LE FOTO CASERTA. Il Banco di Napoli costretto a blindarsi in un centro cittadino allo sbando

3 Settembre 2019 - 18:10

CASERTA – (pasman) La città capoluogo – l’aggregato urbano che, attraverso i suoi apparati politico amministrativi ed istituzionali, dovrebbe assicurare i servizi pubblici essenziali alla propria comunità di cui dovrebbe favorire lo sviluppo economico e sociale, è completamente senza bussola.

La salute pubblica – a quanto pare – non è affare del sindaco, al quale, sebbene prima autorità sanitaria cittadina e che trova il tempo persino di arrovellarsi per trovare al centro sociale ex-canapificio una nuova sede dopo la chiusura giudiziaria, per colpa di questo stesso, di quella storica, sembra interessare poco o nulla che – solo per dire – presso l’ospedale cittadino manchi il sangue per gli interventi operatori anche d’urgenza. O che il pronto soccorso sia “una bolgia dantesca” o, ancora, che d’improvviso centinaia di pazienti epatici vengano a trovarsi senza cure effettive, se non quelle aleatorie assicurate burocraticamente sulla carta, per l’incapacità gravissima degli uffici ospedalieri di sostituire i due medici del reparto, la cui cessazione dal servizio era nota con ampio anticipo.

Ma la politicizzazione di tali ambiti è tale che, tacitamente, tra esponenti politici non si interferisce nei rispettivi campi di azione amministrativa, anche se funzionalmente subordinati in qualche modo.

Non ne parliamo, poi, del problema dei rifiuti urbani.

Con la montagna di soldi buttati e con le fortune assicurate al sottobosco di speculatori e faccendieri che si determina in tale contesto lucrativo, siamo pressoché all’anno zero. Pare come se questo servizio fosse reso alla città per la prima volta e non si sappia da che parte cominciare e si sia quasi al pionerismo.

Persino il ministro dell’ambiente, Sergio Costa, come il classico asino in mezzo ai suoni, in queste ore si sorprende come non si intervenga contro il fenomeno dei roghi tossici, …di cui pure si conosce tutto…ha avuto a dire, quasi che lui non c’entrasse nulla. E’ come se finora non siano esistiti commissari straordinari o non si siano finanziate costose operazioni speciali, dai nomi suggestivi quanto vuote e dai risultati inconcludenti, da Strade Pulite, a Strade Sicure, a Terre dei Fuochi. E ora si vorrebbe attivare un’ennesima cabina di regia.

Quanto al decoro urbano della città, esso non è preso minimamente in considerazione, benché le proteste sul degrado generalizzato che si vive nelle strade e nei luoghi pubblici siano oramai collettive. Ma la materia è impolitica, poiché le manifestazioni di inciviltà, di abuso e di abbandono sono talmente tante e profonde che metterci mano significherebbe farsi molti nemici in vista delle future tornate elettorali. E dunque si fa finta di niente.

E superando persino ogni immaginazione. Difatti, avevamo creduto e scritto (vedi il nostro articolo del 26 giugno scorso) che, per le Universiadi, il sindaco e le altre autorità cittadine avrebbero perlomeno provveduto, per decenza, a sanare gli sconci più macroscopici della città, come quello dei bivacchi di barboni in via Battisti o quello dei lavavetri ai semafori, quasi sempre stranieri clandestini ed abusivi.

Invece niente. La città, che si crede a vocazione turistica, ed il suo hinterland sono stati presentati, alle delegazioni straniere giunte da tutto il mondo, in modo nature.

E forse, non a caso, uno dei primissimi incidenti legati alla manifestazione atletica – si ricorderà – fu l’investimento di uno di quegli stranieri irregolari ad un semaforo, da parte di una vettura dello staff organizzativo, il cui conducente non si aspettava, evidentemente, che su una strada veicolare si potesse agire a quella maniera incontrollata.

Piazza Amico è diventata oramai il ritrovo di persone che, sin dalle prime ore della mattina, in ozio, si danno a bere, questionando tra di loro.

Ad oggi, a Caserta ogni azione di contrasto è sparita, come dimostrano esemplificativamente l’anarchia che regna durante la movida, o piazza Dante dove macchine e motorini fanno quello che vogliono, oppure piazza Carlo III, usata liberamente per ogni scopo che passi per la testa a chiunque ed a proposito della quale non si capisce che benefici abbia tratto dagli ingenti stanziamenti per i giochi universitari, se sono consistiti nell’aver sistemato qualche mattonella e qualche fanale rotto. Ma il discorso dell’abbandono vale per tutta la città – e figurarsi le periferie –  perché questi non ne sono che i casi emblematici.

Da qualche tempo fa, il Banco di Napoli di piazza Amico, esasperato dall’occupazione indecorosa e molesta subita da mesi e mesi da un gruppo di vagabondi installatisi stabilmente nei vani esterni delle sue vetrate, non ricevendo risposte pubbliche si è munita di grate protettive. Niente da fare. Una primaria operatrice economico-finanziaria, essenziale per lo sviluppo del territorio, non trova il bene di poter esercitare in condizioni normali, civili, poiché quelli – emarginati sì, ma più che impenitenti – sono tornati. Vogliono stare lì e lì solo.

Nella foto, una mendicante che abitualmente si trova in via Battisti con una bambina di cui nessuno si dà pena, nonostante le leggi proteggano in maniera rigorosa i minori in situazione di disagio o a rischio.

 

 

E stessa sorte sta subendo la nuova ed accurata farmacia trasferitasi da poco nella strada e già circondata da questuanti vari.

 

Ora, come abbiamo sostenuto già altre volte, non abbiamo ovviamente niente contro i barboni, anche perché il barbonismo, il dropout, non sono una novità, esistendo da sempre ad ogni latitudine. Che uno voglia dissipare la propria esistenza tra l’inedia e l’alcol ed emarginarsi volontariamente dalla comunità civile, anche quando questa gli voglia dare una mano, non ci sorprende per niente. Sbalordisce, invece, che per considerazioni pseudo-umanitarie, c’è chi pretenda che a costoro si lasci fare ciò che vogliono.

Ma quello che è davvero incomprensibile è il disinteresse, l’impassibilità dei poteri pubblici, rispetto a questi e a tutti gli altri fenomeni di abbandono della città. Hai voglia, dunque, decreti sicurezza uno e due o poteri suppletivi. Qui non si intende intervenire !

E le classiche scuse oramai non reggono più. Gli organici carenti, le leggi lacunose, sono pretesti belli e buoni, laddove le violazioni avvengono persino sotto gli occhi degli operatori e la panoplia delle norme di contrasto non è mai stata così fornita. Ed a riprova, basta spostarsi di alcuni chilometri, in qualche altra città turistica campana, per accorgersi che, se si vuole, è possibile garantire un minimo di decenza nelle città. Sempreché gli amministratori locali non abbiano la testa solo ai loro affari ed alle prossime elezioni per garantirsi la cadrega, perché qui da noi si fa presto a raccattare quattro voti clientelari.