CLAN & MONNEZZA. La camorra di Agizza intervenne perché CZeta entrasse nel mega Consorzio Ciclat. Ombre pesanti sulla gara di CAPUA

27 Maggio 2025 - 16:42

Ci sovviene una riflessione a latere: se il racconto del pentito Romano è vero – e per i pm della Dda è vero – come si può pensare che aziende di questo tipo ossia la CZeta possa porsi il problema della trasparenza nella trasmissione dei dati della raccolta differenziata in quel di Capua, auto dichiarata con un miracolante 67%, che Adolfo Villani fa suo e propaganda mentre tanti luoghi della città sono sporchi e abbandonati (CLICCA VEDI E LEGGI)

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CASERTA (g.g.) Nicola Ferraro e Domenico Romano, nipote di Vincenzo Agizza questi ultimi due appartenenti a famiglie connesse storicamente a clan camorristici di primo piano, come quello di Nuvoletta di Marano e degli Alfieri

di Nola, volevano fare le cose in grande.

A dirla tutta, era soprattutto Nicola Ferraro, sentito ieri, con l’assistenza dei suoi due avvocati difensori, Mario Griffo e Giuseppe Stellato, per circa tre ore nell’interrogatorio di garanzia da un gip del Tribunale di Napoli, ad avere idee importanti

Indubbiamente, le pene scontate per le sentenze definitive che lo hanno certificato come uomo di camorra hanno pesantemente consumato le sue ricchezze. Quello che emerge dal racconto di Domenico Romano, è un Ferraro desideroso di fare business. Non solo a Caserta, non solo in Campania, ma soprattutto in Sicilia, con una piazza complessa come quella di Catania.

Romano racconta ai magistrati che Ferraro gli aveva detto che in carcere aveva conosciuto e soprattutto aveva familiarizzato con un esponente di spicco della mafia catanese. Ora, tutti quelli che si occupano anche in maniera non approfonditissima della mafia siciliana, sanno che Catania è stato il feudo incontrastato del super boss Nitto Santapaola, che faceva parte della cupola ossia del gruppo dei capi costituito anche da Totò Riina, da Bernardo Provenzano, da Matteo Messina Denaro che periodicamente si incontravano stabilendo tutto sia dal punto di vista economico sia dal punto di vista degli atti criminali, degli omicidi da realizzare  come successe ad esempio per quelli di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino

Questo mafioso incontrato in carcere avrebbe garantito a Nicola Ferraro la sua disponibilità se quest’ultimo avesse avuto bisogno di supporto tra Catania e dintorni.

Una circostanza che avrebbe indotto Ferraro a pianificare, insieme a Domenico Romano, un vero e proprio sbarco nel capoluogo etneo, utilizzando naturalmente imprese guidate da soggetti insospettabili ma in pratica eterodiretti dallo stesso Ferraro, da Agizza e da suo nipote Domenico Romano

Esisteva anche una focalizzazione su quell’appalto suddiviso in tre lotti anzi, era stato anche deciso il nome dell’imprenditore che si sarebbero esposti: i Ciummo, precisamente il 65enne Vittorio Ciummo e il 28enne Carlo Ciummo entrambi residenti a Cassino ed evidentemente in rapporto stretto con Nicola Ferraro. Questi erano i discorsi che Nicola Ferraro faceva nel 2019.

Ma probabilmente fatto più importante di questo nostro secondo approfondimento sulle dichiarazioni rese ai magistrati della Dda e ai carabinieri del Nucleo Investigativo di Caserta è quello che rivela un retroscena che a nostro avviso ha una ricaduta diretta nel nostro territorio

Nell’ottobre 2023, quando furono rese pubbliche le ragioni dei decreti di perquisizioni firmati dalla Dda nell’ambito di questa indagine dalla Prefettura di Vicenza arrivò l’interdittiva antimafia per la Czeta la quale ricorse al Tar ed ebbe ragione sulla sospensiva al punto da rimanere tranquillamente in servizio nei comuni dove operava, primo fra tutti Capua. Successivamente c’è stata la sentenza di merito e riteniamo abbia dato ragione di nuovo a CZeta. Ma stavolta Domenico Romano, sulle cui dichiarazioni la Dda basa tantissimo nei suoi capi d’accusa nei confronti degli indagati dice una cosa molto più importanti: il grande favore ricevuto dall’ impresa della famiglia Ilario fu rappresentato dall’intervento di Vincenzo Agizza che fece nei confronti del super Consorzio Ciclat di Ravenna affinchè accogliesse tra i suoi soci anche CZeta

L’APPALTO DEI RIFIUTI DI CAPUA, LA CZETA RACCOMANDATA A CICLAT DALLA CAMORRA

Così avvenne e la ditta di Aniello Ilario partecipare a gare d’appalto a cui, in caso contrario, non avrebbe potuto contendere ad altre imprese. Ciò perché la partecipazione formale non era di CZeta, bensì di Ciclat che poi trasmettendo alla citata CZeta i requisiti che non aveva andava a designarla come elemento del consorzio incaricato dell’esecuzione della prestazione. Ed è proprio questo quello che è successo al comune di Capua

Ora, Vincenzo Agizza, non è stato e probabilmente non è ancora oggi un personaggio di secondo grado della camorra dei rifiuti. Se ha potuto chiedere ed ottenere da Ciclat l’ingresso di CZeta vuol dire che la titolare originaria dell’appalto di Capua era, in qualche modo, permeabile, ciò sempre secondo il racconto di Romano nipote di Agizza, da condizionamenti provenienti dal mondo della camorra

Romano non ricorda bene il cognome del presidente di Ciclat, dice che inizia con la consonante B. Sa bene, invece, che il comportamento di CZeta fu molto furbo perchè nel momento in cui ottenne l’ingresso nel consorzio romagnolo interruppe per un periodo tutti rapporti con Agizza e Romano al punto che il primo di rivolse direttamente, perché evidentemente era in condizione di farlo, a questo presidente per chiedergli senza mezzi termini la corresponsione di una somma di denaro tra lo 0,5% e 1% per ogni appalto vinto e attribuito poi a CZeta in quanto, così ragionava Vincenzo Agizza questa azienda era entrata nel consorzio solo grazie ai suoi buoni uffici. A nostro avviso, stando a ciò che è scritto nella richiesta di applicazione di misure cautelari, firmata dalla Dda di Napoli ci sono tutte le condizioni soprattutto se il gip dovesse validare il teorema accusatorio per avviare una rapida procedura interdittiva antimafia non solo per CZeta, ancora una volta dopo quella attivata dalla Prefettura di Vicenza, ma anche per Ciclat

Se abbiamo scritto ora che ciò può avvenire soprattutto se il gip validerà le dichiarazioni di Domenico Romano su questa storia di Agizza e di Ciclat è proprio perché la decisione di un giudice è, nel procedimento amministrativo di un’eventuale interdittiva, assolutamente e più dirimente della semplice richiesta operata da un pm