Antropoli porta il “caso-Provisier” davanti alla Cassazione. Il nostro punto di vista su una magistratura che spesso continua a farsi del male da sola

9 Aprile 2022 - 15:33

L’arroccarsi dietro alla lettura testuale della normativa vigente non rappresenta, infatti, secondo noi, un modo per riconquistare la fiducia dei cittadini. Dal corpo giuridico vanno eliminate tante scorie. E non è possibile che un giudice, che da Gip ha arrestato delle persone nell’ambito di un primo stralcio di un’indagine, possa andare a fare il Gup nell’udienza preliminare relativa allo stralcio e dunque ad un secondo filone partito dalla stessa indagine, valutando se rinviare a giudizio o meno le persone che arrestò tre anni fa per questioni che sono all’interno, sostanzialmente e sostanziosamente all’interno, anche dell’ultimo filone giudiziario arrivato alle soglie dell’udienza-filtro

CAPUA (gianluigi guarino) – E’ arrivato all’udienza preliminare lo stralcio o secondo filone processuale dell’inchiesta che fa perno su Francesco Zagaria Ciccio e’ Brezza, da qualche tempo collaboratore di giustizia, e che vede coinvolti Marco Ricci, Guido Taglialatela e Carmine Antropoli, fatto giudiziario ci permettiamo la licenza di ulteriori spiegazioni e declinazioni, dato l’enorme impatto mediatico e la conseguente pubblicazione di migliaia di articoli sull’indagine, sulle sue evoluzioni e sul processo in atto al tribunale di Santa Maria Capua Vetere

Al riguardo, di qui a poco la corte di Cassazione chiuderà, in un modo o nell’altro, il confronto ingaggiato tra il tribunale di Napoli e i difensori di Antropoli che hanno chiesto la ricusazione

del giudice dell’udienza preliminare Fabio Provvisier, incrociando un primo verdetto negativo da parte della corte di Appello di Napoli, che ha rigettato l’istanza dei legali dell’ex sindaco di Capua.

Quando si affrontano argomenti del genere riteniamo di aver accumulato qualche benemerenza o almeno qualche minimo requisito cognitivo perché, se fossimo tonti e capissimo una riga al giorno, avendo letto, con grande passione e con uguale abnegazione, negli anni decine di migliaia di pagine relative a provvedimenti giudiziari, qualcosina – seppur da autodidatti – ce la saremo pure portata a casa.

Non sappiamo come si pronuncerà la Cassazione sul ricorso dei legali di Antropoli. Mentre sappiamo bene come si pronuncerebbe il tribunale del buon senso, la giurisprudenza del buon padre di famiglia, la dottrina della buona creanza di una magistratura che in talune circostanze sembra assumere quasi di proposito atteggiamenti che ne riducono la credibilità agli occhi dei cittadini, dando così fiato e spazio ai tanti mariuoli che popolano, soprattutto qui da noi, le stanze delle pubbliche amministrazioni elettive e non elettive.

Ma scusate, è mai possibile che lo stesso magistrato, in quel caso in versione Giudice per le indagini preliminari, che nel febbraio 2019 ha arrestato Antropoli, accogliendo la richiesta dei pubblici ministeri sammaritani Alessandro D’Alessio e Maurizio Giordano, possa decidere ora, assumendo un’altra veste giurisdizionale, cioè quella di Giudice per l’udienza preliminare, sul rinvio a giudizio dello stesso Antropoli in base all’istanza inviatagli dallo stesso Pm che gliela inoltrò, chiedendogli di firmare degli arresti in quanto Gip, ribadiamo, in quanto Giudice per le indagini preliminari.

Attenzione: la funzione del giudice Provvisier, sindacata dagli avvocati difensori di Antropoli, non è chiamata ad esprimere la sua potestà su un’indagine concettualmente, tematicamente differente rispetto a quella su cui lo stesso Provvisier ha svolto a suo tempo la sua funzione di Gip, firmando diversi provvedimenti di custodia cautelare in carcere, tra cui anche quello a carico del noto chirurgo capuano, bensì lo stralcio, la seconda parte della storia, le ulteriori contestazioni frutto di quello che è emerso nell’indagine che a suo tempo convolse anche esponenti della nota famiglia imprenditoriale dei Verazzo.

Ora, può anche darsi che in punto di diritto possa essere un fatto attuabile, regolare, lecito, legittimo.

Ma se è attuabile, ci troviamo di fronte ad una grave distorsione, inflitta al buon senso e alla credibilità della magistratura, da una normativa che, su tali cose, non può non essere riformata, dato che, se così non fosse, ciò potrebbe accadere solamente per effetto di un arroccamento corporativo delle toghe e non certo per l’affermazione nitida, trasparente, oseremmo dire naturale, del buon senso che dovrebbero essere prima di tutti e soprattutto i magistrati a perseguire.

Nel caso specifico, l’ottimo Provvisier, di cui abbiamo scritto benissimo in diverse occasioni, al nostro sommesso avviso (poi, per carità, non siamo dei giuristi, anche se della disciplina della Logica ne sappiamo e ne sappiamo anche molto di più di tanti magistrati) avrebbe dovuto fare lui un passo indietro, proprio per evitare strumentalizzazioni, proprio per evitare che gli imputati potessero appellarsi ad una situazione effettivamente bislacca, bizzarra, perché, tra le altre cose, se un gip, relativamente all’argomento di un’indagine ha maturato una convinzione, per quale motivo dovrebbe modificarla, nel momento in cui è chiamato di nuovo a gestire una fase processuale su un fascicolo differente per numero cardinale che lo definisce, ma intimamente, strutturalmente, logicamente connesso a quel primo filone dell’indagine?

E d’altronde, in virtù di quella logica che comprende non solo la lettura del diritto, ma anche, anzi, soprattutto in nome degli altissimi principi liberali, maturati in un processo storico-filosofico durato millenni e sul quale si è permeata tutta la civiltà occidentale da Socrate, Platone e Aristotele in poi, non potrà mai essere il Gup, se dentro allo stesso procedimento il Gip, cioè colui che arresta, che rende esecutivi divieti, che firma misure cautelari, restrittive, a diverso titolo e a diversa gradazione della libertà personale, nel momento in cui gli ex-indagati, divenuti imputati nell’attimo preciso in cui il Pm ne ha chiesto il rinvio a giudizio, è impossibile non considerare di dubbia equità, di dubbio buon senso che un Gip che ha lavorato alla traslazione requirente del lavoro inquirente dei Pm al primo stralcio di un’inchiesta giudiziaria, possa poi “togliersi la maglietta” di Giudice per le indagini preliminari, indossare quella di Giudice per l’udienza preliminare (e fino a qui ci siamo) e andare (e qui non ci siamo) a decidere se rinviare a giudizio o meno quegli imputati che sono esattamente gli stessi che lui ha arrestato da Gip.

Veramente, parafrasando un’antica battuta di Beppe Grillo, c’è da uscire pazzi E ci dispiace, perché la magistratura, soprattutto al sud, soprattutto in Campania e in provincia di Caserta, resta l’unica speranza per cercare di mettere mano al marciume corruttivo che tracima copioso, ormai senza alcun freno inibitore, dal calderone mefitico, puzzolente della pubblica amministrazione nostrana.

Tenere in vita una normativa del genere significa solamente fornire l’idea alla gente, all’opinione pubblica che le toghe si sentono tanto forti, tanto importanti, tanto potenti, tanto intoccabili. Ciò grazie alla gestione dell’ormai proverbiale tintinnio di manette, al punto da potersi consentire cose che un qualsiasi altro cittadino, forse qualsiasi altro potere dello Stato, qualsiasi altra funzione non si possono consentire.