SCANDALO INTERPORTO E CAPANNONI LEROY MERLIN. Ecco gli anni di carcere chiesti per Giuseppe Barletta, Antonio Campolattano e Gennaro Spasiano. La MARCIANISE di Velardi

23 Settembre 2023 - 13:01

Ieri la requisitoria del Procuratore della Repubblica aggiunto di S.Maria C.V. Antonio D’Amato e del Pm Sergio Occhionero, che nel processo, stavolta con rito abbreviato, relativo al primo filone, aveva già invocato una condanna a dieci anni per il patron dell’Ise, vero padrino di tante operazioni, a partire dall’affare degli affari del centro commerciale Campania

MARCIANISE – Ventiquattro ore fa la Procura della Repubblica ha chiesto la condanna a 4 anni e mezzo di reclusione per Giuseppe Barletta, dominus di ieri e incredibilmente anche di oggi, dell’Interporto Sud Europa di Maddaloni e Marcianise.

4 anni e mezzo sono stati chiesti anche per Gennaro Spasiano, ingegnere e, all’epoca dei fatti, dirigente dell’Ufficio Tecnico del Comune di Marcianise.

3 anni e 2 mesi sono stati invocati per Antonio Campolattano, braccio destro di Barletta nonché suo concittadino maddalonese.

Infine, è stata chiesta l’assoluzione per il direttore commerciale Nicola Berti.

La conclusione della requisitoria del procuratore della Repubblica aggiunto Antonio D’Amato e del Pm Sergio Occhionero, costituisce, in relazione all’impegno che su questa vicenda Casertace ha profuso negli anni, una sorta di quadratura del cerchio, di definizione storica di quello che noi riteniamo un impegno civile, prima che giornalistico.

Ieri, infatti, la Pubblica accusa, a conclusione dell’ora che ha speso per esporre le proprie tesi, ha formulato queste tre richieste di condanna e una richiesta di assoluzione nell’ambito del secondo processo relativo agli affari loschi consumatisi per anni all’interno dell’Interporto Maddaloni-Marcianise che ancora oggi il signor Giuseppe Barletta ha l’ardire e la sfrontatezza di presiedere, spendendo la sua persona anche in occasioni ufficiali e dentro ad immagini che queste vanno a celebrare e attestare

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Vi sarete sicuramente accorti che l’incipit di questo nostro articolo non contiene né l’uso del modo verbale condizionale, né la spesa della proverbiale aggettivazione qualificativa della presunzione di non colpevolezza.

Si tratta di una tantum. Ma a pensarci bene lo abbiamo fatto anche in qualche altra occasione. Capita quando su un argomento, su un fatto, spendiamo, per dirla alla Renato Zero, “i migliori anni della nostra vita”, tante ore e tanti giorni, tanti mesi, nella lettura di migliaia di pagine di atti erogati dalle amministrazioni locali, dai cosiddetti enti strumentali, o nella analisi approfondita di altre migliaia di pagine, questa volta uscite dagli uffici dei procuratori della Repubblica o da quelli dei Tribunali, specialmente dalle scrivanie dei Giudici per le Indagini Preliminari.

Eh beh, qualche merito ce lo vogliamo prendere rispetto al fatto che il verminaio dell’Interporto Sud Europa sia stato scoperchiato dall’intelligenza e dalla valenza di qualche Pm, che in questa circostanza (purtroppo rara) non ci ha sottovalutati.

Per cui, in occasione della requisitoria su questo secondo filone relativo alla vicenda dei permessi a costruire dei capannoni targati Leroy Merlin in una procedura attivata da un’incredibile atteggiamento dell’amministrazione comunale di Marcianise, guidata al tempo dal sindaco Antonello Velardi, riproponiamo in tre giorni (oggi, lunedì 25 e martedì 26 settembre), in calce a questa introduzione che rimarrà fissa, le tre puntate da noi pubblicate nel novembre 2018 con cui descrivemmo con precisione tutti i passaggi amministrativi (si fa per dire) che non avevamo – sin dal tempo – timore nel qualificare come “criminali”, che portarono a quelle concessioni.

Arrivò poi l’ordinanza, a firma del Gip Orazio Rossi, proprio su richiesta del già citato Antonio D’amato e Pm Sergio Occhionero che chiesero, senza ottenerlo, anche l’emissione di una misura cautelare di divieto di dimora nella città di MaRCIANISE a carico del sindaco Antonello Velardi il quale, a nostro avviso, ciò sia detto nel massimo rispetto delle decisioni della magistratura, è uscito non equamente da questa inchiesta, al pari dei suoi assessori (anche loro indagati all’inizio), che votarono in giunta la convenzione da cui tutto poi si sviluppò.

E se questa requisitoria, che segue quella pronunciata diversi mesi fa dal Pm Occhionero, che nell’occasione (si tratta di un rito abbreviato) chiese una condanna a dieci anni di carcere per Giuseppe Barletta nell’ambito del primo filone, rappresenta, come già affermato prima, una quadratura del cerchio, ci sentiamo in diritto di riproporre ai nostri lettori queste tre puntate, che costituiscono comunque un ventesimo di quanto da noi realizzato sull’affaire Interporto.

DI SEGUITO, LA PRIMA PUNTATA DELL’INCHIESTA 2018:

Gennaro Spasiano primo artefice di un affare miliardario – In principio (ci adeguiamo al clima messianico che c’è in città grazie all’avvento di un sindaco distruttore di tutti i mali) fu Gennaro Spasiano.

In principio, ma anche alla fine, visto che l’ex dirigente dell’amministrazione provinciale di Caserta, vissuto a Parete ma oggi comodamente appollaiato in una villa sulla elegante collina del Vomero, ancora oggi è nel pieno controllo di ogni atto relativo ai vari sconci dei capannoni abusivi, illegali e criminali in via di costruzione.

Correvano i primi mesi dell’anno 2016 e Spasiano chiedeva insistentemente all’allora presidente della Provincia Angelo Di Costanzo di dare il via libera al suo trasferimento al Comune di Marcianise.

Di Costanzo si convinse o si lasciò convincere. Fatto sta che Spasiano arrivò contemporaneamente al lancio ufficiale della candidatura di Antonello Velardi.

Un dato che per noi non ha mai costituito una coincidenza. Al comando del Comune c’era ancora il commissario straordinario Antonio Reppucci, il quale rischiò di diventare una sorta di parafulmine rispetto a trame di cui non era diretto protagonista e di cui sicuramente non era artefice.

La delibera da cui tutto inizia – Il 3 giugno, poco prima del ballottaggio, Reppucci firmò una delibera in grado, leggendola oggi, di far strabuzzare gli occhi.

Nella narrativa veniva scritto che tutte le associazioni politiche (sic!) dopo un’iniziale fase di divergenza manifestata durante riunioni che lo stesso Reppucci aveva convocato, si erano convinte, mettendolo nero su bianco in una nota scritta, che le opere dell’Interporto dovessero procedere secondo l’accordo di programma del 1996.

E già qui noi spernacchiammo Reppucci, perché quello che si profilava era un vero e proprio saccheggio del territorio che nulla aveva a che vedere con i contenuti dell’accordo di programma, largamente traditi dall’Ise e dal Comune di Marcianise.

Ma il punto cruciale di questa delibera nella quale veniva nominato, per la prima volta, il neo-dirigente Spasiano, riguardava la citazione di un non meglio precisato “gruppo di lavoro” che avrebbe elaborato una ipotesi di riassetto urbanistico, armonico – udite udite – con l’accordo di programma che avrebbe trovato finalmente la sua piena compiutezza.

La nomina e il doppio ruolo dell’avvocato D’Angiolella – Ultimamente, abbiamo messo un po’ “l’orecchio a terra” e abbiamo scoperto che di quel gruppo di lavoro che avrebbe operato sotto l’egida del Comune di Marcianise (almeno sulla carta), c’era anche l’avvocato Luigi D’Angiolella, amministrativista e civilista con studio a Caserta.

Si dà il caso che D’Angiolella era al tempo, e probabilmente lo è ancora, consulente dell’Ise.

Il che la dice lunga sulla identità dialettica, eventualmente di contradditore, del Comune di Marcianise, rispetto all’Ise. Se un professionista, infatti, consulente di un’azienda, va a redigere un contratto di un ente pubblico che inciderò sugli interessi dell’azienda appena citata, con quale spirito opererà?

Parlare di inopportunità è poco, perché questa è veramente una brutta, bruttissima cosa.

L’ultimo passaggio della delibera n.230 del 3 giugno 2016, la vera genitrice di tutto l’imbroglio, certifica la crucialità del gruppo di lavoro di D’Angiolella, Spasiano e compagnia: il commissario Reppucci delibera “di lasciare all’eligenda amministrazione una validissima e condivisa ipotesi di lavoro ritenuta allo stato l’unica percorribile, in grado di far sposare esigenze di interesse pubblico-privati con riverberi positivi sul piano economico e occupazionale”.

Freud ci avrebbe sguazzato perché gli interessi “pubblico-privati”, se non sono un’ammissione di responsabilità, poco ci manca.

Reppucci, su questa cosa, si è sempre difeso affermando che in quella delibera veniva trasferita all’amministrazione comunale e al consiglio che si sarebbero insediati di lì a poco, la potestà di decisione.

Non abbiamo mai capito se questo qui “ci era o ci faceva”, perché tutta la struttura degli eventi che da un lato individuavano in Spasiano il grande manovratore dell’operazione, trasferitosi a Marcianise solo per questo motivo, dall’altro individuavano in Antonello Velardi l’esecutore motivatissimo, visto che già dal 2015, come abbiamo dimostrato in un altro articolo, il Velardi, a quel tempo “solo” redattore capo centrale de “Il Mattino”, partecipava non si sa a che titolo alle riunioni al cospetto del prefetto Reppucci al fianco di Barletta.

Gennaro Spasiano più veloce di Speedy Gonzales, ovvero quando l’illegalità diventa doc – Il 31 ottobre è la giunta comunale ad approvare la delibera con la quale si dà l’ok alla convenzione.

Lo si fa, manco a dirlo, autorizzando l’onnipresente e a questo punto temerario, perché questo sta veramente rischiando grosso, Gennaro Spasiano, a sottoscriverla con quelli dell’Interporto.

Cosa che avviene, forse non a caso, il 2 novembre, probabilmente grazie al fatto che Spasiano avesse anche dormito nel Comune di Marcianise, dato che non si è mai visto che in meno di 48 ore si materializzi una complessa convenzione che ufficialmente non esisteva ancora.

L’organismo che approvò fu la giunta. E questo apparve clamoroso, dato che una convenzione che, tra le altre cose, incide così pesantemente sull’infrastruttura urbanistica di una città, non può che essere, per legge, senza se e senza ma, approvata dal consiglio comunale.

Qualcuno tentò di truccare le carte inventandosi qualcosa che Reppucci avrebbe fatto utilizzando i poteri del consiglio, ma si trattava solamente di stupidaggini finalizzate a giustificarsi di fronte ad un’opinione pubblica che non conosceva assolutamente i contenuti tecnico-amministrativi, aggiungiamo noi criminali, di questa vicenda.

Domani mattina la seconda puntata.