AVERSA. Stalking, mobbing e minacce alla segretaria comunale da parte di amministratori con claque. Salta fuori il problema della white list e delle polizze, forse mancanti della ditta della mensa scolastica

2 Ottobre 2025 - 20:26

Molto interessante è l’articolo pubblicato nel blog di Isidoro Orabona, che svela fatti inediti che se fossero confermati rederebbero l’intervento della magistratura assolutamente inevitabile

AVERSA (g.g.) Tutto si può dire di Isidoro Orabona eccetto che non sia una persona informata sulle cose di quella politica aversana che anche lui un tempo ha frequentato.

Ora gestisce un piacevolissimo e utilissimo blog, che si chiama “Aversapuntoeacapo”. Noi lo leggiamo con molta attenzione, pur sapendo che Isidoro Orabona esprime una posizione nitidamente di parte, che non può però di certo sacrificare, sottendere, alla sua dignità, al suo status indiscutibile di persona di un certo valore e di un certo riguardo.

Per questo motivo, lo leggiamo in quanto sappiamo che tutte le sue affermazioni sono frutto di verifiche e di accertamenti, realizzati con fonti di primo livello, di buona autorevolezza che lui, in funzione della sua storia professionale e politica, può interrogare.

Nel suo lungo articolo di ieri, fatto uscire in contemporanea e contestualmente alla seduta del consiglio comunale, c’è un passaggio che ci ha interessati particolarmente, in quanto riguarda la vicenda di cui CasertaCe si sta occupando in questi giorni.

E cioè l’incredibile vessazione a cui è stata sottoposta la segretaria generale Emanuela De Chiara, che nei giorni scorsi abbiamo solamente definito anche come la sorella di Marcello De Chiara, attuale vicepresidente dell’Associazione Nazionale Magistrati, nonché Gip del Tribunale di Napoli. Ma la De Chiara è anche la figlia di Aldo De Chiara, una delle toghe più prestigiose operanti in Campania negli ultimi 40 anni, essendo stato a lungo il procuratore generale presso la Corte di Appello di Napoli. Ossia, il magistrato dell’accusa più importante, di maggior peso, di tutto il distretto giudiziario che comprende, come è noto, il Tribunale di Napoli, quello di Aversa-Napoli Nord, quello di Torre Annunziata-Napoli Sud, quello di Santa Maria C.V., quello di Avellino e quello di Benevento.

Scrive Isidoro Orabona, riferendosi al problema della sospensione del servizio della mensa delle scuole della città normanna, nel contesto della delicatissima vicenda che coinvolge il Comune di Aversa e “La Mediterranea”, società cooperativa che questo servizio ha esercitato anche negli ultimi tre anni e – a nostro avviso – sine titulo, cioè senza averne titolo e dunque illegalmente. In quanto, non è stato mai firmato il contratto dalla società aggiudicataria dell’appalto iniziato nel 2022 e dal comune normanno.

Nel nostro articolo di ieri (CLICCA E LEGGI) abbiamo declinato con chiarezza il dato della illiceità legata alla mancata stipula della convenzione, che rende senza se e senza ma, nulla tutta la procedura. Basta leggere in combinazione i commi 8, 13 e 14 dell’art. 32 del codice degli appalti, da noi tutti pubblicati, e vi accorgerete che non è CasertaCe ad affermare che la mancata stipula del contratto è causa di nullità, ma una legge della Repubblica Italiana.

Quel nostro articolo, però, era carente rispetto alla motivazione, rispetto alla domanda sul perché questo contratto, ad appalto attribuito dal provveditorato delle opere pubbliche, che al tempo fungeva da stazione unica appaltante, non fosse stato stipulato, cioè scritto e firmato dalle parti.

La risposta ce la dà proprio Orabona nel suo articolo. Ed è una risposta assolutamente inquietante. “Da quanto sarebbe emerso – scrive Orabona – risulterebbe che all’epoca la società aggiudicataria (La Mediterranea, ndd.) non risultasse iscritta alla white list della prefettura”.

Azz, hai detto niente! In poche parole, aggiungiamo noi, è probabile, se non certo, che avesse qualche problema di interdittiva antimafia. Probabile, perché a volte l’ingresso in white list viene ritardato dalle cosiddette liste d’attesa, così come abbiamo scritto più volte in CasertaCe.

Occhio però: la cooperativa La Mediterranea non veniva fuori dal nulla. Già nel 2016 e seguenti aveva espletato il servizio di mensa nelle scuole di Aversa, erogandolo in nome e per conto del Comune. Ora dovremmo controllare i tempi della scadenza di validità dello status di impresa ammessa alla white list. Lo dovremmo fare perché questa è l’unica ragione che può far propendere la nostra valutazione verso l’ipotesi di impedimento tecnico, e non sostanziale rispetto all’antimafia.

Statene certi, siccome noi siamo diventati i massimi esperti di queste procedure, lo faremo. L’iscrizione alla white list, sempre secondo quello che scrive Isidoro Orabona, sarebbe arrivata solo nel 2023.

Mai come in questo caso, citando lo slogan di un vecchio e bravo giornalista di Rai 2, la domanda nasce spontanea. Perché non è stato poi stipulato il contratto nel 2023? La risposta è semplice: avrebbe rappresentato l’attestazione del fatto, che questo servizio di mensa scolastica fosse partito senza una convenzione e soprattutto avrebbe attestato che quelle autentiche barzellette che sono le stazioni uniche appaltanti (tutte, nessuna esclusa) avrebbero aggiudicato la gara ad un’impresa priva della certificazione di corretta iscrizione alla white list. Cioè facendo passare sottobanco quella che è la più importante tra le cause di esclusione previste in una procedura di incanto di gara.

Questo forse non avrebbe fermato il comune di aversa dal mettere, come si suol dire, le carte a posto. Il problema, però, sempre secondo la ricostruzione di Isidoro Orabona, non era costituito solo dalla mancata stipula del contratto, ma anche dal fatto che mancava la fideiussione, cioè la garanzia finanziaria obbligatoria, stipulata da La Mediterranea solo nel novembre del 2024, cioè più di due anni dopo l’aggiudicazione della gara.

Altra domanda: ma al provveditorato delle opere pubbliche, ossia alla stazione unica appaltante, chi la fece questa aggiudicazione? Dei pubblici funzionari o dei venditori di lupini?

Non si ferma la ricostruzione di Orabona. Mancava, infatti, “anche la polizza a copertura della responsabilità civile. In pratica se un bambino, un alunno, si fosse fatto male, non si sarebbe capito e saputo il nome e l’entità obbligati a risarcire. Inutile dire che anche questa è una delle condizioni indispensabili per legittimare lo svolgimento del servizio mensa. E allora anche la domanda di prima va emendata; nel momento in cui si assume la consapevolezza che non sia stato neppure venditore di lupini a sovraintendere, all’interno della SUA, all’aggiudicazione, bensì un venditore di pezzotti neanche tanto di autore.

Orabona sottolinea anche che il dirigente di allora e di oggi, cioè Giovanni Gangi, ha dimostrato ultimamente una determinazione sconcertante. Della serie “ma faje o’ vero o stai scherzando?” nel sostenere contro il parere della sempre più sconcertata segretaria De Chiara, la prorogabilità del servizio mensa.

No, pare che Gangi faccia proprio o’ vero, visto che questa roba della prorogabilità l’avrebbe messa nero su bianco su una nota ufficiale di qualche giorno fa.

Scherziamo fino ad un certo punto, perché Gangi avrebbe dichiarato che il servizio mensa – lo scrive sempre Orabona – “è ora regolarmente in corso e funzionante”.

Se effettivamente Gangi ha scritto questa cosa, ci dispiace per lui, ma bisognerà andare fino e in fondo, in quanto non stiamo parlando di un pincopalla qualsiasi, ma di un pubblico ufficiale, il quale anche se dichiara una cosa in cui crede, crea le condizioni per una verifica – a quel punto inevitabile – da parte della magistratura inquirente sulle possibilità che il dirigente abbia scritto, dolosamente o colposamente, un falso in un atto pubblico.

E chi conosce gli articoli dal 475 al 497-bis del codice penale, sa che un pubblico ufficiale – e non solo – non possono appellarsi alla buona fede o all’ignoranza per evitare di incorrere nelle verifiche della magistratura, nell’esercizio della obbligatorietà dell’azione penale, relativamente a tutto il kit dei reati di falso.

L’articolo di Isidoro Orabona ci induce a continuare a seguire questa vicenda, che non va minimizzata. Ma il problema della minimizzazione non appartiene solo alle forme espressive della politica aversana. Come scrive giustamente Orabona, il disinteresse mostrato il più delle volte dalla magistratura inquirente, ha fatto sì che i cittadini pensino che tutto sommato tante cose che si consumano all’interno del palazzo del potere cittadino, costituiscano al massimo dei peccati veniali.

E invece, non è così.