I FOCUS DI CASERTACE. San Felice, le tre intimidazioni al segretario comunale. L’inquietante telenovela tra il sindaco Ferrara e il dirigente Ciccozzi. E lo Stato che fa?

25 Novembre 2021 - 12:35

Abbiamo voluto ripercorrere in maniera analitica le tappe di una vicenda che rimane oscura e che riporta il Comune suessolano allo schema di certe vicende del passato, quando le quadre tra il potere politico e quello di oblique burocrazie veniva trovato sempre nella illegalità. Ma al di là di tutto, i due furti subiti da Giuseppe Principe e il danneggiamento della sua auto non possono rimanere lettera morta. Opera di vandali senza doppi fini? Ce lo dovrebbe dire una inchiesta giudiziaria

 

 

 

 

SAN FELICE A CANCELLO (Gianluigi Guarino) – Nella tarda serata del 1 febbraio di quest’anno il sindaco Ferrara si dimette per la seconda volta nel corso della sua consiliatura: “Risulto impossibilitato al raggiungimento dei punti minimi del programma elettorale per mancanza di collaborazione da parte delle varie istituzioni esterne e di una struttura comunale non efficiente e compatta alla risoluzione dei minimi problemi e dell’ordinaria amministrazione”.

LE DIMISSIONI, LA TRASFERTA IN PROCURA E LA STRANA CITAZIONE DEGLI “ORGANI SOVRACOMUNALI” – L’antefatto di questo comunicato è una riunione svoltasi nelle prime ore della serata presso la casa comunale con oggetto il PUC (Piano Urbanistico Comunale). La mattina dello stesso giorno era arrivata la comunicazione della costituzione del un nuovo gruppo consiliare Italia Viva formato da Angela Rongone e Francesco De Lucia (provenienti dalla Lega), Clemente De Lucia ’48 e Tino D’Ambrosio (provenienti da Forza Italia), Vincenzo Sgambato (arrivato da Ricominciare).  I due fatti, combinati tra loro, incidono probabilmente sulla decisione delle dimissioni, che inaugurano un periodo a dir poco tempestoso dentro e fuori dalle stanze del Comune di San Felice a Cancello. Un periodo in cui, a nostro avviso, si rivedono molti dei fantasmi del passato che avevano infestato le stanze del Comune (un passato di travagli, spesso loschi) e che, dunque, merita di essere ripercorso in una narrazione giornalistica.

Da quel giorno, quello successivo al comunicato tardo-serale, parte il periodo di decorrenza delle dimissioni di Ferrara, che il sindaco trascorre a casa senza aver contatti e colloqui con nessuno fino a quando, dopo due settimane, viene escusso da alcuni magistrati della Procura di SMCV per conoscere le vere ragioni delle sue dimissioni. Chiaro segno che dalle parti del Palazzo di Giustizia sono aperti altri fascicoli di indagine intorno alle vicende del Comune di San Felice a Cancello.

Prima dello spirare dei termini, il 22 febbraio 2021, Ferrara revoca le dimissioni con la seguente dichiarazione: “Dopo attenta riflessione e confronto con gli organi sovracomunali, tenendo in considerazione tutti i risvolti delle dimissioni in oggetto, per garantire una stabilità alla comunità di San Felice a Cancello, con la presente revoco le dimissioni da me presentate in data primo febbraio. Fermo restando la necessità di un’amministrazione funzionante ed efficace, chiederò la convocazione in tempi brevi del consiglio comunale per verificare la sussistenza di una maggioranza solida e costruttiva per il bene del nostro comune”.

In questo suo scritto il sindaco Ferrara, in maniera piuttosto singolare, collega un fatto politico, cioè la risoluzione di una crisi all’interno della sua maggioranza, con non meglio precisate consultazioni con organi sovracomunali come se, per fare un esempio, una Prefettura o, al limite, una Procura della Repubblica, possano essere, per ordinamento e costituzione, fattori determinanti o concorrenti a decisioni di tipo politico. Già leggendo questo testo si capisce, dunque, che San Felice a Cancello è un posto molto originale, unico nel suo genere.

Proprio durante il periodo che intercorre dal primo al ventesimo giorno, termine ultimo per il ritiro delle dimissioni del sindaco, al timone degli uffici del Comune era intanto arrivato un nuovo segretario comunale: Giuseppe Principe.

Ma l’instabilità politica non cessa con il ritiro delle dimissioni. Il neo-costituito gruppo di Italia Viva, nella seconda decade dell’aprile di quest’anno, chiede, oltre alla conferma dell’assessore già in carica Enza Cimmino, anche un ulteriore assessore.

Ciò facendo pesare la forza contrattuale, dimostratasi poi solo apparentemente decisiva, dei ben 5 consiglieri comunali che a Italia Viva hanno aderito.

Ciò dovrebbe avvenire, secondo il disegno di Italia Viva, attraverso l’azzeramento della giunta e una profonda rivisitazione delle deleghe. Parole di circostanza che nascondono una richiesta: la testa di Mario Verlezza, il quale tempo addietro aveva rinunciato alla carica di consigliere comunale della Lega per occupare il posto in giunta e far entrare Francesco De Lucia, risultato primo dei non eletti nella citata lista della Lega.

Va considerato, nella valutazione di quei fatti, anche la cornice ambientale in cui si sviluppano, della quale entra a far parte un fattore eccezionale: la ri-esplosione della pandemia da Covid, che rende le relazioni e i contatti molto più problematici rispetto a meccanismi che hanno sempre privilegiato le chiacchierate vis a vis rispetto all’uso incontinente degli smartphone.

LA STRANA MALATTIA DI CICCOZZI – Proprio in coincidenza dell’arrivo della lettera contenente le richieste di Italia Viva, accade una cosa che eufemisticamente definiamo molto strana.

Il responsabile del settore finanziario Bernardino Ciccozzi, dopo un periodo di assenza dovuto al virus, presenta un certificato di malattia per un periodo di 30 giorni.

Il tutto avviene in un momento delicatissimo, in giorni in cui il termine del 30 aprile è ancora pienamente in vigore quale scadenza per l’approvazione del Bilancio, da cui dipende la sopravvivenza dell’amministrazione, capitanata dal sindaco Ferrara, e del consiglio comunale.

Il sindaco, evidentemente molto infastidito, anzi contrariato per quel certificato medico, mette nero su bianco, attraverso un’intervista giornalistica, una dichiarazione molto dura:

Bisogna prendere atto – scrive – che il tutto avviene in un momento delicato e all’indomani di alcune diversità di vedute che avevamo sul fabbisogno del personale (3 categorie C e una D). Lui chiedeva solo ragionieri, mentre io sono per persone qualificate e soprattutto spalmate negli uffici dove c’è più bisogno. Io sono del parere che i dirigenti devono fare il loro lavoro e la politica deve fare il suo. Le due cose non devono mai mischiarsi, invece proprio in questo periodo sto notando qualcosa di stonato. Troppe abitudini consolidate, non va bene […]”.

IL SINDACO FERRARA E L'(INUTILE) ATTO DI ACCUSA AL DIRIGENTE CICCOZZI – Il sindaco Ferrara non fa il nome e il cognome di Bernardino Ciccozzi, ma è chiaro che a lui si riferiscano queste parole. Le quali, attenzione, sono molto gravi perché offrono una chiave di lettura tutt’altro che arbitraria e illogica della decisione del dirigente di chiedere e ottenere un congedo per malattia proprio nei giorni cruciali che dovranno decretare la vita o la morte politico-amministrativa del sindaco Ferrara.

La partita è un classico del repertorio storico sanfeliciano: assunzioni, agi e privilegi dei dipendenti comunali. Il sindaco contesta a Ciccozzi di voler disegnare una struttura di assunzioni e promozioni in base ad una sua idea e considera, tutto sommato fondatamente, quella di Ciccozzi una evidente invasione di campo in decisioni che toccano alla politica.

Sono giorni in cui il sindaco prova a combattere la battaglia contro il consolidato potentato di Ciccozzi. In un primo tempo trova sponda nel suo ex assessore al Bilancio, dipendente del Comune di Casal di Principe, Enrico Pignata. Questi all’inizio dà la sua disponibilità, poi, adducendo insormontabili difficoltà di tipo personale e professionale, rinuncia e lascia Ferrara in un mare di guai.

IL TAGLIO DELLE INDENNITA DI SINDACO E ASSESSORI: LA RISPOSTA DI CICCOZZI “IL MASSICCIO” – Alla fine del mese di aprile 2021, in municipio si tiene una riunione di maggioranza, ed in tale occasione si anima una forte discussione proprio sullo scollamento tra la parte politica ed i funzionari “che fanno politica”. Tema centrale di questo incontro è lo schema di bilancio, nel quale era previsto, ad insaputa del sindaco e della giunta, il dimezzamento della loro indennità.

Sembra una stranezza ma non è così. Perché il problema che Ferrara aveva sollevato non solo attiene al presente, cioè alla stesura di quella bozza di Bilancio operata dalla mano di Ciccozzi, ma è un retaggio antico, che ha creato una sorta di contropotere di certi dirigenti, di certe burocrazie, che con modalità a dir poco discutibili considerano gli uffici del Comune “cosa loro”, aree di azione e di gestione in cui la politica non deve interferire. Per cui, Ciccozzi in quella bozza di Bilancio sviluppa la sua prova di forza: prevede, cioè, il dimezzamento delle indennità per sindaco ed assessori e lo fa senza neppure aver informato i diretti interessati, che scoprono la sorpresa nel giorno della citata riunione di fine aprile.

La situazione precipita e il 7 maggio il sindaco, congiuntamente al segretario Giuseppe Principe, denuncia all’autorità giudiziaria ed alla Corte dei Conti quello che entrambi considerano, di fatto, il boicottaggio perpetrato dal ragioniere Ciccozzi e da altri dipendenti a lui sottoposti, con la chiusura degli uffici finanza e tributi siti al terzo piano dell’Ente.

IL CLAN AMMINISTRATIVO DI CICCOZZI: TUTTI IN MALATTIA E UFFICI PARALIZZATI – Questo esposto, a nostro avviso molto grave, su cui è auspicabile un’indagine approfondita dell’autorità giudiziaria, fornisce al racconto altri elementi che lo rendono inauditamente unico nel suo genere: non è, infatti, solo Ciccozzi a presentare il certificato medico per 30 giorni di congedo, ma sono tutti i dipendenti dell’ufficio Ragioneria del Comune. Tutti improvvisamente malati. Il che, non ce ne voglia Ciccozzi, rende molto poco credibile l’effettività della sua malattia e di quella dei suoi dipendenti configurando, invece, il tutto non tanto come un ammutinamento, bensì come una prova di forza espressa con metodologie a dir poco inquietanti, da parte di chi dice al sindaco e al segretario comunale: voi potete sbattervi fino a che volete, ma al Comune di San Felice comando io e con uno schiocco di dita paralizzo l’attività.

Diventa, anche per il sindaco e soprattutto per il segretario, un affare tanto grave da integrare una situazione di interruzione di pubblico servizio. Per questo motivo vengono chiamati i Carabinieri, che si recano al Comune in diverse occasioni, redigendo appositi verbali in cui si prende atto della circostanza di un’effettiva interruzione di un servizio fondamentale. Non sappiamo invece se di quei verbali venga, e in che modo, informata immediatamente l’autorità giudiziaria.

IL PUNTO DEBOLE DEL SINDACO FERRARA. L’ACCORSO CON COLELLA E CICCOZZI PER SALVARSI – Il tempo stringe e Ferrara, che fino a quel momento aveva lottato impavidamente, mostra il punto di debolezza che rende perdente la sua battaglia: non accetta la prospettiva di andare a casa per affermare un principio di legalità. Intando, va a trattare con il gruppo di Italia Viva, affrontando in questo modo il problema dei numeri.

Una sera di maggio, davanti a delle pietanze a base di pesce, il primo cittadino e i neo-renziani decidono insieme di stabilire 5/6 punti programmatici da eseguire subito e da raggiungere entro un anno. Subito, ma fino a un certo tempo: Ferrara prende tempo e chiede una settimana di riflessione.

Ha in tasca un piano B, che però lo porterà dritto a stipulare una sorta di patto col diavolo, cioè con quelle persone che un mese prima aveva denunciato alla Procura della Repubblica: una eventuale intesa con Forza Italia dei Colella e con le due liste civiche CambiaMente e Ricominciare metterebbe nell’angolo Italia Viva, visto che a quel punto i 5 voti di questo gruppo non sarebbero sufficienti per mandarlo a casa.

Si susseguono varie punture di spillo, tra cui anche un messaggio bluff nel quale il sindaco Ferrara sembra accomiatarsi con i consiglieri comunali ringraziandoli per le emozioni uniche.

IL VOTO SUL BILANCIO E IL GRAN RITORNO DI CICCOZZI – Si arriva al 23 giugno. Il fatto politico è plasticamente evidenziato dai banchi vuoti del gruppo di Italia Viva. Ma il sindaco, a quel punto, i numeri ce li ha. E ce li ha probabilmente perché il prode Bernardino Ciccozzi è presente lì e svolge, in piena concordia con il primo cittadino e davanti allo sguardo perplesso del segretario comunale, la sua relazione su un Bilancio che diventa quello della pace.

Della pace raggiunta grazie ai buoni uffici e ai rapporti personali di antica e collaudata consistenza tra la potente famiglia Colella, quella del Presidente del Consiglio Comunale, e il già citato Ciccozzi.

Tutti felici e contenti? Non proprio.

LA BARRA DRITTA DEL SEGRETARIO PRINCIPE: I DUE MISTERIOSI FURTI E I DANNI ALLA SUA AUTO – Né contento né felice è sicuramente il segretario comunale il quale, pur avendone viste tante nella sua vita professionale, capisce definitivamente di essersi scontrato con una realtà pericolosa. Durante il primo periodo della sua attività, subisce, infatti, il furto del telefonino. Attenzione: glielo rubano nel suo ufficio. Gli viene chiesa una cifra di denaro per restituirlo, 50 euro, e una mattina un passante, tal Carmine D’Addio, politico di San Felice che però adesso fa “il grande vecchio”, lo avverte di aver avvistato nell’aula consiliare un telefonino che battezza come simile a quello del segretario.

In effetti è proprio quello.

Il ritrovamento è conseguenza dei 50 euro del cavallo di ritorno? Sarebbe così nel caso in cui fosse rimasto intonso, ma siccome dalla memoria di quell’apparecchio scompaiono molti documenti e molte bozze che il segretario teneva custoditi, allora è evidente che la storia del “cavallo di ritorno” puzza di depistaggio a mille miglia di distanza.

Quando scoppia la pace tra il sindaco Ferrara e il dirigente Bernardino Ciccozzi, auspice il presidente del consiglio comunale Corrado Colella, l’atteggiamento del segretario comunale Principe non cambia. E d’altronde, per cambiarlo, dovrebbe chiudere ogni giorno entrambi gli occhi su decine e decine di atti e di fatti a dir poco equivoci prodotti dal dirigente Ciccozzi, dai funzionari e dagli impiegati.

E allora, barra dritta: non si arresta la serie di lettere, la corrispondenza formale che attiva ad esempio procedimenti disciplinari.

Insomma, il sindaco si è acquietato, mentre il segretario non è disponibile a rinnegare ciò che due o tre mesi prima ha firmato di suo pugno, insieme al primo cittadino, nel summenzionato esposto inviato anche alla Procura della Repubblica.

Noi non siamo in grado di dare ulteriori elementi oggettivamente rilevanti per porre in connessione questa particolare forma di convivenza tra il segretario comunale e la struttura degli uffici, con alcuni atti che questi subisce dopo il 23 giugno, cioè dopo l’approvazione del Bilancio, anche dopo la mezza pace (che poi si rivelerà effimera) stipulata tra il sindaco e il gruppo di Italia Viva.

Detto questo, però, i fatti, nel loro connotato cronologico, non si discutono, visto che in estate Giuseppe Principe subisce un ulteriore furto, datato 2 luglio: stavolta riguarda alcuni documenti relativi alla raccolta delle firme per i referendum sulla giustizia proposti dalla Lega e dai Radicali. Successivamente avviene il danneggiamento doloso della sua auto.

SAN FELICE, IL NON DIRITTO E LO STATO CHE SONNECCHIA – Di tutte queste cose, regolarmente denunciate alle forze dell’ordine, la Prefettura di Caserta è stata puntualmente informata, e così, come riteniamo in forza delle denunce formalizzate da Principe, La Procura della Repubblica.

Ora può anche darsi che ci stiamo facendo, come si suol dire, i film, ma una situazione del genere, tenendo conto di tutti i precedenti vantati (si fa per dire) dal Comune di San Felice a Cancello, e tenendo conto delle varie commissioni d’accesso che negli anni sono state attivate e che puntualmente hanno prodotto scioglimenti per infiltrazione malavitosa, non è gratuito, eccessivo ed esagerato ritenere che la Prefettura di Caserta abbia dormito e dorma, come al solito, sonni tranquillissimi, continuando il tran tran dell’indifferenza rispetto a certi fenomeni e situazioni inquietanti.

Ciò in una condizione che rischia di dilatarsi nel tempo, visto e considerato che la completa inazione del prefetto Ruberto (che, ovviamente, trovandoci in Italia, è stato promosso prefetto di Torino e magari ce lo troviamo anche ministro), sembra trovare nel suo successore Giuseppe Castaldo un epigono, come dimostrano le sue prime dichiarazioni esplicitate sul refrain del “devo capire, devo studiare”.

Sì, buonanotte. Caserta, intanto, annega nella illegalità.