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ELEZIONI POLITICHE. Collegi casertani, pericolo ufo calati da Roma. C’è chi pensa addirittura a “Torero Camomillo” Lorenzo Cesa. Nicola Caputo e De Luca..

14 Agosto 2022 - 12:20

In questo articolo cerchiamo di spiegare perchè l’identità già molto spinta di questa legge elettorale che attribuisce totali e pieni poteri alle segreterie nazionali, è stata ulteriormente rafforzata dalla riduzione del numero dei parlamentari

 

CASERTA (g.g.) – La legge elettorale in vigore per le consultazioni Politiche è l’espressione più spinta, più sfacciata del controllo ferreo delle candidature degli stati maggiori dei partiti. Il Rosatellum rappresenta, probabilmente, la quintessenza del parlamento dei nominati. Ma il fattore fondamentale si associa in queste elezioni alla questione complicatissima drastica riduzione del numero dei parlamentari. Fattore complementare totalmente ciclico rispetto a quello principale al punto che, mentre nel 2018, da Roma, qualche telefonata arrivava, oggi è fatto un pratica divieto totale di disturbare i segretari nazionali e i loro pochissimi e selezionatissimi plenipotenziari. Per cui, al di là delle congetture, utili a gratificare di inchiostro e di kappa byte i giornali in carta e quelli digitali, di reale, di concerto si sa poco, molto poco.

Martedì, mercoledì, Roma renderà note le sue decisioni per Caserta e Caserta si adeguerà.
La riduzione del numero dei deputati (non più 630 ma 400) e dei senatori eletti (non più 315, ma 200) ha rotto una tradizione consolidata ai tempi delle liste bloccate. Tempi duri per i cespugli che non possono godere più su postazioni sicure, sull’elezione garantita del loro mini leader e di un paio di loro attendenti di campo. Si vanno a cercare collegi uninominali con buoni sondaggi, lì si piazza in qualche seconda posizione nei listini proporzionali, magari alle spalle dei leader dei partiti più importanti, fortemente competitivi anche nel collegio maggioritario in cui pure correranno o anche per partecipare ai complicati incastri delle opzioni dei citati listini. Ma di garantito al centro per cento non c’è nulla.

E allora saltano fuori notizie come quella di una candidatura di Lorenzo Cesa nel collegio uninominale di Caserta, un vero e proprio atto di enorme autostima, peraltro non infondata, da parte di Giorgia Meloni, che, com’è noto, ha dovuto accollarsi l’onere di attribuire una dozzina di collegi ai centristi, dunque al citato Cesa dell’UDC, a Giovanni Toti, governatore della Liguria all’ex ministro Maurizio Lupi e al sindaco di Venezia Brugnato.

Con rispetto parlando, di fronte a Cesa, il torero camomillo della storica canzone dello Zecchino D’Oro è un animatore di danze caraibiche in un villaggio vacanze. I voti, per vincere il collegio, ce li dovrebbe mettere la Meoni insieme a Giovanna Petrenga, che dovrebbe letteralmente caricarsi sulle spalle il camomillo calabrese o, al limite un Quagliariello, che, al di là di qualche radicamento in quel di Santa Maria Capua Vetere, sarebbe percepito come uno sconosciuto, con conseguente totale strutturazione del consenso di marca centrodestra affidato al voto di opinione, che, com’è noto, per il loro connotato identitario, ma anche per il format della liste bloccate, incide almeno per l’ottanta per cento nella collocazione del consenso.

Per il resto, com’era stato facile preventivare, Nicola Caputo ha incrociato il veto del suo vero capo politico Vincenzo De Luca. D’ altronde, stavolta, il governatore, con il figlio candidato in cima alla lista proporzionale del PD nel collegio di Salerno e Avellino, non può esagerare. E la candidatura per la coalizione di Renzi e Calenda di Nicola Caputo, in alternativa al Pd, nel collegio proporzionale del Senato che raggruppa le province di Salerno, Caserta, Avellino e Benevento dell’assessore regionale in carica, non era assolutamente attuabile. Per cui, De Luca ha detto a Caputo che, qualora avesse deciso di candidarsi. Gli avrebbe dovuto presentare le sue dimissioni. Naturalmente, il teverolese ha preferito conservare la poltrona.

Il resto che leggete, solo balle.