Il boss pentito fornisce della spiegazioni più precise, più meticolose, a partire dagli appostamenti, sostanzialmente falliti, realizzati all’inizio di settembre 2003 da elementi significativi ma non di “prima scelta” del clan dei casalesi. Questi fallimenti indussero Cicciariello a chiedere ad Antonio Iovine di insediarsi lui nell’abitazione di Alessandro Moronese il quale sapeva solo…
SANTA MARIA CAPUA VETERE – Il fatto che il duplice omicidio di Sebastiano Caterino e del nipote Umberto de Falco sia stato argomento di centinaia di articoli, non vuol dire che ogni minimo dettaglio sia stato raccontato. E allora, diventano utili certe narrazioni fatte da collaboratori di giustizia, ritenuti altamente attendibili dall’autorità giudiziaria com’è sicuramente Antonio Iovine, il quale, essendo uno dei tre capi del clan dei casalesi, ha una conoscenza complessiva sui complicati movimenti organizzativi di questo agguato, come la potevano avere solamente Francesco Schiavone Cicciariello, Michele Zagaria, Peppinotto Caterino e forse Vincenzo Schiavone Petillo a cui fu affidata la gestione militare dell’agguato.
E
Caterino aveva una scorta armata e se poi volete conoscere come andarono a finire le cose a Castel Volturno, ci sono tre puntate dettagliatissime del nostro focus, facilmente ritrovabili nelle sezioni cronaca nera e Santa Maria Capua Vetere.
Nel teatro sammaritano, invece, furono, così racconta Antonio Iovine, eseguiti i primi appostamenti senza esito presso l’abitazione di Alessandro Moronese, sita in via degli Etruschi. Qui erano coinvolti Massimo Vitolo, Vincenzo Schiavone Petillo, Vincenzo conte e alternativamente Romeo Stabile aversano, Mario Mauro, Antonio Monaco e Salvatore Laiso. Dei secondi appostamenti invece, coinvolsero i sanciprianesi, Giuseppe Misso e Nicola Panaro. Gli appostamenti avvennero con due Alfa 166, di cu una rubata dopo il 19 ottobre 2003. Da allora in poi parteciparono anche Massimo Vitolo, Vincenzo Conte, Vincenzo Schiavone, Enrico Martinelli, Pasquale Spierto, Bruno Lanza, Francesco Zagaria come specchiettista e Claudio Virgilio.
Per quel che riguarda Moronese, invece Massimo Vitolo sostiene che “non era assolutamente a conoscenza del fatto che ci appoggiavamo presso la sua abitazione per commette un omicidio, piuttosto sapeva che presso la casa spesso ci incontravamo con gli imprenditori da estorcere“.
Il dettaglio potete leggerlo nello stralcio che pubblichiamo qui in basso.