CLAN DEI CASALESI. 350 miliardi di vecchie lire riciclati. Nomi di società di comodo e di persone, ruoli e meccanismi organizzativi. Un mastodontico sistema che partiva da e ritornava al cognato di Giacomo Capoluongo

14 Ottobre 2021 - 13:39

E’ del tutto evidente che si tratta di una delle operazioni più significative della storia della lotta al clan dei casalesi. Una vicenda che dimostra un dato evidente e cioè che certi magistrati, i quali cominciano a minimizzare, ad affermare che la camorra in provincia di Caserta sia finita, si sbagliano di grosso. Se in tre anni e mezzo la famiglia Capoluongo-Guarino è riuscita a muovere 175 milioni di euro, vuol dire che questi soldi, provento di attività criminale, da qualche parte sono stati fatti. Per cui….
IN CALCE ALL’ARTICOLO, IL TESTO INTEGRALE DEL FONDAMENTALE CAPO 1 DI IMPUTAZIONE PROVVISORIO CONTENENTE LE ATTIVITA’ DI OGNUNO DEI 64 INDAGATI

 

TRENTOLA DUCENTA  – (g.g.) Non certo per pigrizia evitiamo di operare, così come invece abbiamo fatto in occasione del commento di altre ordinanze, un’analisi del testo del primo capo di imputazione provvisorio, della prima incolpazione, dell’ormai quasi proverbiale capo 1 che rappresenta la bussola, il motivo ispiratore e anche la struttura concreta di ogni ordinanza soprattutto di quella relativa ad attività attuate dalla criminalità organizzata.

Non lo facciamo perchè sarebbe uno sforzo inutile, visto e considerato che il testo integrale di questo capo 1, è lungo e si dipana con una trattazione molto espansa solo perchè i protagonisti, cioè gli indagati, sono tantissimi, ben 63. Ma questa dimensione non deve spaventare perchè la lettura, ovviamente a condizione che questa sia attenta, è tutt’altro che di difficile assorbimento. Sembra complicato, ma complicato non è. Vi diamo un consiglio: l’organizzazione forse più grande mai scoperta in provincia di Caserta dedita al riciclaggio del danaro sporco, provento di attività del clan dei casalesi, va considerata come una grande azienda, dove per grande va considerato l’estensione organizzativa delle varie azioni criminali e conseguentemente la necessità di attuare le medesime attraverso l’utilizzo di un numero molto cospicuo di persone.

Da qui si capisce perchè ci sono 48 persone arrestate e ad altre 15 finite nel registro degli indagati e che, per motivi che poi andremo a verificare nella lettura dell’ordinanza non sono stati ristretti nè in carcere nè ai domiciliari.

A capo dell’organizzazione c’era Giuseppe Guarino. O meglio, l’ordinanza dice un’altra cosa, visto che considera come ultimo anello della catena non meglio precisate “persone identificate”. Il che fa capire che magari qualche componente della famiglia Capoluongo è stato individuato come possibile burattinaio, come possibile movimentatore dei fili, ma non sono state trovate prove sufficienti per incastrarlo, perchè proprio Giuseppe Guarino, cognato di Giacomo Capoluongo, in quanto fratello di Luisa Guarino, farmacista e moglie di questi, si è assunto la responsabilità di coordinatore, di autentico direttore generale di un sistema di riciclaggio che ha portato, secondo i magistrati della Dda e secondo le risultanze della pregevolissima indagine sviluppata dal nucleo di polizia valutaria della Guardia di Finanza a individuare ben 175 milioni di euro, pari giusto per comunicare qualcosa ai nati prima del 1980, a più di 350 miliardi delle vecchie lire.

Insomma, un’enormità. E attenzione, questa cifra dal quale è stata estrapolata la quota parte prelevata in contanti, pari a 79 milioni di euro circa cioè circa 155 miliardi di vecchie lire, è stata ripulita in soli 4 anni, dal 2016 al gennaio 2020, dunque in meno di 4 anni. Si può capire che per realizzare una roba del genere, ponendosi l’obiettivo di non destare sospetti, occorreva un’organizzazione complessa.

Questa si sviluppava e si diramava in decine e decine di sentieri e di rivoli, partendo da Giuseppe Guarino e tornando, non a caso si usa la parola riciclaggio, a Giuseppe Guarino. I 100, mille rivoli si riunivano in un unico, enorme fiume di danaro che il Guarino incassava e che certamente non incassava lui personalmente. I nomi degli indagati per l’associazione a delinquere di stampo camorristico ai sensi dell’articolo 416 bis, li potete leggere nello stralcio dell’intero capo 1 che pubblichiamo in calce. Ci sono i 48 arrestati e anche i 15 non arrestati. Il concetto di associazione qui è evidente perchè nulla di estemporaneo, di non organizzato nei minimi dettagli, di non definito attraverso ruoli e funzioni ben specificati poteva essere realizzato con l’ordine e la disciplina con cui la camorra lo ha invece architettato e realizzato fino al momento in cui il sistema è stato scoperchiato dall’indagine della Guardia di finanza, coordinata dai magistrati della Dda.

Sotto Giuseppe Guarino c’erano altre persone che potremmo scherzosamente definire quadri dirigenti, svolgendo loro un’attività di ulteriore coordinamento di società, di ditte individuali, di persone fisiche che mettevano a disposizione i loro conti correnti per questi passaggi multipli di danaro, finalizzati a dilatare, diluire, anestetizzare la provenienza illecita. Leggerete questi nomi, ma leggerete anche le ragioni sociali di una miriade di società e di una miriade di personaggi. A ognuno il suo ruolo: le società emettevano fatture per operazioni inesistenti in variegati settori, nei pezzi di ricambio, fino all’imballaggio. Poi organizzavano una ulteriore trasmissione del danaro attraverso altri bonifici inviati a soggetti giuridici più piccoli o a persone fisiche, i quali svolgevano una faticosa, complessa attività di riscossione del danaro, attraverso gli sportelli bancomat e postamat e attraverso altre modalità.

Sono tre le aree di azione individuate dalla Dda e dalla Guardia di Finanza. Una prima struttura formata da 12 persone le quali in questi tre anni e mezzo circa, hanno movimentato con una ingente porzione prelevata in contanti una cifra superiore ai 28 milioni di euro. Tutto danaro che veniva consegnato personalmente a Giuseppe Guarino.

Poi c’era una seconda area operativa, altri 15, coordinati da quelli che abbiamo definito quadri dirigente, Armando Della Corte e Salvatore Prato, considerati dalla Dda camorristi doc, in grado di movimentare, nel corso dello stesso periodo, la cifra di 38 milioni di euro, più di 70 miliardi di vecchie lire.

Infine un terzo gruppo operativo coordinato da Luigi Esposito, un pò più complesso perchè costituito da una pletora di società, per lo più operante nel settore del commercio di carburanti, costituite, gestite, manipolate e poi eventualmente liquidate e chiuse. Dentro a queste società circolava un fiume di danaro e un fiume di fatture per operazioni inesistenti i cui proventi poi erano trasmessi a un plotone di soggetti pronti a mettere a disposizione rapporti finanziari già esistenti, leggi conti correnti aperti anche da tempo e che dunque suscitavano almeno in partenza meno sospetti. Il tutto un’attività in grado di muovere, sempre nei canonici 3 anni e mezzo, più di 48 milioni di euro, molto più di 90 miliardi delle vecchie lire.

L’articolo diventerebbe lunghissimo qualora volessimo andare a sovrapporre una nostra lettura al testo del capo 1. Possiamo però tranquillamente raccomandarvi la sua lettura, perchè, ripetiamo, il meccanismo, di per sè molto articolato, complesso, viene descritto in maniera utilmente semplice.

 

QUI SOTTO LO STRALCIO INTEGRALE DELL’ORDINANZA