CASERTA. Il 6 febbraio riunione alla Regione Campania per l’accordo di programma destinato a stravolgere l’ex-Macrico scampato finora al cemento. Se i casertani non si muoveranno perderanno l’ultima area verde della città…
30 Gennaio 2025 - 18:32
Caserta (pm) – Sabato scorso, la senatrice Susanna Camusso, commissaria del PD a Caserta dall’aprile 2023, è stata a visitare l’area dell’ex-Macrico, che, stando alle cronache, girava in macchina. All’uscita, l’esponente politica, che era stata accompagnata da una delegazione cittadina del partito tra cui il consigliere comunale Donisi, biasimava il fatto che la città traccheggi da anni sul PUC. E sulla destinazione dell’area di proprietà diocesana invocava una esigenza di trasparenza ed il coinvolgimento della città.
Non sappiamo cosa sia stato detto alla senatrice in vista e nel corso del sopralluogo dai compagni di partito e dal rappresentante della Fondazione Casa Fratelli Tutti che ha la gestione del bene e che le ha fatto da guida, ma sorprendono i suoi due rilievi.
Quanto al PUC, siamo quasi ad uno sdoppiamento di parti in commedia. La senatrice Camusso recrimina per l’oscuro ed abnorme ritardo nell’adozione dello strumento urbanistico – che, a nostro modo di vedere, non si spiega se non ipotizzando il peggio possibile – quando è la sua stessa parte politica ad averlo determinato ed a determinarlo con le giunte Marino I e Marino II.
Per l’ex-Macrico è come se ne conoscesse poco e male le vicende ultraventennali.
Come che sia, chissà per quale nostra, insondabile associazione di idee, i fatti ci richiamano alla mente due episodi in qualche modo attinenti ed emblematici della realtà scevra di elementi propagandistici.
Il primo. Tempo fa, per unirsi alle proteste per l’inquinamento della città imputato all’acciaieria Ilva, il rapper Fedez raggiunse Taranto con il suo Jet personale, senza cogliere evidentemente la contraddizione insita in tale scelta. Del pari – così ci sembra, anche se in proporzioni differenti – c’è qualcosa di stonato nella Camusso
Il secondo episodio lo traiamo dal volume collettaneo “Raffaele Nogaro 90 anni di radicale mitezza” (Il Pozzo di Giacobbe, 2024). Leggiamo, dal capitolo vergato da SergioTanzarella: “… La vicenda dell’aria Macrico, l’immensa proprietà dell’Istituto Diocesano Sostentamento Clero di 33 ettari nel centro di Caserta, è un esempio del potere affaristico contro il quale il vescovo [Raffaele Nogaro, ndr] dovette resistere. Il primo tentativo di speculazione sull’aria fu guidato nella seconda metà degli anni ’90 da don Salvatore D’Angelo presidente dell’IDSC, da sempre iscritto alla Democrazia Cristiana e che era stato per lungo tempo segretario della sezione del partito a Maddaloni…Durante un’assemblea dei vescovi della Campania che si teneva a Pompei il vescovo Nogaro, era ormai sera, fu prelevato e condotto a Caserta per urgentissimi e indifferibili motivi. Una volta in Curia scoprì il tranello, infatti vi trovò il D’Angelo con alcuni avvocati e finanzieri di importantissimi studi romani che avevano già approntato un contratto di cessione dell’aria. Il vescovo si rifiutò categoricamente di firmare e il D’Angelo molto si irritò sostenendo che si trattava di un affare storico per la diocesi alla quale sarebbe andata una montagna di denaro, molti appartamenti e una nuova cattedrale grazie della totale edificazione dell’aria. L’affare fallì per il categorico rifiuto del vescovo sia a sottoscrivere l’ennesimo sfregio ad una città priva di parchi e di verde sia a confermare lo scandalo di una Chiesa del potere della ricchezza”.
Nella foto in basso, il vescovo emerito Raffaele Nogaro, presidente onorario del Comitato Macrico Verde, mentre sottoscrive, come primo firmatario, la petizione cittadina per il Macrico a verde integrale e inedificabile
Dal che, se la senatrice Camusso consente e se vuole capire come davvero stiano le questioni, non ha da fare che due cose. Per il PUC, chiedere conto e ragione ai suoi del fatto che, mentre sindaco, assessori ed uffici tecnici ancora studiano, il centro storico viene sfigurato da abbattimenti e rifacimenti abnormi. Circostanze le quali inducono a pensare che il nuovo piano urbanistico si approverà solo quando l’opera di speculazione edilizia sulla città più antica sarà completata. Salvo che, nella sua azione commissariale volta a restituire credibilità alla sua parte politica, non li induca ad una moratoria di nuovi interventi sino all’approvazione dello strumento urbanistico. Giustappunto in queste ore è stata messa in giro la voce che sarebbe in corso un’accelerazione da razzo al piano del PUC, che si approverebbe miracolosamente entro giugno. A parte le forche caudine della commissione di accesso, quanto questa previsione sia compatibile con quella che l’assessore all’urbanistica Rendina fece nel corso del consiglio comunale del 28 dicembre scorso, allorché parlò di “…un tetto massimo di un anno o poco più di un anno e mezzo”, tutti lo possono capire.
Per l’ex-Macrico, chiedere udienza al vescovo emerito Raffaele Nogaro ed incontrare lo storico Comitato Macrico Verde, il quale, riunendo numerose associazioni cittadine di diversa ispirazione, si batte da sempre per la tutela dell’area e le cui petizioni sono arrivate a raccogliere fino a oltre diecimila firme, a proposito di coinvolgimento della cittadinanza.
Scoprirà che gli interventi costruttivi immaginati dalla curia casertana con il Masterplan che ha varato non sono assolutamente condivisi poiché priverebbero la città del verde di cui già manca gravemente.
Per non parlare dell’idea di realizzare strutture propagandate per culturali, di intrattenimento, sociali, sportive, per una cifra abnorme di 200 milioni di euro, che risultano già ampiamente superflue. La città ha difatti in cantiere più progetti finanziati che già prevedono la realizzazione di tali opere, senza doverle doppiare. Dal campus universitario aperto alla città, agli impianti sportivi pensati alle casermette ed al parco degli Aranci, alla biblioteca ammodernata e così via. E per non dire del vasto polo culturale progettato dalla Reggia.
L’idea di un parco della biodiversità, da realizzare nell’immediato nel primo dei quattro quadranti di progetto, è poi lunare. Dietro il fumo di un costoso verde estetico, sono previsti un museo sensoriale ed un astruso Collaboratorio per la Biodiversità “…realizzato attraverso la rigenerazione di un manufatto esistente dove si promuoveranno e realizzeranno percorsi di co-progettazione e incubazione di nature-based solutions, nonché attività connesse e funzionali alla ideazione e produzione di servizi ecosistemici”. In soldoni, la creazione di nuovi organismi ed apparati burocratici di ignota sostenibilità economico finanziaria, in una realtà incapace di gestire alcunché, ma in cui diversi sperano per ricavarne vantaggi economici e di posizione. Ossia un’attività di impresa sotto mentite spoglie, che magari pensa di intercettare i flussi turistici scolastici e dei visitatori attratti dalla Reggia. Intendiamoci, non c’è niente di male, ma non è quello che serve alla città. Il Comitato Macrico Verde chiede, al contrario, la realizzazione di una foresta urbana, secondo le più attuali ed avvedute tendenze urbanistiche ed ambientali per contrastare l’inquinamento ed il surriscaldamento cittadini. Ed a risarcimento dell’aggressione cementizia subita dal capoluogo nell’ultimo cinquantennio e tuttora in corso. Serve spiegare che una foresta urbana, dove prospera la natura, è già in se stessa una struttura sportiva in cui correre e muoversi, un parco giochi naturale per bambini e ragazzi che per secoli non hanno avuto bisogno di pavimenti antitrauma per divertirsi, ma hanno giocato formativamente in campagna e sugli alberi. Ed ancora, un luogo di socialità e di incontro, come dimostra l’esperienza scoutistica con le sue escursioni montane. E come funzione educativa batte ogni sorta di museo chiuso con le sue teche. E vogliamo interrogarci dei costi, dato che è un argomento che viene platealmente strumentalizzato. Si dice retoricamente che se non si opta per il masterplan diocesano, chi manterrebbe il verde dell’area che, data la sua estensione, richiederebbe una spesa ingentissima? Dai tanti studi disponibili, si ricava che, ad esempio, la forestazione urbana dell’Emilia Romagna prevede un costo massimo di 20mila euro/ha compresa la manutenzione per 4 anni. Senza considerare i ricavi dalla possibile coltivazione del bosco ed il concorso ipotizzabile del corpo forestale dello Stato ai fini delle economie per consulenze ed interventi boschivi in senso ampio. Siamo ben lontani dallo sproposito dei 200 milioni di euro o dei 30 milioni appostati per il parco della biodiversità. Ciò che ben apre la strada all’esproprio del bene ed alla sua gestione comunale come area di verde integrale con criteri economici.
Non ci possiamo dilungare oltre in questa sede. Concludiamo con la notizia che al comune è stato convocato un nuovo incontro organizzativo in vista dell’ Accordo di Programma per la realizzazione del “Campo Laudato sì Caserta” nell’area dell’ex-Macrico secondo i progetti diocesani. Il 6 febbraio prossimo, alle ore 11,30, invece è già fissata la riunione presso la Regione Campania, Centro Direzionale, isola A6 – piano 11°, per l’Accordo di Programma vero e proprio. Di tutto questo, ovviamente, la città è tenuta all’oscuro. Il vescovo Lagnese, intervistato giorni fa sullo stato di attuazione del piano per l’ex-Macrico, riferiva che si procede a piccoli passi, ma dicendosi fiducioso che in tempi non lontanissimi almeno un pezzo dell’area potrà essere “rigenerato”. Se le parole contano, vuol dire, senza illudersi, che i giochi sono già stati fatti nelle stanze decisionali, dalle quali è stato tenuto lontano chiunque altro. I progetti condivisi e comunitari continuamente celebrati, come ben si sa dalle nostre parti, valgono solo nei discorsi e nella retorica.
In basso, scorcio della foresta urbana realizzata a Lecce