GUARDA IL VIDEO. Il ponte di Lago Patria chiuso da una vita emblema di fallimento delle istituzioni. Geo Nocchetti se ne occupa da anni e dunque è credibile

7 Settembre 2020 - 18:46

GEO NOCCHETTI AL PONTE D'ISCHITELLA

Ieri sono stato al ponte di Ischitella con Giuseppe Miele, capo del comitato km 42, e con Biagio Luigi Ciaramella, Responsabile AIFVS onlus Associazione Italiana Familiari e Vittime della Strada onlus – AIFVS onlus di cui la Presidente Elena Ronzullo dell’ A.M.C.V.S. Associazione Mamme Coraggio e Vittime della Strada – Onlus. Biagio Ciaramella Aversa e Agro aversano Sede Legale: Aifvs Via Caracas n 2 Da un anno e mezzo il ponte è chiuso e ha desertificato il tessuto commerciale del posto e distrutto la vita ai cittadini. #ConMeConterai

Pubblicato da Geo Nocchetti su Sabato 5 settembre 2020

 

 

CASTEL VOLTURNO – La storia del ponte di Ischitella e di Lago Patria sta diventando, a nostro avviso, emblematica al di là di ogni valutazione, di ogni presa di coscienza da parte dell’amministrazione comunale di Castel Volturno.

Quel ponte chiuso ormai da tempo immemorabile si rappresenta come una barriera materiale alla integrazione tra persone, sia nella loro espressione di cittadinanza, sia in quella più limitata ma ugualmente importante di soggetti economici della produzione e del consumo. Quante volte abbiamo letto o ascoltato questa suggestiva affermazione, in verità anche un po’ abusata, al punto da scadere nella retorica: “Costruire ponti” in modo da aumentare il tasso di civilizzazione e di tolleranza, che non è solo quella tra razze diverse, ma è anche quella tra categorie, interessi, obiettivi differenti tra di loro, che possono crescere insieme se combinati armonicamente.

Ora, se nel 2020 stiamo ancora lì a parlare di un’opera pubblica fondamentale per collegare l’ultimo lembo della provincia di Caserta al primo della provincia di Napoli, affinché la vita di migliaia e migliaia di persone scorra in maniera ortodossa, beh allora non fa male Geo Nocchetti, candidato di Fare Democratico-Partito Popolare a tesaurizzare, mettendoli a valore politico-elettorale (in un sereno atto di accusa nei confronti di chi doveva fare e non ha fatto), i molti saperi acquisiti nell’attività di giornalista vero, tra i pochi che in Campania esce all’alba microfono in mano e operatore con telecamera in spalla, non sapendo spesso bene neppure cosa troverà e quali rischi incrocerà in un luogo nel quale c’è qualcosa da raccontare.

Si dirà: è facile per un giornalista televisivo, che da 30 anni convive con quel microfono e quella telecamera, raccontare disinvoltamente la storia triste, grama dei residenti in questa area di confine.

E invece non sarebbe facile nemmeno per un giornalista televisivo qualora l’involucro del format fosse l’unica cosa che il medesimo sarebbe in grado di offrire.

I saperi sono un’altra cosa e non basta avere una buona parlantina, un cospicuo vocabolario, per fare la differenza.

Quella differenza che nessun politico di questa provincia fa ormai da una vita, proprio perché se togliamo qualche rara eccezione non esistono i saperi e la superficialità regna sovrana nei discorsi sconfortanti di tanti candidati a queste elezioni regionali che sarebbero stati modelli da seguire al tempo della supercazzola di Ugo Tognazzi, ma anche, in tempi più recenti, per quelle rubriche che gli eterni ragazzacci della Gialappa’s armavano dattilografando le sovraimpressioni televisive con la riproduzione testuale dei discorsi densi di nulla di politici di grido, di grande popolarità, che hanno avuto successo in questo Paese, perché qui, scusate se ci ripetiamo con questa citazione, ma il comico di cui parliamo è un uomo di grande intelligenza, “studiare non conta un cazzo”, così come Checco Zalone dice alla protagonista di un suo film durante la celeberrima scena della visita a un trullo brianzolo.

E allora, cosa dobbiamo fare nel momento in cui incrociamo dei contenuti, in questa landa desolata?

Dovremmo astenerci per evitare di essere accusati di sostegno elettorale corporativo ad un collega giornalista?

Come ho scritto anche in altri articoli, i rapporti tra me e le espressioni istituzionali della categoria a cui appartengo sono stati e sono ancora oggi pessimi.

Prima di tutto perché un liberale vero è biologicamente allergico ai lacci e lacciuoli degli ordinamenti degli albi professionali, che a mio avviso andrebbero aboliti come tentò di fare, qualche decennio fa, il grande Marco Pannella in un suo referendum.

Secondo, perché l’ordine professionale a cui appartengo non si è mai posto seriamente il problema, al di là delle stucchevoli formule retoriche e degli involucri pieni di parole benpensanti, della qualità e della meritocrazia.

Forse non avrebbe risolto nulla, visto che le carriere dei giornalisti, anche di quelli che vanno per la maggiore, sono state determinate non dai saperi, ma dalla capacità di essere armonici nella filiera che dalla partitocrazia arriva alla lottizzazione, passando per giuramenti di appartenenza non necessariamente estesi per tutta la vita.

Insomma, ritengo di aver almeno acquisito qualche benemerenza per non essere mortificato da una accusa di meccanicismo corporativo.

Di qualche mio collega parlo male, di tanti altri non parlo proprio.

Ma cavolo, quando ce n’è uno bravo, se continuassi a fare il bastian contrario, farei la gioia dei miei non pochi detrattori, che si sforzano di minimizzare il mio pensiero, togliendogli ogni vena positivista.

E allora, vedendo questo filmato, ritengo di poter ribadire che la nostra professione può risultare anche utile al miglioramento della società quando a farla sono persone colte, preparate, e sufficientemente umili per non smettere mai di studiare, di elaborare e di mettersi in ascolto delle cose del mondo.

È utile dentro al suo alveo naturale, ma può diventarlo anche fuori. Tanti giornalisti impreparati hanno fatto politica e hanno anche conquistato cariche importanti e remunerative.

Di solito chi è bravo non ci riesce, perché se è bravo e ha studiato, ha difficoltà a leccare il culo, condizione necessaria per crescere.

Sarebbe bello, allora, se questa elezione regionale scrivesse un epilogo diverso, fornendo a Geo Nocchetti, che sicuramente non è un giornalista leccaculo, altrimenti non ci sarebbe stato alcun motivo che gli avrebbe impedito di diventare caporedattore centrale de Il Mattino o direttore di un Tg, il destro per dire che per una volta uno preparato, uno che dal giorno dopo il suo arrivo in Regione potrà affrontare, per esempio, questa brutta storia del ponte di Lago Patria, magari stimolando un po’ e guidando il sonnolente sindaco di Castel Volturno, avrà conquistato il prestigio della rappresentanza trasmessa in quanto il popolo sovrano ha premiato la competenza e non le solite promesse ad personam a cui purtroppo sono ancora tanti a credere.