SINDACO E VICE ARRESTATI. Questo scriveva CasertaCe: quando Andrea Pirozzi fu preso a “male parole” da imprenditori di Casale per l’appalto truccato e saltato
22 Ottobre 2025 - 11:46

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Come avete potuto notare da questa mattina, CasertaCe, che ha subito insulti, contumelie e querele da questi soggetti, aveva totalmente ragione. Al tempo pubblicammo anche le prove palmare con le pagine delle intercettazioni, quando era ancora lecito farlo, inserite negli atti della difesa di Pasquale Crisci, unico che fino ad ora sta pagando. Oggi, in questo revival del nostro lavoro su politica e camorra a Santa Maria a Vico, dobbiamo limitarci in una sintesi, modificando il testo di allora, pubblicato il 16 novembre 2023
SANTA MARIA A VICO – Prima di farvi leggere un approfondimento dedicato alla vicenda del giorno, ricordiamo che ai sei arrestati, – cui il sindaco Andrea Pirozzi, la vicesindaca Veronica Biondo, l’ex assessore Marcantonio Ferrara e il consigliere comunale Giuseppe Nuzzo, oltra a 2 esponenti del clan Massaro – sono contestati i delitti di scambio elettorale politico-mafioso e induzione indebita.
L’accusa centrale è un patto voto-favori: il clan avrebbe assicurato il sostegno nelle elezioni comunali del 2020 in cambio della promessa di appalti pubblici (come l’ampliamento del cimitero e la realizzazione di un forno crematorio), assunzioni pilotate e la riassegnazione di concessioni commerciali. Completano il quadro le accuse di rivelazione di segreti d’ufficio e favoreggiamento personale. Qui sotto, l’articolo del novembre 2023. Le intercettazioni, al tempo pubblicabili, sono state sintetizzate, riassunte, rispettando quanto previsto dal decreto Costa, discutibilissima legge sulla pubblicazione delle intercettazioni.
LE INTERCETTAZIONI. Qui c’è da andare al manicomio: il sindaco Pirozzi riceve ditte di Casapesenna e si fa insultare da quella di Casale ammettendo di non essere riuscito a truccare, nonostante gli accordi, una gara d’appalto
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SANTA MARIA A VICO (gianluigi guarino) – Quello che risulta con certezza da questo stralcio dell’atto giudiziario relativo all’indagine, riteniamo ancora aperta, sui rapporti tra l’amministrazione comunale di Santa Maria a Vico e la malavita locale, è che la gara d’appalto di cui parlano il pedinatissimo sindaco Andrea Pirozzi e l’incazzatissimo imprenditore 40enne di Casal di Principe, Emilio Corvino, è stata truccata.
Non è stata truccata, così come i due interlocutori intercettati avevano concordato, per affermazione dell’uno e per ammissione esplicita dell’altro, ma comunque è stata truccata.
Due milioni di euro assegnati ad un consorzio che utilizzerà una ditta esecutrice, probabilmente locale, e un esito segnato e aggiustato, secondo Emilio Corvino, dai tre componenti della commissione e dal Rup, Valentino Ferrara.
Non ha dubbi, l’imprenditore di Casal di Principe. D’altronde, lui se ne intende di gare truccate e nel momento in cui ha ravvisato che il consorzio ha ricevuto il massimo possibile, 95, nell’offerta tecnica, quella più discrezionale, nell’ambito della procedura nella cosiddetta “offerta economica più vantaggiosa”, significa che quella commissione si è voluta mettere al riparo da una possibile super prevalenza di qualche altra impresa partecipante per quanto riguarda il ribasso che Emilio Corvino, a quanto si capisse, su dritta del sindaco Pirozzi, aveva fissato al tot% .
E’ furioso Emilio Corvino. E’ uno di quelli che Andrea Pirozzi incontra presso il suo posto di lavoro, cioè al Ciapi di San Nicola, trasformato in una sorta di succursale del Comune di Santa Maria a Vico e, nello specifico, dell’assessorato ai Lavori pubblici, delega che il Pirozzi non ha mai assegnato a nessuno, negli anni, se non a se stesso.
Leggendo questa intercettazione e anche altre che poi andremo a illustrare, si capisce anche il perché.
Le altre due imprese monitorate e incontrate dal primo cittadino sono la “Menni costruzioni srl” di Cipriano Mennillo di Casapesenna, nipote di Luciano Licenza, altro nome “eccellente” dell’imprenditoria locale, e la Tecnob srl di Pasquale Basile, anche lui di Casapesenna, con un passato a capo, a partire dal 1998, della Geba Costruzioni sas.
Sapete come inizia l’incontro ravvicinato tra Pirozzi ed Emilio Corvino? Questi chiama il sindaco “guagliò”. Il resto è una conseguenza. Un cazziatone dietro l’altro con frasi del tipo: tu mi avevi promesso, mi avevi detto…
Qui Pirozzi scarica le responsabilità sul funziuonario Valentino Ferrara, reo di essere alle prime armi. Amiamo dire, ultimamente, che noi, per fortuna, non abbiamo il problema di dover scrivere richieste di applicazione di misure cautelari variamente connotate. Questo attiene alla professione dei pubblici ministeri. Mentre attiene alla professione dei Giudici per le indagini preliminari il vagliare i contenuti di queste richieste in modo da valutare se esistano o meno le condizioni per limitare, in qualche modo, in maniera più o meno afflittiva, la libertà personale di un individuo.
Noi, ripetiamo per fortuna, possiamo valutare le cose da un diverso angolo visuale. E allora vi diciamo che uno così, a prescindere che si chiami Andrea Pirozzi, Antonio Rossi, Michele Vattelapesca, non può fare né il sindaco e nemmeno l’amministratore di condominio. E c’è qualcosa che non va nel sistema istituzionale italiano se una persona che sviluppa questi contenuti, che espone le modalità con cui ha tradito la sua funzione, che sulla carta è essere quella di servitore dello Stato, porti ancora quella fascia.
Nella nostra vita, non abbiamo mai parlato con Andrea Pirozzi. Mai e poi mai abbiamo nutrito un’antipatia o siamo stati percorsi da forme di valutazione riguardanti la sua persona e il suo modo di fare il sindaco.
Ma le intercettazioni che abbiamo pubblicato ieri (15 novembre 2023, ndd. – CLICCA E LEGGI), quando Pirozzi parla tranquillamente della composizione della sua lista con delinquenti incalliti, oggi in carcere, a cui promette un posto di lavoro, ma ancor di più quella di oggi, durante la quale si comprende quale sia stata la dialettica che l’ha, evidentemente, sempre connotato nel rapporto con le imprese, dovrebbero determinare un immediato atto di dignità, ammesso e non concesso che un sindaco della Repubblica italiana abbia una dignità, facendosi praticamente quasi insultare per non aver mantenuto gli impegni di truccare una gara d’appalto nella direzione concordata con una ditta di Casal di Principe.
E l’atto di dignità sarebbe uno e uno solo: le dimissioni. Impossibile che accada, perché chi ha costruito tutta un’esistenza sull’utilizzo del potere a scopi personali, cercherà di resistere fino all’ultimo istante, favorito da istituzioni come la Prefettura (al tempo guidata da Giuseppe Castaldo, non un prefetto indimenticabile, anzi), le quali andrebbero abolite per quanto rappresentino una vera e propria palla al piede per le casse dello Stato.
Ma scusi, signor Prefetto, cos’altro deve emergere da questa indagine, perché lei intervenga e, nel rispetto delle procedure previste dalla legge, dia un calcio nel sedere a questo qua? Poi vi lamentate che i cittadini non hanno fiducia nelle istituzioni. Ma vi rendete conto di cosa dice, ripeto, lo chiamiamo “questo qua” per non esagerare, nelle conversazioni intercettate? Ogni giorno in cui la Repubblica italiana, unica nel suo genere, gli consente di indossare una fascia tricolore, sputtana se stessa. Soprattutto non fornisce ai cittadini una sola ragione per comportarsi meglio di quanto non si comporti “questo qua”.