CASERTA. COMUNE FUORILEGGE DAL SINDACO IN GIÙ. Violata una sentenza della Corte Costituzionale. Il vero passivo di bilancio non di 14 milioni e passa ma di circa 35 milioni di euro

24 Agosto 2020 - 19:30

I giudici della Consulta si sono pronunciati con chiarezza nel gennaio scorso, cancellando per incostituzionalità un comma di un decreto del governo Renzi che congelava, neutralizzava dei crediti fatti da Cassa Depositi e Prestiti ai comuni per pagare le imprese. Fatto gravissimo. Ora Fattopace dica tutta la verità a Roma

CASERTA (g.g.) – Cerchiamo di spiegarvela in parole semplici, ma dobbiamo comunque partire da un’affermazione, una nostra asserzione. Come capita nei grandi circhi o nelle gare di salto in alto di atletica leggera, il trapezista aumenta il grado di difficoltà dei suoi esercizi fino al limite dell’umanamente consentito, così come il saltatore alza l’asticella ogni qualvolta che supera indenne una misura.

In questi anni abbiamo raccontato centinaia di casi di violazioni di legge, documentando quelle nostre dichiarazioni con montagne di documenti. Non una sola volta abbiamo ricevuto una smentita o una querela. Per cui, quelle violazioni di legge ci sono state e purtroppo non hanno trovato, nell’esercizio dell’azione penale, un’argine che la democrazia pone verso chi legge e norme vìola.

Ma stavolta, Carlo Marino, il presunto assessore al Bilancio, Federico Pica (consentitecelo, questa volta la parola professore non riusciamo ad usarla), più l’altra professionalità del para-dirigente Girolamo Santonastaso, hanno voluto superarsi, stupire il mondo con effetti speciali, riuscendo addirittura a violare una sentenza della Corte Costituzionale, facendo finanche peggio rispetto a quello standard che la stessa Corte aveva stabilito nel momento in cui, su input di un’altra Corte, cioè quella dei Conti (come leggerete dall’estratto del dispositivo della sentenza costituzionale 4, pubblicata in gazzetta ufficiale il 29 gennaio del 2020), aveva colto nel bilancio Consuntivo del comune di Napoli, allorquando, nella voce dei crediti di dubbia esegibilità, aveva inserito molti milioni di euro di somme anticipate dallo Stato, attraverso Cassa Depositi e Prestiti, per pagare i debiti con le imprese fornitrici di beni e servizi, con titolo esecutivi. In termini tecnici si chiama anticipazione di liquidità.

La Corte dei Conti aveva scovato questi soldi nel citato fondo e ritenendo, giustamente, in maniera sacrosanta, che si trattasse di un debito che l’ente comunale aveva contratto con lo Stato e con la Cassa, che se si chiama di Depositi e Prestiti ci sarà un perché, si è rivolto alla Corte Costituzionale ravvisando, dunque, un profilo di gravissima illeggittimità contrastante con le norme della suprema carta, del comma 6, dell’articolo 2 del decreto legge 78 del 19 giugno 2015, poi convertito in legge il 6 agosto.

Un provvedimento con cui il governo Renzi, in pratica, poneva le condizioni per infrattare soldi che lo Stato prestava ai comuni e che non certo gli regalava.

Quando diciamo che il comune di Caserta è riuscito ad essere ancora più anticostituzionale di tutti gli altri comuni italiani che, come quello di Napoli, avevano, comunque nel rispetto della legge vigente dello Stato, infrattato i soldi nel Fondo crediti di dubbia esigibilità, è perché c’è la prova provata che nell’ultimo bilancio Consuntivo, approvato incredibilmente a luglio, nonostante il parere contrario del presidente del collegio dei revisori, Giuseppe Fattopace, i circa 20 milioni di euro di anticipazioni di liquidità, incassati dall’ente cittadino nel corso degli ultimi anni, non sono comparsi nemmeno nel Fondo crediti di dubbia esigibilità.

Se ri-fossero comparsi saremmo comunque di fronte ad una gravissima violazione di una sentenza che la Corte costituzionale aveva pronunciato ben 6 mesi prima e che dunque avrebbe dovuto essere assorbita da chi a questo punto non può nemmeno governare la contabilità di un condominio o di casa sua. Ma, come dicevamo, il comune di Caserta ha fatto di più. Questi 20 milioni non li ha messi da nessuna parte. Per cui, anche contabilmente, il bilancio Consuntivo approvato a luglio e ancora più farlocco di quanto pensavamo: non 14 milioni di euro formalmente dichiarati come disavanzo, bensì circa 35 milioni di euro. Che è il giusto disavanzo, quello che il comune dovrà necessariamente se non vuole fottersene così come se ne fotte di ogni legge e di ogni autorità, anche di una sentenza della Corte Costituzionale.

Seconda puntata della storia domani, con qualche dettaglio in più.

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, comma 6, del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78 (Disposizioni urgenti in materia di enti territoriali. Disposizioni per garantire la continuità dei dispositivi di sicurezza e di controllo del territorio. Razionalizzazione delle spese del Servizio sanitario nazionale nonché norme in materia di rifiuti e di emissioni industriali), convertito, con modificazioni, nella legge 6 agosto 2015, n. 125, e dell’art. 1, comma 814, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020).