COMUNE DI AVERSA. La CAMORRA turba le stanze che contano: Emilio Chianese e il consuocero rischiano già ora una lunga carcerazione preventiva

26 Ottobre 2020 - 14:31

Quella riguardante le presunte estorsioni e le minacce di camorra perpetrate dai danni dei fratelli Giuseppe Giuliani e Luigi Giuliano, non nasce ora, ma ha già prodotto due condanne durissime in primo grado

 

TRENTOLA DUCENTA(g.g.) Si annuncia come piuttosto problematica la prospettiva cautelare di Emilio Chianese, arrestato qualche giorno fa, con l’accusa di associazione a delinquere di stampo camorristico, finalizzata ai reati di estorsione e usura in concorso. Questo non è legato tanto alla formulazione delle accuse a carico dell’imprenditore residente a Trentola Ducenta, tra le altre cose suocero dell’attuale sindaco di Aversa, Alfonso Golia. C’è un elemento infatti concreto, oggettivo a cui se ne collega un altro che potrebbe rendere difficile il ricorso che i difensori di Chianese presenteranno sicuramente al Tribunale del Riesame.

Questa storia, infatti, non nasce la settimana scorsa, allorquando il citato Chianese viene arrestato insieme ad altre 4 persone, ma già qualche tempo fa, quando in carcere sono finiti Francesco Maglione e Vincenzo Barbarisi, quest’ultimo ex appuntato dei carabinieri, oggi in pensione. Quel provvedimento è sostanzialmente speculare a questo, riguardante Chianese. Riguarda, infatti, presunte attività di estorsione e di usura consumate ai danni del fratelli Giuseppe Giuliani e Luigi Giuliano, che, come fa notare il gip nell’ordinanza della settimana scorsa, hanno un cognome diverso a causa probabilmente di un errore compiuto in sede di registrazione dell’anagrafe comunale.

Com’è noto Giuseppe Giuliani si tolse la vita all’interno di un capannone dismesso e, come raccontarono anche i media nazionali, che si occuparono molto della vicenda, lasciò una lettera e un video che in pratica spiegavano con precisione i motivi del proprio gesto, legandolo ad una condizione di totale insostenibilità, rispetto alle minacce ricevute da parte di più soggetti, finalizzate all’attività estorsiva e a quella dell’usura.

In quella lettera, a cui poi sono seguite le denunce presentate dalla moglie e del fratello Luigi Giuliano, l’imprenditore suicida accusava espressamente Francesco Maglione, detto Din don, peraltro imparentato con la consorte dell’imprenditore.

Probabilmente questo grado di parentela aveva amareggiato ancor di più Giuseppe Giuliani, considerando quello di Maglione una sorta di tradimento. In prima battuta, finiscono dunque in carcere, proprio Francesco Maglione e Vincenzo Barbarisi. I due che evidentemente restano in carcere anche dopo i pronunciamenti del tribunale del Riesame e forse della Cassazione, vengono condannati in primo grado, alla fine di un rito abbreviato, rispettivamente, Maglione a 12 anni di reclusione, Barbarisi ad 8 anni di carcere, da un gip del tribunale di Aversa-Napoli nord, a dimostrazione che la prima parte delle indagini compiuta dagli uomini del commissariato di polizia di Giugliano-Villaricca, aveva riguardato reati non aggravati da fatti di camorra.

Successivamente, sempre in base alle dichiarazioni del fratello sopravvissuto Luigi Giuliano, questa attività investigativa avrebbe consentito di stabilire, al contrario, l’esistenza di queste relazioni con la malavita organizzata. La questione si pone rispetto alla posizione di un altro indagato, anche lui arrestato qualche giorno fa, cioè Antonio Sarracino, consuocero di Emilio Chianese, dunque presumibilmente padre della moglie (a sua volta cognata dell’attuale sindaco di Aversa) del figlio di Emilio Chianese, cioè di quel Pietro Chianese, titolare dell’altro “gioiello di famiglia”, il rinomato, almeno per i lettori di cronaca nera e giudiziaria di CasertaCe, albergo La Sosta che ha in pratica cancellato un pezzo intero della linea ferroviaria, non dismessa, della ex Alifana.

Sarracino, secondo il racconto di Luigi Giuliano, instrada i due fratelli imprenditori del settore dello smaltimento dei rifiuti ferrosi, verso le necessità dell’imprenditore Antonio D’Alterio, la cui impresa aveva e riteniamo abbia ancora, una sede a Villaricca e un’altra nella zona industriale di Carinaro. All’appuntamento finalizzato a stipulare un contratto per un lavoro di messa in sicurezza e di smaltimento di tutto il contenuto interno di un capannone bruciato e ubicato a sua volt anella zona industriale di Carinaro, di proprietà dell’Aversana Petroli di Giovanni Cosentino, fratello di Nicola Cosentino.

L’accordo viene raggiunto per la cifra di 123mila euro. A dicembre 2015 la prima fase dell’intervento, quella della messa in sicurezza è completato. E qui, secondo il racconto di Luigi Giuliano, ritornano in scena i due consuoceri, Sarracino e Chianese, ripetiamo, entrambi presenti in sede di accordo tra D’Alterio e i Giuliano. Chiedono 12mila euro, non si sa a che titolo. Per gli inquirenti e ovviamente per l’imprenditore sopravvissuto trattasi di una vera e propria estorsione, condita da truculente minacce su possibili interventi dei “compagni di Villaricca“, cioè del clan camorristico locale.

Insomma, non sappiamo perchè ciò non risulta dai documenti in nostro possesso, se nel momento in cui Sarracino e Chianese portano i fratelli Giuliano da D’Alterio, sia stata concordata una cifra, ovviamente in nero, per la mediazione. Molto probabile invece che le modalità con cui ne è stata chiesta la corresponsione, configurino in pieno il reato di estorsione. La camorra non costituisce solo una frase minacciosa ma esiste effettivamente nella vita dei consuoceri Sarracino e Chianese. Il primo infatti è il cognato di Domenico Ferrara, detto o muccuso, uno dei riferimenti principali del clan camorristico egemone nella zona di Villaricca.

Ecco perchè la minaccia sull’intervento dei “compagni” diventa credibile, fondata, in considerazione del rapporto di parentela tra il Sarracino e il boss Ferrara. Alla fine i fratelli Giuliano pagano i 12mila euro anche perchè se si fossero rifiutati, rischiavano quello appena scritto, se avessero fermato i lavori, sarebbero incorsi in una pesante penale prevista nel contratto stipulato con Antonio D’Alterio.

I lavoro comunque alla fine terminano e D’Alterio, sempre secondo il racconto di Luigi Giuliano, lo onora con un pagamento di assegni dilazionato nei mesi.

Dunque, ritornando all’assunto iniziale, ci sono già due condanne molto pesanti per attività criminali subite dai fratelli Giuliano: i 12 anni rimediati da Francesco Maglione, al quale è stato anche contestato il reato che potremmo definire in sostanza, al di la delle definizioni tecniche, di istigazione al suicidio e ad 8 anni per l’appuntato in pensione Vincenzo Barbarisi, entrambi residenti in una cella delle patrie galere al momento. Questa situazione che dà compiutezza ad una prima parte di un’indagine che comunque riguarda le stesse vicende potrebbe pesare non poco sulle decisioni del tribunale del Riesame ed eventualmente dalla Corte di Cassazione, sulla carcerazione preventiva di Emilio Chianese e del suo consuocero Antonio Sarracino.

 

QUI SOTTO LO STRALCIO DELL’ORDINANZA