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Frecciarossa deragliato. In 15 rischiano il processo per la morte di Mario. Indagini chiuse

7 Ottobre 2021 - 20:32

CAPUA – La Procura di Lodi ha chiuso le indagini sull’incidente del treno Freccia Rossa deragliato il 6 febbraio 2020 a Ospitaletto Lodigiano nei confronti di 15 persone, tra cui Maurizio Gentile, ex amministratore delegato di Rete Ferroviaria Italiana, e Michele Viale, presidente e ad di Alstom Ferroviaria, oltre che per le società Rfi e Alstom. Nel grave incidente ferroviario sono morti i due macchinisti Giuseppe Cicciù e Mario Dicuonzo, 59 anni di Capua all’altezza di Livraga (Lodi) e una decina di passeggeri sono rimasti feriti. I reati ipotizzati dalla procura di Lodi sono disastro ferroviario colposo e omicidio colposo. A ricevere l’avviso di conclusione indagini, che prelude le richieste di rinvio a giudizio, sono stati anche alcuni dirigenti di Rfi, come Vincenzo Cefaliello, Direttore Produzione Emilia-Romagna, e della Alstom come il consigliere di amministrazione Maurizio Pula.

Per il procuratore di Lodi Domenico Chiaro e il pm Giulia Aragno, titolari dell’inchiesta, i 15 indagati avrebbero tenuto “condotte indipendenti e causalmente rilevanti” sia “di natura omissiva e commissiva, per colpa consistita in imprudenza, negligenza e imperizia e in violazione delle norme antiinfortunistiche e inerenti la sicurezza della circolazione ferroviaria appresso indicate, cagionavano il disastro ferroviario conseguente al deragliamento del treno ES 9595 Frecciarossa 1000 partito dalla stazione di Milano Centrale e diretto alla stazione di Salerno” costato la vita ai macchinisti e nel quale una decina di passeggeri sono rimasti feriti.

Il treno, si legge, “dopo aver ricevuto il segnale di via libera per viaggiare sul corretto tracciato (normale) alla massima velocità (nello specifico, di 295 km/h), giungeva alla kilometrica ferroviaria I 66+77 I dove transitava sul deviatoio n. 5, interessato poco prima da lavori di manutenzione programmata e che, a causa di un difetto di produzione presente all’interno dell’attuatore telaio aghi” che “risultava erroneamente disposto” e “sviava sul ramo deviato e si separava in due tronconi. Il locomotore, per effetto della forte energia posteriore e della resistenza della massicciata si staccava dal resto del convoglio e deragliava sulla sinistra, dapprima sbilanciato verso destra e poi ribaltandosi completamente, fino ad eseguire una rotazione di 180 gradi, durante la quale il carrello di testa si sganciava e la coda della prima vettura impattava contro i mezzi d’opera che erano in sosta e il fabbricato del Posto Movimento di Livraga, terminando poco dopo la sua corsa; mentre il resto del convoglio procedeva pressoché rettilineo nel solco creato dalla massicciata del binario, arando e demolendo tutti gli ostacoli” come “pali, linea aerea, canali di cemento” e “fermandosi a pochi metri dall’edificio” del Posto Movimento di Livraga.