Il Puc di CASAPESENNA è un abominio. La sentenza di archiviazione va rispettata ma è a nostro avviso totalmente sbagliata. Ecco perché

18 Dicembre 2024 - 17:24

Una struttura investigativa troppo tenera e fragile a fronte di un vero e proprio saccheggio cementificatore realizzato attraverso atti amministrativi secondo noi falsi che hanno pesantemente (altro che anomalie come dicono i magistrati) alterato i carichi obbligatori previsti dal Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale. Si tratta, sempre per noi, e nel rispetto sacrale di una sentenza che va eseguita senza se e senza ma, di una grande occasione perduta per guardare alle cose di un luogo che non si chiama Chiasso, Sondrio o Forlimpopoli, ma che è stato la culla dell’edilizia camorristica dell’agro aversano e di questa provincia

CASAPESENNA – Fermo restando che un provvedimento assunto da un giudice della Repubblica Italiana va rispettato – è ovvio – ma soprattutto applicato, assorbito come fatto determinante di una procedura giudiziaria attivata nei modi più svariati; fermo restando tutto ciò che non è solo una linea di principio, ma riguarda poi la necessità cogente in uno Stato di diritto di piegare la testa di fronte agli esiti di un qualsiasi processo svolto in un Tribunale, inizia poi un’altra fase, ugualmente importante, di una democrazia compiuta.

Le sentenze si rispettano, si eseguono, ma possono essere criticate perché in una democrazia non esiste alcun potere che sia onnipotente, indiscutibile, incontestabile, perché se così fosse democrazia non sarebbe come non sarebbe Stato di diritto, ma sarebbe stato dittatoriale costituito sulla legge del più forte.

Questi preamboli siamo costretti a farli in un posto in cui tutto si configura come molto provinciale.

Tutto, anche la configurazione di un potere giudiziario che sulla carta accetta l’idea di essere in parte peso e in parte contrappeso degli altri poteri costituzionali, ma di fatto non accoglie mai con serenità questa struttura fondamentale dello Stato di diritto.

In pratica è molto suscettibili perché essendo formato da donne e uomini in carne e ossa capita soprattutto in contesti non evolutissimi come i nostri, che quella toga, ma soprattutto la dotazione dello strumento medievale delle manette, di cui come si diceva durante Tangentopoli, si fa avvertire il tintinnio, si trasforma in sicumera, in intangibilità.

Per cui, se uno critica una sentenza è come se avesse criticato la particolare interpretazione del Corano facendolo al momento e nel posto sbagliati, ossia sotto alla casa del principale Mullah dei talebani.

Noi che invece crediamo nello stato di diritto e crediamo di avere qualche idea in testa, riteniamo anche che si possa rischiare qualcosa per l’affermazione della stessa nel perimetro di una democrazia.

Ciò di cui siamo convinti sulla vicenda relativa allo pseudo Puc del Comune di Casapesenna lo abbiamo scritto in 5, forse 6 articoli, pubblicati in un recente passato.

È inutile ricollocarli in calce a questo scritto perché lo abbiamo già fatto, per cui vi possiamo consigliare, se qualcuno vuole leggerli, di scrivere in Google Puc Casapesenna Casertace.

La novità di queste ore è rappresentata da un fatto giudiziario.

Chi ha redatto quel Puc aveva già ricevuto sollievo dall’abolizione del reato di abuso d’ufficio.

I querelanti, cioè due cittadini che ritengono di aver subito vessazioni e non danneggiamenti – ricordate questa parola in quanto è il discrimine del verdetto giudiziario – speravano di ottenere giustizia identificandosi, a nostro avviso con piena ragione, di fatto e di diritto, nel riconoscimento, da parte della Procura della Repubblica di Aversa-Napoli Nord e poi eventualmente del Tribunale a questa connesso, della piena fondatezza sulla commissione di un reato di falso contestato a chi aveva la potestà nel processo amministrativo che ha portato all’approvazione del Puc.

In questo caso la querela si era dovuta sviluppare contro ignoti in quanto non era possibile stabilire con matematica certezza nomi e cognomi di chi, all’interno del Comune di Casapesenna, aveva scritto e firmato vari documenti del Puc.

Nella denuncia-querela veniva però scritto chiaramente che questa era indirizzata ai tecnici che avevano attestato, contro il vero, il fatto che il Puc di Casapesenna fosse conforme allo strumento gerarchicamente superiore e non aggirabile costituito dal Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale in vigore dal 2012, quando fu approvato dal consiglio provinciale di Caserta.

La cosa che non ci convince nella elaborazione dell’indagine operata dalla Procura della Repubblica, è che questa si sia pigramente posta rispetto a comportamenti a nostro avviso molto gravi da parte degli uffici del Comune

Leggendo la richiesta di archiviazione scritta dal Pm salta fuori, oltre all’impossibilità di addivenire ad una richiesta di rinvio a giudizio o di archiviazione per il reato di abuso d’ufficio, viene formulato un ragionamento francamente superficiale che sembra modulato su un pregiudizio, su una convinzione maturata ad origine, del fatto che questo non sarebbe un affare riguardante il diritto penale ma quello amministrativo.

Per addivenire alla richiesta di archiviazione, il Pm Manuela Massimo Esposito deve tenersi molto alla larga dal merito, dal contenuto determinato dalla pur riconosciuta discrasia tra il Puc di Casapesenna e il sovraordinato Ptcp dell’amministrazione provinciale di Caserta.

Perché se uno alla fine del ragionamento vuole cavar fuori, come fa il Pm, la parola “anomalia” per descrivere tutto ciò che è successo a Casapesenna, deve dare l’idea che questi denuncianti si muovano in tal modo solo per qualche fattariello loro non andato bene, e che tutto sommato cinque o sei vani di differenza tra il Puc e il Ptcp non sono un fatto tanto grave da giustificare un provvedimento giudiziario di richiesta di rinvio a giudizio per il reato di falso.

Sono anomalie e questa è materia della giurisdizione amministrativa, del Tar. Andate lì a protestare.

E mo’ ve le ribadiamo noi due o tre di queste anomalie.

È lo stesso consulente tecnico nominato dalla Procura a scrivere che il Comune di Casapesenna ha previsto 650 nuovi vani a fronte dei 450 assegnati dal Ptcp della Provincia.

Poi anche il consulente tecnico è preso da stanchezza e non completa il lavoro con lo stesso zelo.

Da una parte, infatti, riconosce che a questi 450 vani consentiti dal Ptcp vadano sottratti il già costruito, il grande volume di immobili abusivi del territorio di Casapesenna.

Ma poi al momento di fare il conto, si affloscia. E allora, prelevandole dalle nostre inchieste giornalistiche, tutte documentatissime e riscontratissime, proviamo a sopperire alla défaillance del consulente tecnico Vincenzo Rago.

Ed eccoli i documenti: 450 avvisi di rilascio di permessi a costruire per condono, ossia relativi a immobili edificati in maniera illegale per abusi edilizi.

Sappiamo che qualcuno con spirito salace e che possiede probabilmente un pregiudizio favorevole nei confronti di certa politica, abbia fatto un po’ l’avvocato del diavolo asserendo che questi 400 vani potessero anche essere delle verande, attività commerciali, insomma altro.

Ok, potrebbero essere altro, ma ciò che non può essere contestato è che ciò accada in un posto particolare come Casapesenna. Per cui, se i querelanti hanno scambiato volontariamente o involontariamente fischi per fiaschi, verande o negozi commerciali per appartamenti di residenza, non crediamo di dire fanfaronate o di fomentare una attività inutile da parte della Procura nel momento in cui asseriamo che quella documentazione sui 400 permessi di costruire in condono, a Casapesenna, non a Trento o a Chiasso, meritassero qualche spesa aggiuntiva per mettere al lavoro due o tre consulenti dotati di una sveglia mattutina che li potesse attivare un po’ meglio di quanto non fossero attivati gli estri e le motivazioni del dottor Rago.

Per cui, se lo spirito Salace di cui prima avesse avuto ragione, no problem. Tiratina d’orecchi ai querelanti e per favore lasciateci lavorare che abbiamo cose più importanti da fare. Ma se quei 450 permessi, come noi riteniamo avendone personale contezza, fossero appartamenti, se quei 450 permessi si traducono in circa 700 alloggi, così come si legge da documenti ufficiali facilmente rinvenibili dall’Istat e non dall’associazione dei volontari delle quattro operazioni o del quadrato del binomio, allora quel contenuto della richiesta di archiviazione firmata dal Pm è del tutto insufficiente e presta il fianco a valutazioni ingenerose e forse anche ingiuste su una impronta o sull’impronta integralmente apodittica, ossia basata sulla verità a priori, che ha avuto l’indagine realizzata dalla Procura.

Poi, quello che ha deciso il Gip Donata Di Sarno, ad epilogo della camera di consiglio convocata per effetto del ricorso presentato dai querelanti sulla richiesta di archiviazione del Pm, rappresenta una prevedibile conseguenza. E dunque, le anomalie definite come tali dalla Procura vengono pedissequamente ricertificate dal Gip con riutilizzo di una forma particolare di dichiarazione di incompetenza e dunque con un rimando alla giurisdizione del Tar.

Le carte false realizzate del Comune di Casapesenna integrano, secondo noi, il reato di falso ideologico ai sensi del 479 in relazione al falso materiale, documentale, cartaceo, palmare, ai sensi dell’articolo 476.

Ma noi non siamo magistrati, non siamo Pm, non siamo funzione giudicante. Ma il sacco del territorio di Casapesenna dove l’edilizia è stata per decenni il core business del boss Michele Zagaria e del clan dei Casalesi sta in quegli 800 nuovi alloggi certificati dall’Istat. Un dato abnorme che si è voluto, forse per superficialità, per carenza di tempo e mezzi a disposizione, far passare come un’anomalia. Nel dettaglio, perché noi siamo precisi e odiamo le formule assertive, sottolineiamo che nel 2001, dati Istat, sono 2.109 alloggi quelli che insistono nel territorio di Casapesenna.

Noi abbiamo i numeri progressivi che ci permettono di mettere pesantemente in dubbio la veridicità del dato esposto dal Comune di Casapesenna, il quale ha dichiarato di aver realizzato nel decennio 2007-2018 solo 62 alloggi e di poterne sfruttare circa altri 390 in base al Ptcp.

Ma se ci sono in ballo 450 permessi a costruire in condono, siamo di fronte ad una balla spaziale, che essendo certificata in un atto amministrativo, si chiama falso. E d’altronde il Comune di Casapesenna di fronte agli esposti dei querelanti, ai ricorsi al Tar, ai nostri articoli, ha annullato il Puc in autotutela. E un Puc non si annulla se chi lo fa ritiene di essere incorso solamente in errori o in anomalie.

Per quanto riguarda infine lo status di parte lesa e parte civile dei querelanti che ovviamente, in funzione del fatto che, secondo i magistrati, si tratterebbe solo di anomalia, diventano semplicemente danneggiati e non parti lese, abbiamo registrato nel dispositivo del Gip una valutazione leggera che non tiene conto della giurisprudenza con la citazione di un precedente di Cassazione del 2001, quando c’era a portata di mano una sentenza a sezione unite del 2007 che, al contrario, dà piena legittimità di rango di persona offesa a soggetti che hanno presentato denunce o querele oppure denunce-querele per falso così come le hanno presentate gli attori di questa vicenda.

A nostro avviso, per quel che vale il nostro punto di vista, una grande occasione perduta per lo stato di diritto.