S. MARIA C.V. Agenti penitenziari in agitazione: “Non siamo torturatori”

5 Aprile 2023 - 17:39

La mobilitazione è iniziata ieri con “l’autoconsegna”

SANTA MARIA CAPUA VETERE – Stato di agitazione degli agenti del Reparto Nilo del carcere di Santa Maria Capua Vetere, reparto noto per le violenze ai danni dei detenuti avvenute il 6 aprile del 2020. Lo comunicano due sindacali, la Fp Cgil e il Sindacato di Polizia Penitenzia. 

La mobilitazione è iniziata ieri con “l’autoconsegna”, forma di protesta in cui gli agenti non smontano a fine turno rimanendo in servizio oltre il normale orario di lavoro. “La Sezione Nilo del carcere di Santa Maria Capua Vetere
dice Orlando Scocca della Fp Cgil Campania per la Polizia Penitenziaria – è diventata uno spazio al di fuori del
regolamento penitenziario. Si moltiplicano le manifestazioni violente da parte dei detenuti, senza alcun provvedimento, sia disciplinare che di spostamento in altre carceri. Per questo è importante l’incontro, attualmente in corso, tra i poliziotti e il provveditore regionale alle carceri Lucia Castellano”
Mirko Manna, della Fp Cgil nazionale, sottolinea come “il carcere di Santa Maria Capua Vetere da anni subisce una gestione ed una considerazione dal parte dell’amministrazione penitenziaria regionale e nazionale a dir poco discutibile. Anche i recenti distacchi di personale di Polizia Penitenziaria dalle carceri del nord a quello di Santa Maria Capua Vetere, definiti “temporanei”, sembrano più che altri distacchi di favore che hanno stravolto la graduatoria di assegnazione presso il carcere casertano prevista dall’interpello nazionale, precludendo la possibilità a chi era piazzato ai primi posti della graduatoria di raggiungere finalmente una sede più vicina alla propria famiglia”.
Per

Aldo Di Giacomo, segretario generale del Sindacato di Polizia Penitenzia, “la protesta ha radici profonde ramificatesi dagli eventi del 2020, e tocca problematiche che impattano sul lavoro degli agenti, come la nota carenza di personale, strumentazioni e mezzi. Ma gli agenti vogliono innanzitutto liberarsi del cliché dei ‘torturatori seriali’ di detenuti, e rivendicano il riconoscimento dei diritti loro negati. Da qualche tempo sono rientrati in servizio agenti imputati nel processo e sospesi per un anno e mezzo, da ultimo sono stati reintegrati in sedici”.