AVERSA. Che stilettata Carmine Palmiero al suo “amico” Alfonso Golia: “Traditi i nostri ideali, siete diventati ciò che criticavate”

22 Aprile 2020 - 11:39

Pesanti gli strascichi di un rimpasto di giunta in cui sostanzialmente il primo cittadino si è consegnato, non tanto a Stefano Graziano, ma alla politica, a nostro avviso, tossica, di quest’ultimo e la reazione è arrivata da chi meno ci si potesse attendere

AVERSA – (Gianluigi Guarino) Carmine Palmiero ha combattuto con durezza, determinazione e anche con non comune entusiasmo, il sistema di potere instaurato da Enrico De Cristofaro, all’indomani della rottura tra quest’ultimo e il gruppo di Noi Aversani, di cui Palmiero faceva parte.

Questo gli va riconosciuto. E gli va anche riconosciuto di essere riuscito a coinvolgere l’allora consigliere comunale di opposizione Alfonso Golia nel suo format di un’opposizione non convenzionale, non rituale, non conformista, costituito da tantissime denunce formulate attraverso lo strumento del social web, ma, più in generale, su un impegno full time che, per passione e per chiara individuazione delle tematiche affrontate, tutte riguardanti i problemi vivi della città, è apparso, finanche ai nostri occhi, largamente diffidenti rispetto all’azione di ogni politico o pseudo tale, intellettualmente onesto e proiettato alla costruzione di un’alternativa vera, dunque, non fondata solo sulle dinamiche poltronare, ma anche su una visione nuova e più pulita dei processi amministrativi finalizzati a dar senso politico a quelle battaglie, in modo da non relegarle solo in una ridotta meramente testimoniale.

Alfonso Golia è rimasto legato a quella esperienza comune. Ma l’ha inquadrata, evidentemente, con una lente più politicista. Ha riconosciuto, politicamente, il lavoro di Palmiero, gli ha anche dato una mano significativa in campagna lettorale, ha fatto argine davanti alle rivendicazioni di Paolo Santulli che certo bene non è rimasto di fronte ai no perentori opposti dall’allora neo sindaco, alla sua richiesta di diventare presidente del consiglio comunale.

Dinieghi legati all’intesa stretta con Palmiero e all’impegno, con questi assunto, di propiziarne e poi determinarne l’elezione al vertice del consiglio comunale normanno.

Compiuta l’operazione, Alfonso Golia, proprio per effetto di quella valutazione politicista del percorso esperenziale fatto insieme a Carmine Palmiero e, forse, grazie a Carmine Palmiero, nei banchi dell’opposizione, ha ritenuto di aver saldato un debito che il sindaco non avvertiva come debito morale, ma come debito politico o meglio, così come diciamo noi spesso che ancora tentiamo di salvare la nobilità e la purezza della parola “politica”, di tipo politicista.

Della serie: caro Carmine, tu mi hai entusiasmato e trascinato nell’azione politica di opposizione che tanto ha contato per la caduta dell’amministrazione precedente e per la mia candidatura a sindaco. Io, ora, mi sono sdebitato, facendoti votare da molti miei elettori alle comunali e adempiendo alla promessa di farti diventare presidente del consiglio.

Partita chiusa? No. E qui forse viene fuori quella crepa nascosta sotto la base apparentemente solida ed uniforme della “simpatia” e della “empatia” che sembravano contraddistinguere sempre il rapporto tra questi due giovani, divenuti fattori determinanti della politica aversana.

Il post che ha pubblicato ieri Carmine Palmiero diventa, al riguardo, illuminante. Per lui sembra contare più il progetto, il contenuto, l’identità effettuale di un cambiamento da non relegare nell’ufficio delle cose perdute, dopo averlo utilizzato lessicalmente e politicamente in campagna elettorale, che le conseguenze pratiche sottese ad un accordo politico.

Da presidente del consiglio comunale, da fratello siamese di Alfonso Golia, vale infatti doppio, se non triplo, la dichiarazione secca, perentoria, depositata nel suo profilo facebook: “Il problema serio è che siete diventati tutto ciò che criticavate.

Più che un giudizio, un epitaffio con cui Palmiero comunica la delusione e la disillusione rispetto alle persone che hanno condiviso il cammino elettorale di Alfonso Golia. Ma è chiaro che dietro l’uso del plurale, si vede e si vede bene, seppur ancora protetto da una sottilissima filigrana, un singolare grande come un palazzo del centro di una metropoli.

Questo messaggio è, infatti, indirizzato al suo amico: ci siamo presentati alla città, sembra dire il presidente del consiglio comunale, come i giovani del cambiamento, dell’innovazione, del ventunesimo secolo, in grado di fare un’autentica rivoluzione, spedendo in pensione, non solo gli uomini e le donne del passato, ma soprattutto i loro metodi di governo, fondati sulla conservazione e sul consolidamento di un potere, esercitato al servizio degli interessi personali e/o lobbistici.

Insomma, una dichiarazione che pesa come un macigno e che riveste un grosso significato politico, senza scomodare, naturalmente, paragoni storici e ce ne sarebbero molti, con rivoluzioni che hanno poi tradito gli ideali che le avevano irrorate di entusiasmo e di partecipazione, lasciando sul terreno morti, feriti e soprattutto amicizie apparentemente granitiche e molti disillusi anche tra chi, di quelle rivoluzioni, era stato creatore e fautore.

Cosa succederà adesso? Nulla di eccezionale. Alfonso Golia sembra essersi perfettamente ambientato nella riproposizione degli schemi del passato, al punto da aver già arruolato una riserva di sopravvivenza nei banchi della presunta minoranza (Innocenti e Olga Diana sono stati già messi a disposizione da Giovanni Zannini) qualora in gruppo dei 5, pardon, dei 4 perchè uno si è già staccato, dovesse continuare a fare dissidenza.

Ora, se Carmine Palmiero vuole rimanere coerente rispetto a ciò che ha scritto in questo post, può anche pensare di conservare la sua carica di presidente del consiglio comunale, ma da quella cattedra, avendo assunto, a questo punto, un ruolo politico frutto del dissenso profondo per quello che è successo nella vicenda del rimpasto, dovrà pubblicamente testimoniare i valori in cui crede, partendo da una interpretazione autenticamente super partes del ruolo che svolge.

Sembra paradossale che l’assunzione di un ruolo politico da parte di una carica, almeno in teoria istituzionale, porti ad una identità realmente al di sopra delle parti, dunque con la caratterizzazione proprio di tipo istituzionale. Ma nel caso specifico, questa apparente antitesi diventerebbe una ridefinizione nobile della funzione di presidente del consiglio comunale che avendo assunto in occasione del rimpasto, una posizione politica forte e perentoria, dà riscontro alla stessa, attraverso la cura intransigente della sua identità di garanzia.

Ciò, Palmiero, lo deve fare anche a rischio di perderla, quella poltrona.

Insomma, nelle prossime settimane andremo a misurare il vero grado di “nobilitate” contenuto in questo post, scritto, non a caso, utilizzando un carattere grafico grande, marcato. Solo dall’assunzione di un proprio profilo individualmente leggibile e seppur parte di una maggioranza in grado di assumere posizioni critiche verso la stessa, quando lo riterrà giusto, si capirà se Carmine Palmiero avrà o meno la forza di diventare una sorta di riferimento per chi crede in una politica diversa e per chi apprezza la coerenza, abbracciata oggi, con questo post, da chi, magari, in passato, forse a causa di errori di gioventù, questa virtù non ha praticato.

 

QUI SOTTO IL POST DI CARMINE PALMIERO