CLAN DEI CASALESI, una domanda: Nicola Schiavone, per far dare i lavori della fibra all’impresa amica di Giuseppe Iannone, parlò con il comune di CASAL DI PRINCIPE oppure, e sarebbe clamoroso, direttamente con la Telecom?

9 Settembre 2021 - 12:15

L’interrogativo è fondato su una dichiarazione del collaboratore di giustizia che prima la Dda, poi un gip del tribunale di Napoli, hanno considerato fondatissima con tanto di riscontro da parte dell’altro pentito Giuseppe Misso che poi andremo ad approfondire in un altro articolo di domani o dei giorni prossimi. Poi c’è anche la posizione del tribunale del Riesame che ha considerato non esistenti i gravi indizi di colpevolezza, mettendo probabilmente in discussione i racconti del figlio di Sandokan. Comunque, essendo queste le posizioni in campo, dell’argomento, dei presunti e possibili rapporti tra casalesi e grandi aziende di stato non si può non parlare

 

CASAL DI PRINCIPE – A più di due mesi di distanza dal suo arresto, a poco più di un mese dalla sua scarcerazione sancita dal tribunale della libertà con tanto di dissequestro dei beni, messi sotto custodia dall’ordinanza di luglio, torniamo a riflettere su qualche passo dell’atto giudiziario con il quale il tribunale di Napoli, su richiesta della Dda partenopea, ha arrestato l’imprenditore di Casal di Principe Giuseppe Iannone, con suo figlio Mario Iannone e col terzo indagato Mario Pellegrino, a condividere la stessa sorte.

Non andremo, almeno per il momento a elaborare ragionamenti sui motivi cautelari, che i giudici del Riesame hanno considerato insussistenti. Se lo faremo, questo accadrà quando entreremo in possesso delle motivazioni di questa decisione.

Bisogna riflettere però su qualche singola espressione, forse addirittura su qualche singola parola che l’accusatore principale dell’imprenditore, cioè il pentito Nicola Schiavone, pronuncia per definire, classificare, nell’economia delle attività criminali, ciò che a suo dire Giuseppe Iannone faceva in piena concordia con il clan dei casalesi. “Iannone ha effettuato degli interventi sul territorio per conto della Telecom grazie al nostro interessamento.”

Ora, può anche darsi che quella raccontata da Nicola Schiavone sia una boiata. Però, visto e considerato che i pubblici ministeri della Dda hanno puntato e continuano a puntare sulle dichiarazioni del figlio di Francesco Schiavone Sandokan, depositandole ad integrazione degli elementi di accusa in diversi processi, ultimo, quello a carico dell’ex sindaco di San Felice a Cancello ed ex consigliere regionale Pasquale De Lucia (CLIKKA E LEGGI

), questa frase non può essere liquidata con un’alzata di spalle.

La Telecom è una delle aziende più importanti del nostro paese, gemmata da quella che fu la Sip. In pratica, una istituzione economica, ma non solo, visto e considerato che anche quella sigla, Sip, da lontano, da lontanissimo, da un contesto imprenditoriale che nulla c’entrava con le telecomunicazioni dato che stava per Società idroelettrica piemontese.

Domanda: la Telecom, quando doveva effettuare degli interventi nel territorio di un comune, formulava sicuramente una richiesta motivata. Nel caso di Giuseppe Iannone, si trattava della posa e messa in opera di cavi, presumibilmente collegati all’attivazione della cosiddetta fibra. Nel momento in cui un comune, riconoscendo l’importanza di impianti di questo genere e riconoscendo pure l’identità pubblica di chi l’istanza formulava, dato che l’azionista di riferimento della Telecom è lo Stato italiano, erogava questa autorizzazione, cosa succedeva dopo?

I lavori materiali venivano effettuati da imprese fornitrici di servizi, in una sorta di subappalto che per definizione non potevano non essere frutto di una scelta operata da chi aveva la titolarità nell’effettuazione di quegli interventi, cioè dalla Telecom. Ora, come è potuto dunque accadere che Giuseppe Iannone, una ditta di Casal di Principe, sempre un pò chiacchierata, sia stata selezionata per svolgerli?

Per carità, noi non discutiamo certo la legittimità o il possesso dei requisiti, da parte di Iannone. Noi affermiamo un’altra cosa che poi si incanala in una domanda, che riteniamo molto, molto importante: quando Nicola Schiavone dice che a Giuseppe Iannone furono assegnati lavori importanti e lucrosi per la posa dei cavi, e quando dice che ciò avvenne “grazie al nostro interessamento“, cosa vuol dire?

Dai verbali sembra che i magistrati interroganti abbiano perso l’occasione non approfondendo adeguatamente questa affermazione del pentito. In sintesi, cosa accadeva? L’amministrazione comunale di Casal di Principe giocava ancora un ruolo, stavolta riservato, non ufficiale, ma comunque importante nella scelta dell’impresa locale sub-appaltataria?

In poche parole, la Telecom, per ottenere l’autorizzazione, saliva a braccia aperte nelle stanze del sindaco, di un assessore, dei dirigenti, “mettendosi a disposizione” per individuare il soggetto imprenditoriale che, possedendo comunque i requisiti, poteva realizzare i lavori messi in cantiere?

Oppure la Telecom attingeva da un suo elenco di imprese abilitate? La differenza non è di poco conto. Intanto specifichiamo che dal punto di vista di una rigorosa legalità, le scelte di Telecom avrebbero dovuto essere autonome, indipendenti, impermeabili da ogni forma di raccomandazione o di perorazione da parte dell’amministrazione comunale concedente.

Comunque, sappiamo come funziona l’Italia e l’ipotesi della raccomandazione la teniamo in campo. Per cui, delle due, l’una e non c’è una terza possibilità: o Nicola Schiavone, probabilmente i magistrati interroganti sarebbero dovuto chiederglielo direttamente, ha parlato, a modo suo e con l’autorità del boss criminale, con l’amministrazione comunale che poi ha passato alla Telecom un bigliettino con il nome dell’impresa di Giuseppe Iannone, oppure, e questo starebbe veramente clamoroso, ecco perchè avrebbero dovuto chiederglielo, il clan dei casalesi era ammanigliato anche nella Telecom al punto da poter indirizzare la scelta dell’impresa.