I fratelli Piccolo di San Cipriano, sede CASERTA, interdetti antimafia, insorgono: “Errore inaccettabile della Prefettura”
29 Marzo 2019 - 13:14
CASERTA – I fratelli Salvatore e Raffaele Piccolo, imprenditori di San Cipriano d’Aversa trapiantati a Caserta, hanno ricevuto recentemente la notifica della decisione, assunta dalla Prefettura di Caserta, di non iscrivere la loro società Eni Srl con sede legale in via Tescione, nella cosiddetta white list, procedura elegante che significa però, in soldoni, che per lo Stato italiano l’impresa dei due Piccolo è interdetta per mafia.
Come sempre facciamo, non abbiamo alcuna difficoltà a pubblicare note e repliche, a volte chiamate erratamente (ci adeguiamo alla pratica compulsiva della profusione compulsiva di avverbi dell’avvocato Aronne) “rettifiche”.
In effetti se la ricostruzione dell’avvocato dei Piccolo è autentica, la ragione è pienamente dalla parte di questi imprenditori.
Uno di loro è finito in uno dei filoni della maxi inchiesta denominata “The Queen”, portata avanti per anni dai magistrati della Dda di Napoli.
Stando alla tesi di chi replica non esisterebbe l’aggravante costituita dall’articolo 7 della legge 203 del 1991 (creatura ed eredità del Giovanni Falcone offeso e vilipeso in quel tempo dal Partito Democratico della sinistra, erede del Pci, per aver abbandonato il campo di battaglia di Palermo al fine di accettare l’incarico di direttore generale del Ministero della Giustizia offertogli dall’allora ministro Claudio Martelli).
In poche parole, la contestazione del reato di turbativa d’asta, regolato dall’articolo 353 del Codice Penale, per la quale Raffaele Piccolo è stato rinviato a giudizio, non sarebbe stata mai affiancata dall’aggravante di aver favorito il clan dei Casalesi.
Ovviamente noi ci fidiamo dell’avvocato e dunque diamo per assodato il fatto che nell’ordinanza originaria il nome di Raffaele Piccolo fu associato ad una ipotesi di reato semplice, scevra dall’aggravante mafiosa.
Di conseguenza, la richiesta di rinvio a giudizio formulata dalla Dda riguardò solo il 353, che poi il Gup del Tribunale di Napoli ha inviato, anzi rinviato, nel giudizio dibattimentale.
Ci fidiamo, ma questo non vuol dire che non soddisferemo la nostra curiosità di andare a guardare quella ordinanza, dentro alla quale abbiamo lasciato tante energie fisiche e mentali.
Comunque, il semplice rinvio a giudizio per turbativa d’asta non può comportare, ai sensi del Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 18 aprile 2013, citato dall’avvocato, il quale però esagera parlando di previsione tassativa quando in realtà il testo dell’articolo 2 illustra solo le condizioni necessarie e sufficienti per essere iscritti alla white list, l’esclusione dalla stessa lista.
Agli appassionati della materia proponiamo un viaggio da paura in una delle tante matrioske della legislazione italiana. L’ultima bambolina, partendo dal citato DCPM, la troverete nel Codice Antimafia.
Ovviamente, pur fidandoci degli avvocati dei Piccolo, attendiamo che, al pari di questi documenti di oggi, ci facciano dare un’occhiata all’atto di notifica della mancata iscrizione nella white list e l’ultimo provvedimento citato, quello del 26 marzo, con cui la Prefettura avrebbe annullato il primo.