CAMORRA. Il pentito rivela: “A casa di un noto politico la riunione della finta pace tra gli Schivone e il bardelliniano Sebastiano Caterino, che poi fu ammazzato”

8 Luglio 2019 - 18:45

S.MARIA C.V. (Tina Palomba) – Il collaboratore di giustizia del clan dei Casalesi, Giuseppe Misso, 50 anni di San Cipriano, pentito dal 2015, ha parlato per oltre tre ore dinanzi ai giudici e avvocati in Corte di Assise di Santa Maria Capua Vetere (presidente Giovanna Napolitano, pm Maurizio Giordano e Alessandro D’Alessio Dda di Napoli), sul delitto di Sebastiano Caterino, al processo a carico dell’ex sindaco di Capua e noto chirurgo del Cardarelli, Carmine Antropoli (arrestato a febbraio di quest’anno e attualmente agli arresti domiciliari a Rivisondoli), di Armando Porciello, 47enne di Capua, dell’ex consigliere comunale Marco Ricci, dell’ex assessore Guido Taglialatela e dell’imprenditore Francesco Zagaria, “Ciccio e’ Brezza”, direttamente interessato dall’udienza odierna, dato che è l’unico imputato di questo processo che deve rispondere dell’omicidio di Sebastiano Caterino, avvenuto a Santa Maria Capua Vetere il 31 ottobre 2005.
Episodio che ha già scritto molte altre pagine giudiziarie e ha determinato altre sentenze e che è entrato anche nell’ordinanza di Capua in cui sono coinvolti Antropoli e gli altri imputati, che però con questo delitto non hanno alcuna relazione di coinvolgimento.

Per gli inquirenti l’imprenditore Zagaria, come ha confermato oggi Misso, avrebbe svolto un ruolo di supporto ai killer di Caterino su ordine del clan dei Casalesi.

L’ordine di morte per uccidere Sebastiano Caterino partì da Francesco Schiavone Cicciariello – ha detto Misso, confermando quello che è impresso nelle sentenze già pronunciate – Vi erano stati già altri tentativi di uccidere il boss che era stato sempre considerato un nemico di vecchia data per Cicciariello soprattutto nel territorio di San Cipriano. Un tentativo di ucciderlo avvenne ad opera di Bianco nel 2003 nei pressi della Paletta D’Oro a Santa Maria Capua Vetere, a 300 metri di distanza da dove poi sarebbe stato effettivamente ammazzato. Ma Caterino era molto scaltro da quando si era trasferito a Santa Maria Capua Vetere era molto diffidente. Una volta sono stato pure io casa sua. Faceva le riunioni in un garage e naturalmente quando sono stato da lui era solo per una finta pace tra il gruppo Schiavone e quello di Caterino che si appoggiava ai Fava. Gruppo che stava in contrasto con i Bellagiò per la vendita della droga. Sulla finta pace ricordo pure la data il 4 ottobre del 2003, a casa di un noto politico di San Cipriano, mio caro amico, che mi aveva prestato una delle sue abitazioni nel corso di una riunione in cui erano presenti Francesco Schiavone Cicciariello, Michele Zagaria, Nicola Panaro , Oreste Caterino. Fui proprio io a pensare di scrivergli una lettera prima scritta a mano e poi ricopiata a computer e firmata da Cicciariello in cui si rassicurava di questa finta tregua con Caterino. Ma era una pace a trucco per farlo uscire allo scoperto. La lettera fu consegnata a casa della madre di Caterino. Da quella data cominciò l’organizzazione dell’omicidio“.

I pentiti Panaro, Nicola Schiavone e Benito Natale saranno ascoltati dopo le trascrizioni delle deposizioni come richiesto dalla difesa (Mauro Iodice) per Antropoli presente questa mattina in aula. Nel collegio difensivo presenti anche gli avvocati Leone, Marrocco, De Micco e Stellato.