Nicola Schiavone vuota il sacco e tira in ballo Enzo Natale e l’Asi per un mega appalto. Sul giuramento di sangue…
26 Febbraio 2019 - 13:33
CASAL DI PRINCIPE (G.G.) – Abbiamo deciso di dividere in tre parti la trattazione di questa sezione documentale, contenente le dichiarazioni del super pentito Nicola Schiavone, ritenute, dai magistrati della Dda, utili per corroborare la loro struttura accusatoria nel processo che vede coinvolti, tra gli altri, l’ex sindaco di Villa Literno ed ex consigliere regionale Enrico Fabozzi e i fratelli Mastrominico, noti imprenditori di San Cipriano d’Aversa.
L’abbiamo fatto proprio perché riteniamo del massimo interesse ogni riga di questi atti depositati.
In quest’ultima tranche, salta fuori una vicenda importante, soprattutto agli occhi di chi ha seguito la politica e la politica connessa ai cosiddetti enti strumentali, nei primi anni 2000.
Nicola Schiavone parla di lavori importanti, compiuti nella zona Asi di Villa Literno, proprio dai Malinconico.
Ciò grazie all’intervento di Enzo Natale, a sua volta noto imprenditore di Casal di Principe, trapiantato a Santa Maria Capua Vetere e titolare di diverse attività, tra cui quella più nota e conosciuta del Bingo che ti trova proprio a un passo dalla caserma ospitante il Comando Compagnia dei Carabinieri di Santa Maria Capua Vetere.
Fu Enzo Natale a spingere e, a detta di Nicola Schiavone, a togliere quel lavoro a Dante Apicella, anche lui arrestato e componente diretto del clan dei Casalesi.
Un’operazione, ricorda il pentito, che creò molte tensioni all’interno del clan, visto che Giovanni Maliconico era riconducibile direttamente ad un solo boss, cioè ad Antonio Iovine detto o’ ninno.
Per chi non lo sapesse, Enzo Natale ha fatto parte del comitato direttivo dell’Asi, dal quale si autosospese nel 2008, quando svolgeva la funzione di vicepresidente e fu coinvolto in una vicenda giudiziaria legata ad una inchiesta della Dda.
Infine, un’integrazione a quello che abbiamo scritto ieri sulle modalità di affiliazione di Nicola Schiavone al clan dei Casalesi.
Dopo la vicenda della scorta armata ad un boss di cui non viene svelato il nome (CLICCA QUI PER LEGGERE L’ARTICOLO), l’ingresso strutturale con incarichi di comando avviene nell’anno 2004, all’indomani, ricorda Schiavone, della cattura di suo zio Francesco Schiavone Cicciariello.
Per il giovane figlio di Sandokan non ci fu bisogno dell’affiliazione rituale. Niente giuramento, niente goccia di sangue.
Perché il sangue del boss, in una sorta di applicazione aberrante di uno ius sanguinis, lo esentava dall’incombenza di presentarsi ufficialmente all’anagrafe del clan dei Casalesi.
Seguono i nomi del primo gruppo di persone che lo affiancò e va anche segnalato un passaggio dal quale si capisce nonostante l’omissis, che Schiavone ha fatto i nomi di un gruppo di imprenditori che definisce di fiducia e di riferimento rispetto a lui.