ATTENTATO di CAMORRA. Torna “in grande stile” il Clan dei casalesi. Giovani e vecchi insieme hanno colpito un grande laboratorio d’analisi e (forse) anche il rogo Asi è opera loro

20 Settembre 2021 - 13:28

Vi spieghiamo perchè, richiamandoci anche a due fondamentali articoli, da noi pubblicati nelle scorse settimane, durante il lungo focus sull’ultima ordinanza collegata a Walterino Schiavone, Armando Diana e co, è difficile non inserire nel novero delle possibilità, anzi delle altre probabilità, le fiamme che altissime si sono levate giovedì scorso davanti alla New Technology and Service e alla We Work. L’importanza dei target fa capire che la riorganizzazione c’è e che questi atti non sono prodotti da cani sciolti o da estemporanei

 

FRIGNANO/TEVEROLA – (Gianluigi Guarino) E’ difficile, molto difficile, per scienza e storia di questa provincia malandata e soprattutto della sua area più popolosa, cioè quella dell’agro aversano, ritenere che il disastroso incendio scatenatosi qualche giorno fa dentro e attorno al capannone delle New Technology and Service e We Work, società insediate nell’area Asi del comparto di Aversa nord, nel perimetro del comune di Teverola, possa essere frutto di un evento casuale, di una fatalità, di un colpo di sfortuna.

Non è certo la ricerca di spunti sensazionalistici a suggerire forzature, incrementi, amplificazioni di una notizia che in una qualsiasi altra parte del territorio italiano, che non ha vissuto gli anni vissuti dalla provincia di Caserta e dall’agro aversano in particolare, andrebbe posta rovesciando l’onere della prova in modo tale che dovrebbe essere chi propende per l’attentato, per l’intimidazione, per il fatto di natura dolosa a doverlo dimostrare anche attraverso elementi tecnici.

Non noi, dunque, ma è la storia di quel territorio, dei mille attentati realizzati dalla camorra, dal clan dei casalesi, a decidere, a definire, a rendere seria l’istanza affinchè l’onere della prova vada ribaltato e che tocchi a chi propende per una motivazione fortuita, casuale, dimostrare che dietro a quell’incendio non ci sia nulla di losco. Ci rendiamo conto che le nostre premesse sono sempre un pò lunghette e possono anche risultare noiose, ma per noi è doveroso esplicitare la radice, la ragion d’essere di certe nostre affermazioni. E’ doveroso perchè purtroppo il giornalismo in questa provincia ha rappresentato un anello debolissimo della sua struttura civile e democratica.

E allora, per evitare di confonderci in una considerazione dozzinale e comoda che imputa alla camorra quell’incendio, giusto per incrementare il numero delle visite, dobbiamo, ripeto, dobbiamo articolare una premessa che chiarisca e che esprima la qualità della nostra valutazione, del nostro calcolo delle probabilità.

Il maxi incendio delle New Technology and Service e We Work è stato così impattante, così vistosamente visibile perchè le fiamme hanno attinto una zona di smistamento dei pezzi di ricambio prodotti da quelle aziende, dove insistevano migliaia di contenitori in polietilene altissimamente infiammabile. Infiammabili e potenzialmente pericolosi, come si è potuto ben capire da quel fumo nero e denso, sprigionatosi e che per l’intero pomeriggio e anche per la serata ha costretto decine di migliaia di residenti di quella zona, quella nord della città di Aversa, Teverola, Carinaro, Casaluce, Gricignano, a rimanere tappati in casa per evitare prudentemente ogni contatto con quella biblica scena, con quella enorme emissione.

Insomma, in qualsiasi altro sito della fabbrica si fossero sviluppate le fiamme, queste non avrebbero creato il disastro, l’inferno che hanno poi determinato. Se si voleva causare un danno enorme ma soprattutto si voleva dare l’idea di un fatto causato da chi è in grado di realizzare attentati di questa consistenza, la missione è pienamente riuscita.

L’incendio delle New Technology and Service e We Work è avvenuto giovedì scorso, cioè il 16 settembre. Poco più di due settimane prima, nottetempo, in quel di Frignano, una sventagliata di proiettili aveva colpito le strutture di ingresso del laboratorio Amato Salus. Una struttura sanitaria convenzionata di ragguardevoli dimensioni.

Difficile escludere che ci sia una relazione tra i due episodi. Non è detto affatto che questa relazione sia diretta e che magari chi ha colpito a Frignano lo abbia fatto anche a Teverola. Ma se questa circostanza non è in cima al novero delle possibilità, se dunque possiamo ritenere improbabile l’esistenza di un filo rosso, cioè di una strategia della tensione attuata dalle stesse persone, dagli stessi criminali, dimostratisi in grado di colpire prima a Frignano e poi nell’area Asi, molto più nei fatti, molto più probabile è l’esistenza di un filo logico cioè di una consistente ripresa di quella che è stata per decenni la principale attività del clan dei casalesi: le estorsioni con le quali poi sono stati finanziati i corposi investimenti che i boss, a partire da Michele Zagaria, hanno realizzato nel settore delle grandi opere, dei movimenti terra e via discorrendo.

Chi ha conosciuto gli usi e costumi della camorra dei vecchi fondatori e chi è in grado di rapportare quella narrazione al racconto del presente, cioè di quello che si legge nelle ultime ordinanze emesse dal tribunale di Napoli su richiesta della Dda, sa che esiste una continua tensione, un tentativo in atto per ricostruire i fili interrotti dalle indagini dell’autorità giudiziaria e dalle centinaia e centinaia di arresti che ,di questa, sono stati conseguenza. Dalle ordinanze del presente (l’ultima da noi analizzata è quella che ha al centro la figura di Walterino Schiavone, figlio di Francesco Schiavone Sandokan) si capisce che il brodo di coltura, che l’educazione, che l’ossigeno respirato dalle nuove leve del clan, nelle loro famiglie, nelle loro case sontuose, è stato quello contaminato dalla mentalità e dalla prassi criminale dei loro padri o addirittura dei loro nonni.

Vogliamo ricordare, al riguardo, l’episodio da noi sottolineato, anzi sottolineatissimo, della atroce conversazione intercettata tra Armando Diana, luogotenente di Walter Schiavone nella vicenda della gestione delle aziende di distribuzione dei prodotti lattiero caseari e la sua figlioletta (LEGGI QUI)

, una bambina a cui il papà trasmette le linee valoriali, il disegno aberrante e aberrato che definisce il mondo dei buoni da quello dei cattivi, mettendo in quest’ultimo, i carabinieri, lo stato, cioè i nemici di papà, della sua famiglia e dunque anche di quella bambina che a 18 o 20 anni sarà completamente sintonizzata con i punti di vista e le visioni del mondo di chi svolgerà a quel tempo attività criminali.

Il fatto che si sia pentito Nicola Schiavone, cioè il figlio maggiore ed erede designato di Francesco Schiavone Sandokan, significa qualcosa, ma fino ad un certo punto. Perchè quel meccanismo che serve ad alimentare le giornate di un giovane di Casal di Principe abituato alla vita comoda, al lusso garantitogli dal danaro guadagnato illegalmente da suo padre, da suo zio, non potrà fermarsi. E d’altronde, sempre ritornando all’ordinanza su Walterino Schiavone, c’è un’altra conversazione emblematica, paradigmatica che fa capire tutto. Di fronte ai rimproveri e alle preoccupazioni esternate da sua madre per la vita che fa e per le sue frequentazioni, Armando Diana (LEGGI QUI) la zittisce dicendo che lui per campare ha bisogno di decine di migliaia di euro al mese, visto e considerato che l’impronta esistenziale è stata impressa nella sua vita da chi nella famiglia lo ha preceduto e lo ha abituato a mantenere un certo tenore di vita.

Colpire due obiettivi del livello di Amato Salus, non è roba per “scappati di casa”, per cani sciolti o per delinquenti improvvisati. Nell’attentato di Frignano sicuro e in quello di Teverola probabile, c’è una capacità organizzativa, un’esperienza, un portato, un’impronta, in pratica, una storia di cose viste e sentite, di azioni che magari oggi i giovani della camorra, i nuovi esponenti del clan dei casalesi possono realizzare anche grazie al consiglio di qualche vecchia leva, di qualche anziano, in grado di seguirli operativamente mettendo la sua esperienza a loro disposizione.

Ecco dunque qual è il momento dell’agro aversano. E riteniamo che le cose siano anche destinate a peggiorare, con l’uscita dal carcere di altri significativi “figli di…” o “nipoti di…” o di “cugini di….”. Sta alle forze dell’ordine e alla magistratura inquirente stroncare sul nascere quello che si rappresenta come l’inizio di una strategia della tensione, attivata con attentati clamorosi, visto che possano anche dare un segnale a tutti gli imprenditori che negli ultimi anni, grazie alla disarticolazione del clan, hanno potuto respirare, che la ricreazione è finita e che dunque dovranno pagare il pizzo, pena la distruzione materiale delle loro attività.