ELEZIONI POLITICHE. Aversa, cercasi disperatamente candidato. Dopo la rosa di Marino, ecco quella di Alfonso Golia. Ma se Marco Villano…

19 Agosto 2022 - 18:20

Il capolista ha interpellato invano decine e decine di persone che, avendolo conosciuto dal 2015 in poi, si sono ben guardate dall’accettare il sacrificio di servizio. A questo punto, lui si è rivolto a due sindaci. A quello di Aversa, che considera “cosa sua”, a quello di Caserta che gli è affine per tantissimi elementi caratteriali e, soprattutto, per la concezione del rapporto tra l’individuo e la politica.

CASERTA (g.g.) Stefano Graziano si è sempre mosso per se stesso. Lo ha fatto con sagacia, non certo frutto di una cultura politica e di una cultura tout court che non possiede, avendo molto meglio utilizzato il suo tempo a fare le cose che in Italia servono a costruire le carriere nei palazzi e che mai e poi mai hanno neppure lontanamente a che vedere con la meritocrazia e con la preparazione. La sapienza di Graziano è costituita da un tipo di intelligenza modellata sul magheggio, sull’intrigo e, soprattutto, sulla conoscenza delle regole della politica politicante.

Per questo motivo, il prossimo deputato del Pd non sarà mai inclusivo. E non lo sarà con il passare del tempo, di un tempo che ha consentito a tanti che non lo conoscevano o che di lui avevano un’idea positiva, di conoscerlo e, dunque, di scegliere se tenerlo a distanza o se cercare di cogliere il momento giusto, cioè quello del suo tornaconto, per strappargli qualche strapuntino di potere.

Ecco perché, alla fine, dopo aver tentato invano di convincere diverse persone a candidarsi nei due collegi della Camera dell’uninominale di Caserta, ha chiesto a due soli sindaci di dargli una mano. Lo ha chiesto a Carlo Marino, con il quale, al di là degli screzi del passato, non è destinato a essere in conflitto nell’immediato futuro e rispetto al quale ha potuto mettere a valore (si fa per dire) un carattere molto simile, una mentalità più o meno sovrapponibile, un modo di considerare il rapporto tra l’individuo e la politica a dir poco consonante. Marino si è messo di buzzo e, dopo aver incrociato a sua volta diversi rifiuti, visto e considerato che, al pari di Graziano, è uno che non ha certo accumulato crediti, avendo pensato fondamentalmente ai fatti suoi da quando fa politica, è riuscito solo a convincere Liliana Trovato. Lo stesso ha fatto con il sindaco di Aversa, Alfonso Golia. O meglio, ha fatto finta di fare, perché Golia è convinto di avere un’autonomia di giudizio e di azione rispetto a Stefano Graziano, quando, in realtà, come dimostrano tutti gli ultimi fatti relativi al rapporto tra l’amministrazione comunale e la sempre vorace industria del mattone aversano, il pallino ce l’ha in mano solo e solamente Marco Villano, vicesindaco, super assessore all’Urbanistica e ai Lavori pubblici ma, soprattutto, devoto, adepto del gruppo di Stefano Graziano.

Sulla carta, dunque, Alfonso Golia ha selezionato una rosa di nomi per la candidatura del Pd, più Sinistra Italiana e Verdi nel collegio maggioritario di Aversa, formata dallo stesso Marco Villano, dall’altra assessora, Elena Caterino, dal magistrato Nicola Graziano, che chiama in causa, puntualmente, quando c’è da combattere una causa persa e che, dunque, ha già declinato e, infine, l’ex parlamentare Lucio Romano, eletto nel 2013 nella coalizione di Mario Monti.

Se potrà evitare, Marco Villano eviterà. Sulla carta, però, in conseguenza del problema dell’equiibrio di genere, che peraltro il Pd non ha rispettato nelle candidature al proporzionale, il candidato di Aversa dovrebbe essere maschio e, dunque, uno tra Villano e Romano. Se Romano vuole, cioè si presta a riempire una casella senza alcuna possibilità di essere eletto, si guadagnerà tantissime pacche sulle spalle e un bell’abbraccio da Stefano Graziano che, però, gli ricorderà il suo adagio “Lucio, il vero tema è…”. Se proprio non troveranno un solo “scafesso” per candidarsi, allora Marco Villano dovrà sacrificarsi. Questo significherebbe realmente che attorno a Graziano si è creato una sorta di cordone sanitario al quale, però, il teverolese propinerà un sonoro sberleffo, visto e considerato che quella politica politicante sulla quale è un autentico accademico, gli ha consentito, approfittando del giro buono di Enrico Letta e di Francesco Boccia, di tornarsene a Roma dove, naturalmente, abiterà molto di più le poltrone e il largo spazio del Transatlantico che l’aula di Montecitorio.