LA NOTA. Una barbarie: 45 OSS cacciati via a calci dopo vent’anni di lavoro precario dall’OSPEDALE DI CASERTA prima di Natale. La macelleria sociale di Vincenzo De Luca e Gaetano Gubitosa

2 Dicembre 2022 - 19:01

Tutto questo sta accadendo con la complicità di CIGL, CISL, UIL E FIALS che invece di difendere, come avrebbero avuto il dovere di fare, queste persone, si siedono al banchetto della spartizione – come sempre accade, con in testa il solito Nicola Cristiani – dei posti del concorso a tempo indeterminato che ha portato al Sant’Anna e San Sebastiano tanti avellinesi, tanti napoletani, sanniti e qualche salernitano

CASERTA (gianluigi guarino) – Sapete qual è una delle differenze più grandi tra la cosiddetta Prima repubblica e la cosiddetta Seconda repubblica nel territorio della Campania?

Che quelli della Prima, cioè i De Mita, i Gava, gli ancora viventi Cirino Pomicino ed Enzo Scotti, i Gerardo Bianco, Peppino Gargane, non avrebbero mai e poi mai mandato a casa quarantacinque persone che da vent’anni hanno lavorato come operatori socio sanitari nella sanità casertana in ambito Asl o in ambito Azienda ospedaliera.

Hanno lavorato con grande sacrificio, visto che per quattro lustri non sono mai stati dipendenti della pubblica amministrazione, cioè delle stesse Asl e Aorn.

In poche parole, si sono fatti il mazzo nelle cooperative, che in Campania sono una roba molto differente da una coop emiliana o da una coop veneta, in considerazione del fatto che qui da noi, con la scusa che non c’è lavoro e che dunque chi si accontenta gode, vengono pagati stipendi sottodimensionati e non vengono garantiti ferie e altri diritti.

Beninteso, De Mita e Gava non avrebbero messo da parte un concorso per assunzioni a tempo indeterminato, in quanto la politica di allora si nutriva, esattamente come quella di oggi, di relazioni clientelari, ma avrebbero sicuramente trovato il modo di far convivere le loro necessità di potere al fatto umano riguardante la vita e il destino dei 45 precari e dunque di 45 famiglie.

Su questo il sottoscritto, testimone di quel tempo, come di questo tempo, non ha il benché minimo dubbio. Ma oggi, purtroppo, la politica in Campania non si chiama De Mita, Gava eccetera, ma si chiama Vincenzo De Luca o poco, ma proprio poco più. E capita che i 45 precari – in una vicenda che assomiglia in maniera inquietante a quella del famoso Signor Mario, di cui abbiamo scritto alcune settimane fa in un’inchiesta a più puntate – vengano licenziati, ed è questa la parola giusta da usare, il 30 novembre 2022, cioè a 25 giorni dal Natale, rimanendo totalmente disoccupati, con famiglie a carico, alcune di queste costituite anche da disabili.

Queste cose dovrebbero essere prima di tutto patrimonio testimoniale di una sinistra, che fa la gnorri e dichiara di far fatica a comprendere il motivo per cui la gente non la vota più e che, stranita, rintronata dai suoi rovesci elettorali, si chiede per quale motivo in Italia non esista, o esista in maniera molto limitata, un “voto a sinistra”, in quell’Italia che, dal 1946 in poi ha incardinato il partito comunista più importante e più votato dell’intero Occidente, in grado più volte di inquietare gli americani e gli equilibri dell’alleanza atlantica, allorquando, varcando di gran lunga la quota del 30%, tallonava le percentuali della Democrazia Cristiana.

Pensate un po’ che, oggi, la sinistra, in Campania, si chiama Vincenzo De Luca, si chiama Stefano Graziano e alleato della sinistra è un personaggio come Giovanni Zannini. Non ne parliamo proprio, poi, dei Cinque Stelle, la cui unica missione di identità è costituita dal Reddito di cittadinanza.

Allora, com’è successo altre volte, da una cattedra liberale, come quella rappresentata dal sottoscritto, deve svolgersi necessariamente una funzione di supplenza, perchè uno può essere di sinistra e anche non esserlo, come ad esempio io non sono, ma folle è pensare che in una società la sinistra, la sua pura identità scompaiano totalmente, risucchiate da un esercizio del potere degno del peggiore notabilato meridionaloide.

Oggi, la sinistra, anzi, la sedicente sinistra e certi sindacati sono diventati i veri macellai di ogni diritto, anche dei più elementari, come dimostra proprio incofutabilmente la vicenda dei 45 Oss licenziati dall’Azienda ospedaliera Sant’Anna e San Sebastiano di Caserta.

E sì, noi insistiamo con questa parola, perchè, di fatto, i 45 sono dei licenziati, sono cornuti e mazziati, sono i veri proletari, abbandonati da chi dovrebbe difendere le necessità dei più deboli.

Cornuti e mazziati perchè queste 45 ottime professionalità avevano scorto finalmente un raggio di sole quando l’anno scorso, di questi tempi, fu inserito nell’albo pretorio un avviso pubblico per l’assunzione a tempo determinato di 60 operatori socio sanitari. A quell’avviso, lanciato dall’Azienda ospedaliera, parteciparono tanti Oss in servizio, ovviamente precario, nelle cooperative erogatrici di ore prestate all’Asl di Caserta.

Da quell’avviso gemmò una graduatoria e già lì il destino o qualche doverosa raccomandazione cominciarono a svolgere il loro sporco lavoro.

Alcuni tra quelli che avevano lavorato nelle cooperative a sussidio dell’Asl chiesero e ottennero, grazie alla disponibilità della dirigenza dell’azienda sanitaria locale, di rimanere al loro posto o comunque di non entrare nei ranghi dell’Aorn di Caserta, considerando quella governance pericolosa, come poi si è dimostrata.

Risparmiandovi la descrizione tecnico giuridica del modo con cui questa operazione fu svolta, va sottolineato che quella sensibilità, mostrata a suo tempo dall’allora direttore generale Ferdinando Russo, di cui, diamine, almeno per una volta possiamo parlar bene, è stata confermata dal suo successore, Amedeo Blasotti.

L’Asl, infatti, dopo i primi sei mesi, ha rinnovato l’impegno per altri sei mesi. Quando anche questo termine scadrà, tra gennaio e marzo prossimi, non ci saranno comunque ingombri tali da rendere impossibile un’ulteriore proroga di sei mesi, con la possibilità una stabilizzazione a tempo indeterminato, qualora dalla legge di Bilancio nazionale e dai suoi derivati fosse prodotta qualche norma di copertura dei costi per la stabilizzazione dei precari.

Insomma, quello dell’Asl è stato un atteggiamento equilibrato e, dunque, menzione positiva anche per il dg Blasotti, di cui quasi sempre siamo costretti a parlar e a scrivere male.

Quello che, invece, è successo nell’ospedale civile di Caserta ha dell’incredibile e, a nostro avviso, esprime anche profili di dubbia, molto dubbia costituzionalità in merito alla questione fondamentale del diverso destino di lavoratori che, pur avendo stipulato lo stesso contratto in forza di un avviso pubblico, si trovano ora a fronteggiare il dramma della disoccupazione di fronte ai loro colleghi rimasti nell’organico dell’Asl.

Ormai abbiamo maturato una conoscenza profonda del signor Gaetano Gubitosa da Montemiletto, provincia di Avellino.

Non esiste in Campania un direttore generale tanto piegato al regime del più bieco, osceno, feudale clientelismo che lo valga anche al 50%.

Mentre, infatti, i vincitori dello stesso avviso pubblico, rimasti nell’organico dell’Asl Caserta, incrociavano la comprensione di quella direzione strategica, al punto che, oggi, venerdì due dicembre, sono tutti regolarmente in servizio, succedeva che, nell’inferno di un ospedale a cui andrebbero tolti i nomi di grandi santi, grandi giganti del cattolicesimo come Sant’Anna e San Sebastiano, 45 oss fossero letteralmente fucilati, passati per le armi, cacciati via con decorrenza trenta novembre, dopo vent’anni di lavoro duro e spesso mortificante, sempre vissuto, con l’eccezione dell’ultimo anno, sul crinale incertissimo e disagevole del precariato di una cooperativa campana e/o casertana oppure di un’agenzia interinale.

Ma cosa ha fatto il prode Gubitosa, forte con i deboli e debole con i forti? Dopo i primi sei mesi, ha cominciato a confezionare delle mini proroghe, un mese e – udite udite – quindici giorni, tenendo in scacco la vita e lo stato d’animo di 45 persone.

Queste proroghe le ha collegate alle cosiddette more di un bando di concorso per l’assunzione a tempo indeterminato, manco a dirlo, di 60 operatori socio sanitari.

E qui torniamo ad una più completa esplicazione del discorso su De Mita e Gava e a quello su un irpino che, evidentemente, non conosce la storia e l’identità politico-sociale del territorio che gli ha dato i natali.

A quel bando hanno partecipato tutti i precari in organico, rinfrancati un anno prima dall’avviso pubblico e dal tempo determinato. Ma solo 14 di loro sono riusciti ad entrare utilmente in graduatoria, mentre 45 sono rimasti fuori.

A guardar bene la situazione e anche i livelli di fabbisogno dell’ospedale civile, i 45 oss dell’avviso pubblico, poi “bocciati” alla preselezione del concorso, hanno sperato di rimanere, seppur a tempo determinato, in quanto la necessaria dotazione organica in questo specifico settore si aggira sulle 115/120 unità.

E qui non si capisce se è più ripugnante di più l’atteggiamento di De Luca che, famelicamente, non si accontenta dei 60 assunti, o quello del suo braccio armato, cioè del dg Gubitosa.

Sapete cosa hanno fatto? Arrivati al 60esimo, hanno riaperto la graduatoria, scorrendola fino alla posizione 115 circa.

Risultato? Voi 45 siete degli straccioni, a noi niente ce ne fotte che per vent’anni avete lavorato da precari per portare il pezzo di pane a casa e siccome oggi siamo noi la sinistra, siamo noi a definirne il dna, ve ne andate a fanculo immediatamente. E il fatto che sia Natale a noi non frega un tubo.

Perchè se voi trascorrete le peggiori festività della vostra vita, tanti raccomandati di Avellino, Salerno, Napoli, Benevento, in netta maggioranza rispetto agli assunti casertani, brinderanno e ai loro parenti riuniti alla tavola del cenone diranno che quel capitone, quell’anguilla, quell’insalata di rinforzo stanno lì in quanto loro hanno imboccato la strada giusta. Perchè hanno capito che anche il capitone, l’anguilla e l’insalata di rinforzo le mangi se sei amico di De Luca, di Gubitosa, di Casillo, di Corcione, Masturzi eccetera.

Anche perchè i politici casertani della regione, a partire dal signor Zannini, inserendo anche il neo deputato Graziano, se ne fottono delle battaglie sociali, poiché a loro preme solo di ingrossare le schiere di quelli che una volta si definivano clientes e che ora sono solamente schiavi.

Tra le porcate che abbiamo raccontato negli ultimi anni sulla sanità casertana, questa è probabilmente la peggiore.

Occorre, infatti, una peculiare attitudine, che non vogliamo declinare e qualificare ulteriormente, per prender sonno la notte, pensando a quei poveri 45 Oss che a dicembre non porteranno a casa un solo euro.

Ma quando ci querelate, caro De Luca, caro Gubitosa?

Voi fate vomitare, siete la vergogna della civiltà fondata sul diritto e sulla sacrosanta tutela dei più deboli, che non sono i “parassiti” del reddito di cittadinanza, ma gente che per vent’anni ha spalato la merda, ha cambiato pannoloni, ha soccorso le più elementari funzioni biologiche e fisiologiche distrutte dalla malattia e dalla sofferenza. Fate schifo e basta.

A maggio scadranno i tre anni del mandato di Gaetano Gubitosa a direttore generale dell’ospedale di Caserta. Lui desidera ardentemente una riconferma. Nel momento in cui opera questa vera e propria macelleria sociale dimostra, in un tempo in cui ogni sua azione è funzionale al desiderio di riconferma, che questa macelleria sociale sia stata aperta incrociando i desideri perentori di De Luca, Corcione, Masturzi e compagnia bruttissima.