CASERTA. Dimmi come parcheggi (male) e ti dirò chi sei

26 Aprile 2019 - 18:37

CASERTA (l.v.r.) – “Dimmi cosa mangi e ti dirò chi sei”, è una citazione del famoso gastronomo francese Jean Anthelme Savarin che scrisse nel 1825 il trattato “Fisiologia del gusto”, un campionario sul cibo e i suoi aspetti sociali. E allora abbiamo deciso di prendere questa frase e trasportarla su un altro mondo, su un’azione che è diventata automatica ma che può raccontare gli usi di uomini e donne di Caserta. Il modo di parcheggiare è capace di livellare gli strati sociali, portando tutti sullo stesso piano, divisi da una sola discriminante: chi riesce a mettere l’auto in maniera decente e chi proprio non ce la fa.

Sciorinando questa fenomenologia della sosta, possiamo iniziare con il parcheggio storto, volgarmente detto anche “a c***o di cane“. Questo tipo di posizionamento può derivare da due caratteristiche del guidatore: quello che ci prova, cioè l’uomo (nel senso di essere umano, non di genere) che, dopo aver provato e fallito quattro o cinque manovre, decide di arrendersi, lasciando una porzione dell’auto leggermente fuori le strisce, ma non troppo, giusto il minimo per dare fastidio sia a chi passa, sia chi proverà, inutilmente, a parcheggiare di fianco. L’altra categoria è quella di chi non ci prova manco più.

Arrivati al limite della sopportazione, si  sono serenamente arresi ad ogni tipo di soluzione, decidendo di lasciare la macchina così, come l’organo sessuale prima citato, sperando che anche questa volta gli vada bene.

Facendo un passo avanti, troviamo chi, per fretta o per pigrizia ma forse cattiva creanza, lascia la macchina, su strisce, parcheggi vietati e simili, con le 4 frecce accese. Per questo tipo di automobilista, le lucine lampeggianti sono una specie di superpotere, una magica forza capace di fermare il tempo, giusto per un caffè o per comprare le sigarette. Ovviamente il tutto riesce in un contesto dove il vigile urbano è, a proposito di citazioni, il grande assente del contesto cittadino. Questo superpotere, spesso e volentieri, si trasforma in una rottura di scatole inflitta al prossimo, che deve solo sperare che la tazzina non sia rovente. L’automobilista che sfrutta il lampeggio a intermittenza è facilmente riconoscibile. Tendenzialmente usa un Suv, o vorrebbe avere un Suv. Incapace di parcheggiare questa specie di astronave con le ruote, auto che dimostra una scelta poca saggia vista la grandezza delle strade e degli stalli di Caserta rispetto alla vettura, decide di poggiarla lì, dove viene e con le luci accese, prova provata della propria manifesta incapacità.

Ultimo nella lista, ma non ultimo nella scala della genialità votata a fin di male, è l’uomo (sempre essere umano) che parcheggia in doppia fila. Forse il genius maximus. Chi lascia l’auto davanti ad un’altra beatamente in sosta è l’esemplare tipo che si ferma su via Roma. Ama Checco Zalone, i film con De Sica e aspira a diventare come i personaggi di quelle pellicole, non accorgendosi che queste costituiscono delle implacabili caricature sue e di quelli come lui. Un campione di strafottenza che nel caso in cui l’auto bloccata debba uscire ha sempre la risposta pronta. “Eh vabbè, erano due minuti“, quando in realtà l’altro povero cristo sta suonando il clacson da un quarto d’ora citando testualmente ogni santo del calendario.

Menzione a parte andrebbe fatta per chi parcheggia e lascia i figli, nipoti o bambini presi a caso in un parco, nell’auto, ma sul sequestro di minori non ci sembra il caso di scherzare.