi e anche un anno, non prenda un altro lavoro, sempre da quei due camorristi, i quali, naturalmente, nelle more, non hanno abitato in un monastero del Tibet, ma sono sempre quelli che sono.

Ecco perchè abbiamo scritto all’inizio di questo articolo, e lo ribadiamo alla fine, che sicuramente ci manca qualche passaggio, qualche elemento, perchè poste così, le accuse e soprattutto messa così, anche sull’onda di una tragedia umana, com’è stata sicuramente quella del suicidio di Giuseppe Giuliani, non è che ci convince più di tanto lo schema senza sfumature e nitidamente perimetrato che definisce, da un lato, l’identità delle vittime e, dall’altro, quello dei carnefici.

 

QUI SOTTO LO STRALCIO DELL’ORDINANZA