LA NOTA. Governo impresentabile sulla scarcerazione di Pasquale Zagaria. Catello Maresca non è stato mai un manettaro e da Giletti ha detto cose logiche, inoppugnabili

28 Aprile 2020 - 10:00

Il presentatore, oggi, solleva dubbi e disegna scenari inquietanti che potrebbero essere dietro all’uscita dal carcere del “ministro dell’economia” del clan dei casalesi. Noi, come sempre, non ci tiriamo indietro e diciamo la nostra

CASAPESENNA(Gianluigi Guarino) Pubblichiamo sotto questo nostro articolo le dichiarazioni rese da Massimo Giletti il giorno dopo l’ultima puntata di “Non è l’Arena”, andata in onda domenica sera. Noi cerchiamo sempre per costituzione genetica, di costruire i nostri ragionamenti su dati oggettivi e, aggiungiamo, purtroppo, non siamo complottisti in quello che, invece, è uno dei pochi paesi in cui (citando, per l’ennesima volta la massima perfetta di Giulio AndreottiQualche volta ci si indovina“), purtroppo, più di qualche volta ci si è trovati a fare i conti con l’incredulità rispetto a comportamenti sconcertanti da parte di pezzi dello Stato.

Troppo assurdo per essere vero, ma troppo vero per trovare una ragione diversa, una spiegazione plausibile.

Giletti evoca vicende non estranee alla tradizione del nostro paese. La criminalità organizzata è riuscita, molto spesso, a tenere in pugno le carceri facendo campare bene tutti i reclusi. Quelle scene viste nel film “Il camorrista“, con Raffaele Cutolo nel pieno governo delle azioni dell’intera popolazione dei detenuti, sono forse caricate dall’impronta romanzata in quello che comunque è stato ed è sempre un film.

Ma al di la di questo, effettivamente nelle carceri comandava la criminalità organizzata. Succedeva 40 anni fa. Ora, si pensa che lo stato si sia rafforzato a tal punto rispetto alle mafie da impedire, anche grazie all’introduzione del 41 bis, il ripetersi di certi fenomeni. Però, se uno come Giletti che parla con tantissime persone e che ospita tanti specialisti della materia, a partire dai magistrati, si pone l’interrogativo su una possibile strategia orchestrata da mafia, camorra e ndrangheta finalizzata ad ottenere, attraverso l’organizzazione di disordini e rivolte legate al coronavirus, obiettivi impensabili fino a qualche mese fa, è chiaro che la cosa non si può liquidare come un fantasioso esercizio di dietrologia.

Vedremo, al riguardo, se emergerà qualcosa di più specifico già a partire dalle prossime settimane.

Quello che invece possiamo affermare già ora è che il responsabile del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria Francesco Basentini è stato coraggioso ad andare in trasmissione. E ancor più coraggioso è stato nell’affermare cose che, riteniamo, lui stesso considera totalmente errate e anche pericolose perchè alimentano nella gente l’idea, ben presente nella storia passata e recente di questo paese, che lo stato, quando è messo alle strette, non disdegna di stipulare accordi con i mafiosi e con i camorristi.

Magari non sarà stato così nella vicenda di Pasquale Zagaria. Ma se non è stato così, il clamoroso e sconcertante difetto di efficienza da parte del Dap, necessita, non ce ne voglia Basentini, un’azione perentoria e un cambiamento immediato di tutti i vertici e di tutti i sotto vertici, da operare immediatamente da parte del ministro di Grazia e Giustizia di cui il Dap è parte integrante.

Guardate, Catello Maresca, uno dei più grandi magistrati inquirenti mai esistiti in Italia, tutto è, fuorchè un manettaro. Sembra strano a dirsi trattandosi di un pm che più pm non si può, ma è così e lo possiamo sostenere noi tranquillamente, in scienza e coscienza, avendo letto decine di ordinanze e decine di migliaia di pagine di atti giudiziari da lui scritti o da lui determinati.

La sua natura di grande poliziotto antimafia si è felicemente, in un meccanismo che si sviluppa ben di rado nel settore della magistratura inquirente, affiancata ad un carattere sereno e ad una modalità espressiva mai aggressiva, mai inquisitoria, sempre, invece, tranquillamente tesa ad arrivare a delle conclusioni logiche, attraverso un processo di ragionamento finanche liberale, che tiene quale suo riferimento l’applicazione della legge in tutte quante le sue sfaccettature e non la personalità di un criminale che non può mai diventare un nemico personale di un magistrato inquirente o di un giudice e che questo bilancia e falsifica, indebolendole, il processo di applicazione della giustizia.

Dunque, l’altra sera, di fronte a Basentini, non c’era un Piercamillo Davigo con gli occhi spiritati da Robespierre del tempo presente. C’era Catello Maresca. E dunque, per i motivi appena illustrati, siamo certi che non ne abbia fatto una questione personale, legata alla indiscutibile evidenza che tutte le grandi indagini sulla famiglia Zagaria abbiano recato la sua firma. Ha ragionato, non opponendo l’arroganza di una potestà precostituita, ma le argomentazioni di fronte a chi, invece, aveva la difficoltà di dover difendere e sostenere tesi impresentabili.

Quando Basentini risponde a Maresca che il trasferimento di Pasquale Zagaria, afflitto da una seria malattia, nel carcere di Pisa o in quello di Roma Rebibbia oppure ancora in quello di Viterbo, tutti dotati di un centro sanitario all’avanguardia, anche migliore di un ospedale, non si è verificato in quanto una non meglio precisata autorità sanitaria avrebbe dato parere negativo, aprendo la strada alla soluzione della scarcerazione e al confinamento domiciliare, fa solo ammuina. Si doveva attuare un trasporto del detenuto Pasquale Zagaria dal carcere di Sassari, dove si trovava recluso, ai tre penitenziari del Continente, appena citati.

Il detenuto versava in condizioni così gravi da essere intrasportabile, dato che nessuna autorità sanitaria può mettere in discussione gli standards di quelle tre strutture, pienamente in grado di prendersi cura come in un normale ospedale, della malattia di Zagaria? Il boss di Casapesenna è in fin di vita? Un viaggio in aereo avrebbe potuto compromettere definitivamente la sua condizione?

Su queste domande, che Giletti avrebbe dovuto, però, porre, come invece, distraendosi, non ha fatto, ruota l’unica ed autentica valutazione di questa vicenda. Fare melina, cambiare discorso, scaraventare il pallone in tribuna, così come ha fatto Basentini, è un segno tipico di chi non ha argomenti granitici ed indiscutibili a sostegno di un’azione effettuata.

D’altronde, Pasquale Zagaria non è agli arresti domiciliari a Sassari o in Sardegna, ma si è trasferito in provincia di Brescia. Evidentemente poteva viaggiare. E allora, se l’ha potuto fare spostandosi dalla Sardegna alla Lombardia, perchè per l’autorità sanitaria non poteva trasferirsi da Sassari-Bancali a Pisa, Roma o Viterbo?

Tutto il resto sono chiacchiere.

 

QUI SOTTO LE DICHIARAZIONI DI MASSIMO GILETTI

Mi colpisce che, dopo le proteste, le carceri siano improvvisamente tranquille’‘. Lo dice intervistato dal Corriere della Sera il conduttore Massimo Giletti a proposito dello scontro avuto domenica sera nella puntata di Non è l’Arena (La7) con il capo del Dap, Francesco Basentini, sulla scarcerazione per motivi di salute del camorrista Pasquale Zagaria. ”Non voglio ricorrere alla trattativa Stato mafia – osserva – ma il silenzio totale delle carceri mentre i boss stanno uscendo non è normale’‘.

Giletti non è convinto delle spiegazioni di Basentini sul caso: ”No – afferma – ha detto che a disporre il suo trasferimento è stata un’autorità sanitaria. Com’è concepibile? Se fosse vero sarebbe una follia. Altrimenti mente”. E sull’ ispezione al Tribunale di sorveglianza precisa: ”Il ministro dovrebbe mandarla al Dap che, secondo le carte, dal 9 aprile ha risposto ai magistrati solo il 24: il giorno dopo che il Tribunale di Sorveglianza ha deciso. C’è qualcosa di non chiaro. E quindi chiedo: hanno mentito a Sassari o al Dap?”.

In merito ai servitori dello Stato, ricordati nella puntata dice: “Pensavo a Filippo, un carabiniere che per mettere una microspia a casa dei capi dei corleonesi è morto precipitando da una scogliera. Al generale Dalla Chiesa che ho conosciuto da piccolo nelle cene a casa di mia nonna, amica di sua moglie. A Falcone che ho ricordato con il capitano Ultimo, assieme a quattro suoi amici“. ”Sono stufo – conclude – di fiaccolate e corone sotto l’albero di Falcone. Contano i fatti. Dopo lo scontro di domenica in studio me li aspetto. Basta boss fuori dal carcere e diteci com’è andata davvero per quelle 38 scarcerazione di criminali pericolosi’‘.