CAMORRA E BUSTE DI SOLDI. “Che abbiamo il negozio?”. La sorella degli imprenditori Rea se la ride per le “strane magliette” chieste dal faccendiere di Nicola Ferraro. Ecco chi avrebbe aiutato a fare il cash con le fatture false
11 Giugno 2025 - 13:35

Nome in codice per i contanti, secondo una teoria, a nostro avviso credibile, dei magistrati Ranieri e Giordano della DDA di Napoli. I due milioni di euro sequestrati a casa di Giuseppe Rea sarebbero stati messi insieme anche grazie a delle fatture false da parte di imprenditori amici (non indagati): l’elenco delle società
CASERTA – Nei primi giorni dell’ottobre 2023, i carabinieri, coordinati dalla DDA di Napoli, portarono a termine una dei risultati più imponenti a memoria d’uomo rispetto al rinvenimento di denaro contante in un’abitazione perquisita. Si tratta del blitz legato alle indagini su Nicola Ferraro, imprenditore ed ex consigliere regionale, condannato in via definitiva per concorso esterno con il clan dei Casalesi, e sulla sua capacità di influenzare ancora oggi le procedure d’appalto relative al settore rifiuti e alla sanificazione nelle Asl di Caserta, Napoli e Benevento.
Non a caso, tra gli indagati c’è il direttore generale dell’Asl Caserta, Amedeo Blasotti, per il quale la procura antimafia ha chiesto la misura cautelare del divieto di dimora nella nostra provincia. A rischiare l’arresto, invece, oltre allo stesso Ferraro, al fratello, Luigi Ferraro, ci sono, ad esempio, il sindaco di Arienzo, dove Nicola Ferraro vive, e coordinatore provinciale di Forza Italia, Peppe Guida, ma anche tanti imprenditori (CLICCA QUI PER LEGGERE I NOMI), tra cui Giuseppe e Luigi Rea, fratelli nativi di Lusciano ma trapiantati a Caserta.
E torniamo alla perquisizione dell’ottobre 2023. A casa di Giuseppe Rea, infatti, i carabinieri scoprirono nascoste una montagna di banconote, pari a 2 milioni di euro, immediatamente sequestrate. Secondo gli investigatori e i magistrati, parte di questa cifra avrebbe avuto una fine molto chiara: le tasche di Nicola Ferraro, al quale gli imprenditori avrebbero pagato percentuali degli appalti conquistati nelle Asl campane, arrivati grazie all’intercessione di Nicola Ferraro.
Come arrivano a questa conclusione? Con qualcosa di cui già abbiamo scritto rispetto al caso delle magliette, per l’accusa trattasi di soldi contanti, consegnate ad Antonio Moraca (CLICCA E LEGGI), componente di una famiglia storica della città di Capua, ma soprattutto il faccendiere al servizio di Nicola Ferraro, secondo quanto hanno assunto gli inquirenti ascoltando le intercettazioni e soprattutto le parole di Domenico Romano, indagato in questa vicenda e che con i magistrati ha descritto chiaramente le dinamiche dei rapporti che vedevano, in cima, Nicola Ferraro.
A rafforzare questa ipotesi, i pubblici ministeri Maurizio Giordano e Vincenzo Ranieri inseriscono, in un passaggio dell’enorme richiesta di arresti presentati al Gip del tribunale di Napoli, un messaggio inviato da Moraca a Luigi Rea in cui si parlava di magliette e berrettini da consegnargli. E qui arriva la domanda che, rispetto a questo messaggio, fa la sorella degli imprenditori Rea, Marilena (non indagata), la quale risponde al messaggio di Moraca, inoltratogli dal fratello scrivendo, a nostro avviso giustamente: “Che abbiamo il negozio?“, salvo poi aggiungere: “Ti faccio sapere quando sono pronti“, forse intuendo che quel tono ironico, scanzonato della sua risposta non era condiviso dal germano Luigi, che infatti replica chiedendo di procurarglieli.
MA DA DOVE ESCONO I SOLDI-MAGLIETTE?
Quindi, avete capito che per i pm Ranieri e Giordano queste magliette, questi cappellini non esistono, bensì sono un nome in codice per soldi che poi saranno consegnati a Moraca, tramite di Ferraro, e portati a casa dello zio di quest’ultimo, Pietropaolo Ferraiuolo, a Casal di Principe.
E non è proprio una teoria campata per aria, visto che quando Moraca dice ai Rea di andare a ritirare magliette, questi esce con una busta arancione di medie dimensioni in mano, non proprio il classico contenitore di t-shirt. C’è da capire, però, come questi presunti soldi, questa fantomatiche magliette-cash si siano sviluppate.
Per ottenere il denaro contante da dare a Nicola Ferraro, i fratelli Rea avrebbero creato un sistema di fatture false. Queste fatture venivano emesse da diverse società che, secondo gli inquirenti, servivano solo a coprire l’attività illecita. La Uniced Srl dei Rea avrebbe infatti trasferito soldi verso aziende quali la Row Srls di Casaluce, amministrata da Luca Colurcio; la Pubbli & Management e la Pam Srl di San Nicola La Strada, gestite da Antonio Innocente; la Be Round Srls di Aversa, con a capo Antonio Migliore; e la Mes Srl di Napoli, intestata a Luigi Maione. Nessuna di queste società, spiegano i magistrati, ha realmente fornito i servizi fatturati. Detto ciò, nessuno degli imprenditori citati è iscritto nel registro delle notizie di reato come soggetto indagato.