IL FOCUS. Nel capoluogo regna, ripetiamo, regna il regime dell’illegalità: vi raccontiamo la storia della monnezza negli ultimi 7 anni e mezzo. C’è veramente da sputarci in faccia

14 Maggio 2020 - 13:21

Abbiamo voluto offrire, anche sapendo che difficilmente servirà a qualcosa, uno strumento di conoscenza ai nostri lettori, di una vicenda che va al di la di ogni umana immaginazione. Bisogna rassegnarsi, altrimenti si impazzisce. Però noi ci rassegneremo a modo nostro, continuando a rompere le scatole 

CASERTA(g.g.) Stamattina facciamo in un altro modo: la narrazione circostanziata, attiva, sulla vicenda riguardante i rapporti tra il comune di Caserta e il “mondo Ecocar”, ci impegna da anni. Magari qualcuno che legge gli articoli in maniera saltuaria, non ha la possibilità di valutare e di prendere atto della gravità assoluta di una situazione che definiamo, come ci piace fare, dividendola in sillabe quando vogliamo ben scandire i nostri concetti, IL-LE-GA-LE. Lo mettiamo nero su bianco in scienza e coscienza, pronti a darne conto, eventualmente, con presenze fisiche in una qualsiasi aula di tribunale, facendoci accompagnare da una lista di testimoni lunghissima e da una documentazione difensiva degna di un processo da prima pagina.

Per cui, se qualcuno ritiene di esercitare il proprio sacrosanto diritto alla querela, si accomodi pure.

Mai come in questo momento, chi briga nella gestione di un meccanismo che ha al centro 3 personaggi, cioè il sindaco di Caserta Carlo Marino,

il potentissimo, inscalfibile, intoccabile dirigente Franco Biondi e Peppe Zampella, alias la porchetta, della omonima, premiata e specchiata famiglia, si giova del fatto che la materia è tecnicamente, amministrativamente complessa e dunque, inafferrabile per un’opinione pubblica, già di per sè pigra, oramai desueta nell’esercitare le modalità di una crescita civile che si può ottenere solo attraverso la conoscenza, attraverso la volontà di informarsi sulle cose attinenti alla cittadinanza.

Purtroppo, aggiungiamo, inafferrabile, non solo per l’opinione pubblica, per il casertano medio, ma anche per una borghesia che dovrebbe essere quella del sapere e della consapevolezza e che invece si è completamente dissolta in questa città.

E allora oggi tenteremo di proporre una cronistoria purtroppo non breve perchè relativa a fatti complessi che bisogna spiegare col cucchiaino, altrimenti veramente non ci si capisce un cazzo. Una cronistoria a chi vuol conoscere per sommi, ma ben strutturati capi, frutto del lavoro durissimo che abbiamo compiuto negli anni applicandoci, spesso, in maniera “matta e disperatissima” su pile e pile di documenti materiali e/o digitali, questa storia che, in qualsiasi altro posto d’Italia si sarebbe chiusa da tempo e non necessariamente nelle sedi della potestà amministrativa.

Non è possibile, secondo noi, che una qualsiasi persona, dotata di un minimo di onestà intellettuale, possa non considerare il caso-Ecocar come il punto più basso, più fetido della relazione impropria tra politica, imprenditoria assistita in un meccanismo in cui gli interessi di certi e ben individuati gruppi sociali che all’interno degli organici di Ecocar fanno il bello e il cattivo tempo, si combinano con quelli della politica che, da questo mondo, si attende i voti elettorali utili per confermare il proprio potere e con gli interessi di chi questo potere modella, alimenta e puntella, ogni giorno, nelle stanze della burocrazia municipale.

 

IN PRINCIPIO FU IPI, MA POI ECOCAR… – Partiamo da un punto fermo: quando la mattina o il pomeriggio, perchè fanno un pò come gli pare,i compattatori di Ecocar si mettono in moto, ciò accade, senza se e senza ma, come esecuzione del contratto, stipulato nel febbraio 2013, tra il comune di Caserta e il consorzio Ecocar, composto dalla Ipi srl e da Ecocar srl. Questo non lo diciamo noi, ma lo mette nero su bianco, in ciascuna delle narrative di premessa delle sue ormai numerosissime determine di proroga, il signor Franco Biondi.

Nell’atto costitutivo del Consorzio vengono stabiliti, con precisione, i confini dell’azione e del contributo che ognuna delle due società componenti sviluppa nella realizzazione dell’oggetto sociale consortile e dunque, automaticamente, anche nella fase esecutoria del contratto stipulato col comune di Caserta e scaturito dall’aggiudicazione, negli ultimi mesi del 2012, di una gara d’appalto per l’esercizio del servizio di raccolta e di primo smaltimento dei rifiuti solidi urbani del capoluogo.

Siamo d’accordo? Abbiamo scritto qualche stupidaggine? Con molta tranquillità, invitiamo qualsiasi persona che ritenga errato questo nostro primo inquadramento dei fatti, a farsi avanti. Noi, quell’atto costitutivo del consorzio, lo abbiamo. Per cui, ci sediamo a tavolino e ce lo leggiamo insieme.

 

UN CONTRATTO DA RISOLVERE PER MAFIA, MA CHE MAGO FRANCHINO…. – Alla luce di questa delimitazione dei confini operativi tra Ipi ed Ecocar srl, e non perchè così c’è venuto in mente di scrivere in quanto detrattori del mitico orecchino da “fascinazione zingara” che Peppe Zampella detto la porchetta reca all’orecchio, CasertaCe ha sempre sostenuto che nel momento in cui è saltata Ipi, che magari era una derivazione di fatto della stessa Ecocar (ma questo giuridicamente non significa nulla, proprio nulla), il contratto tra il comune e il consorzio Ecocar, orfano di Ipi, andava immediatamente revocato.

Ciò perchè, con l’esclusione per motivi di camorra di Ipi, venivano automaticamente meno quei requisiti tecnici e finanziari, vera architrave del Consorzio nell’atto di realizzazione del suo oggetto sociale, ma soprattutto principale, se non unico motivo per cui questo soggetto giuridico, cioè il Consorzio (lo ripetiamo perchè è importante farlo) è riuscito ad aggiudicarsi una gara di circa 60 milioni di euro.

Attenzione. Già a questo punto, secondo noi, sono stati scavalcati i confini della legalità. Ma siccome il comune di Caserta gode di uno statuto speciale e della possibilità di rispettare e di adeguarsi neppure ad un 25% del codice penale, del codice degli appalti e di tutte le altre leggi, anti mafia o non anti mafia che siano, questa cosa la facciamo passare.

Però se la facciamo passare, com’è poi realmente passata in quanto anche altri, scusateci il gioco di parole, l’hanno fatta passare, capita che chi...l’ha passata liscia, assuma la convinzione che si possa andare tranquillamente anche oltre. Insomma, si instaura un regime di impunità di fatto. E i capitoli successivi di questa storia sono diventati una vera e propria narrazione surreale, no limits, rispetto alla quale vorremmo scrivere tante cose, ma per quieto vivere, lasciamo perdere.

 

IL CONSORZIO PRIMA C’E’, POI NON C’E’ MA (FORSE) C’E’ ANCORA – Il Consorzio Ecocar (già che ci siamo con i giochi di parole, ce ne concediamo un altro), diventò un consorzio senza consorzio. E per di più anche un consorzio senza Ati perchè, nel mentre, anche Alba Paciello che in quell’associazione temporanea di imprese esercente i servizi di igiene urbana del comune di Caserta e se non andiamo errati la stessa cosa era successa a Marcianise era entrata, aveva subito la stessa sorte di Ipi.

Insomma, una sorta di gara ad eliminazione, perchè ad un certo punto anche Ecocar srl per i noti fatti di Gaeta subì un’interdittiva antimafia. Dunque, il Consorzio Ecocar diventò un’entità onirica, impalpabile, dato che al suo interno non c’erano più soci in grado di esercitare le attività previste dal già citato oggetto sociale.

Per completare il quadro, l’amministratore delegato Antonio Deodati fu arrestato a Catania per una vicenda legata ovviamente ai rifiuti e per la quale ha recentemente patteggiato la pena, dichiarandosi, sostanzialmente, colpevole.

Allora, a questo punto, va bè, basta anche un’applicazione proforma dell’1% di tutti i codici e di tutte le leggi vigenti per chiudere il discorso che onestamente, come si suol dire, non si poneva neanche più.

 

COMUNE DI CASERTA, NO LIMITS – E che ci stanno a fare allora i professori delle burocrazie comunali che hanno creato dal tempo di Gigi Falco sindaco e di Carlo Marino assessore ai lavori pubblici con le insegne di Forza Italia, una vera e propria scuola, tanto attiva, tanto sfrontata da essersi riuscita a liberare completamente di ogni soggezione e di ogni vincolo al punto che uno dei fondatori, cioè Carmine Sorbo, il padre dell’appalto di cui stiamo parlando, pur essendo sottoposto al divieto, da parte dell’autorità giudiziaria, di recarsi nelle stanze del comune, ci andò lo stesso, una sessantina di volte senza per questo essere arrestato, di mattina e davanti a tutti come solo chi vuol dimostrare di non temere alcun tipo di potere può fare.

Dopo l’esclusione di Ipi, il comune di Caserta, ineffabilmente, incredibilmente, tenne in vita il contratto con il Consorzio ma non inviò i pagamenti mese per mese al medesimo, bensì ad Ecocar direttamente. Cos’era successo, dunque. Ci rendiamo conto che sembra assurdo ma le cose sono andate esattamente così: il titolo originario non poteva non essere, per i motivi esposti nel primo paragrafo di questo focus, collegato ad un negozio contrattuale tra il comune e il consorzio Ecocar.

Ma siccome questo, così come abbiamo dimostrato in diversi articoli, esisteva ormai solo nelle visure camerali in cui spiccava la leggiadra presenza della signora di nazionalità ucraina scelta quale legale rappresentante, il comune costruiva unilateralmente una sorta di contratto segreto, fantasma, che lo legava amministrativamente e finanziariamente ad un altro soggetto, giuridicamente diverso dal contraente originario di cui era componente, per di più non fondamentale, visto che tutti gli elementi basilari per l’esecuzione del citato contratto, erano stati garantiti dall’ormai defunta, putrefatta Ipi.

 

L’OPPOSIZIONE PIU’ IMPRESENTABILE DI MARINO, BIONDI & CO – Come possa essere avvenuto ciò, senza che nessuno abbia parlato o scritto, tranne noi naturalmente, senza che la presunta minoranza politica del consiglio comunale, ormai inesistente e non più presentabile a partire putroppo dall’ormai scomparso e bollitissimo Francesco Apperti, dicesse olà.

Intanto, una provvidenziale legge dello Stato consentì ad Ecocar, al pari di tante altre imprese colpite da interdittiva antimafia, di continuare ad esercitare la propria attività sotto il controllo, la tutela del tribunale. Per cui, assorbendo come se nulla fosse, il fatto che “Antonio” aveva vinto l’appalto e Peppino, cioè una persona diversa da Antonio, lo realizzasse senza averlo potuto ottenere, perchè questo è vietato in subappalto, si arrivò “allegramente” alla scadenza contrattuale del febbraio 2018 senza che l’Ente avesse provveduto, nel frattempo, attraverso una regolare procedura di gara, a trovare una nuova ditta.

 

DAL BLITZ DELLA DDA ALLA DEREGULATION DELLE PROROGHE ILLEGALI. E LA “GARETTA”… – Naturalmente, siccome tutto era in ordine, tutto era trasparente, il signor Biondi, che intanto aveva ereditato la delega all’Ambiente e ai rifiuti dal suo amico e maestro Carmine Sorbo, si era ben guardato dal bandire una nuova gara.

Quando lo fece, successe quello che è successo: Dda in campo, perquisizioni nella casa e nello studio del sindaco Marino, perchè c’era il sospetto, suffragato da significative intercettazioni telefoniche e indizi emersi da puntuali pedinamenti effettuati dai carabinieri, che si stesse preparando una pastetta affinchè CarloSavoia,vecchio collega di partito di Carlo Marino (fu quest’ultimo ad annunciare in comune con tanto di video da noi pubblicato, l’aggiudicazione provvisoria per 7 anni, per circa 116 milioni di euro), ai tempi di Forza Italia, diventasse, utilizzando le insegne dell’impresa Energetika Ambiente (a cui abbiamo dedicato una lunga inchiesta che potrete trovare nella nostra omonima sezione), il nuovo dominus della monnezza casertana.

Un’indagine ancora aperta anche se, al momento, non se ne conoscono le evoluzioni. Mentre si conosce bene lo sberleffo che dalle stanze del comune è stato inviato ai magistrati dell’antimafia, nel momento in cui il funzionario Pippo D’Auria, protagonista degli “incontri e delle consultazioni” con Carlo Savoia, a divenire uno dei responsabili della trasparenza e diverse volte vice Rup, adeguatamente remunerato, nelle varie determine con cui Biondi elargisce altri quattrini alle imprese che si occupano di monnezza.

 

LA VECCHIA LEGGE E IL NUOVO CODICE DEGLI APPALTI: ME NE FREGO! – In tutto questo bailamme, si crearono le “provvidenziali” more per giustificare una prima proroga di 6 mesi. L’unica consentita per legge in tutti i contratti stipulati precedentemente all’entrata in vigore del nuovo codice degli appalti.

Figuriamoci se il signor Franco Biondi si faceva condizionare da un dettagliuccio del genere. Da quel febbraio 2018 sono trascorsi 3 anni e 3 mesi e siamo arrivati, se abbiamo fatti bene i calcoli, alla sesta proroga incamminandoci verso l’attuazione (come la vogliamo chiamare, surrettizia?) di un nuovo contratto quinquennale.

Pressati dalla cocciutaggine di questo giornale e dalle prime visite fatte dalla Guardia di Finanza negli uffici del Comune, Biondi “fece finta” di bandire una gara di 6 mesi. Guardate, non è grave questa nostra affermazione. Non è grave per quello che era successo prima, ma soprattutto per quello che sarebbe successo dopo.

Altra scena, stesso copione, stessi attori: Se l’aggiudicò Energetika ambiente che fu revocata dopo un paio di mesi in quanto su di essa gravava un consistente debito con l’Erario.

In questa parte di un romanzo che putroppo non è tale, irrompe la buonissima anima di Luigi Pirandello con i suoi meravigliosi grovigli e con i suoi geniali paradossi: il siluramento di Energetika ambiente teneva, infatti, in piedi, da un lato, il lunghissimo, eterno regime di proproga a favore, non del Consorzio Ecocar, da cui discendeva il diritto all’esercizio del servizio di raccolta dei rifiuti, dall’altro lato regalava alla stessa Ecocar su un piatto d’argento, l’aggiudicazione della garetta di 6 mesi, che questo giornale aveva invocato per anni, che Carlo Marino e Biondi avevano concesso con un piano ben preciso in testa, con la luciferina volontà di mandare anche a noi, dopo aver spedito lo sberleffo alla Dda con le promozioni e gli incarichi incassati da Pippo D’Auria, una solenne pernacchia nel momento in cui ne avrebbero vanificato gli effetti.

 

A BIONDI, I SIGNORI KAFKA E PIRANDELLO GLIE’ FANNO UNA…. – Siccome, evidentemente, le proroghe sono molto più comode ed utili alle ragioni di questa fratellanza tra certa politica, certa impresa e certe presenze para-malavitose che abbondano all’interno del mondo dei rifiuti a Caserta, anche Ecocar, paradossalmente, con sua grande soddisfazione, subisce la revoca, perchè Biondi, in una sua sensazionale determina, uno dei punti massimi raggiunti nella sua carriera di dirigente del comune di Caserta, rileva che Ecocar non è una ditta affidabile (dopo 2 anni di proroghe) perché, durante il periodo della gara, non ha pagato i dipendenti.

Si dà il caso che il periodo della gara coincideva con quello delle proroghe che invece rimanevano attive e reiterate perchè in quel caso evidentemente Ecocar, ecco perchè c’azzecca Pirandello, era affidabile.

E quali sarebbero i dipendenti che Ecocar non avrebbe pagato? Forse quelli che, oggi, ancora oggi, risultano in servizio, non con Ecocar, bensì con il Consorzio Ecocar?

Raffreddiamo un attimo il cervello mettendo la testa sotto all’acqua gelata e ribadiamo il concetto: Ecocar srl viene esclusa perché un altro soggetto giuridico, cioè il Consorzio Ecocar, di cui Ecocar srl fa parte, non ha pagato regolarmente gli stipendi. Scusate ma noi più semplice di così, non ve la possiamo raccontare. Questi qua sono dei….va bè, il sostantivo ce lo mettete voi.

Se non stessimo a Caserta e non sapessimo ormai a menadito di chi stiamo parlando e su cosa stiamo scrivendo, il manuale del buon giornalista d’inchiesta, richiederebbe, a questo punto, la formulazione delle seguenti, precise domande, rivolte al signor sindaco della città di Caserta Carlo Marino: perché si tiene ancora in piedi questo rapporto dopo 27 mesi di proroghe? E come mai non si sono ancora presi provvedimenti dopo l’annullamento dell’ennesima gara? Perché, allora, con affidamento diretto all’Ecocar, sono stati affidati vari servizi, come la rimozione delle pedane di Corso Trieste e una folkloristia, comica sanificazione per Covid 19 (sono tutti articoli che trovate negli archivi di CasertaCe), con notevole esborso di denaro pubblico? Perché, invece di attuare le giuste, doverose economie, risparmiando su un servizio per cui il comune di Caserta spende risorse spropositate, assolutamente fuori misura, accumulando debiti che poi porteranno inevitabilmente, tra qualche anno, ad un terzo dissesto, si riconosce addirittura un aumento Istat mensile, senza indicare nessuna modalità di calcolo rispetto ad un numero, ugualmente fuorilegge, di dipendenti?

Ultima considerazione. La decliniamo “facendoci lo stesso film” di fantascienza nella nostra testa, cioè quello che ci racconta la storia di un posto civile in cui si rispettano leggi e procedure: essendo scaduto il contratto, che non sanciva solo l’aggiudicazione al consorzio Ecocar della raccolta dei rifiuti, ma anche il mandato di questo servizio, per quale motivo non si è tornati tre anni e mezzo fa e non si torna oggi in consiglio comunale per ottenere un voto che riattribuisca alle potestà esecutive del municipio casertano, il mandato di muoversi per applicare una nuova esternalizzazione?

Va bè, questa qui ce la potevamo proprio risparmiare, dato che recentemente abbiamo definito accattoni alcuni consiglieri comunali del capoluogo. Pensate se questi qua che “si sono segnati” 16, 17, 18, 19 partecipazioni a commissioni consiliari a partire dal 10 marzo, quando anche gli uffici dell’Onu si sono fermati, possano avere questa sensibilità per una questione di democrazia?

Tornando al discorso del disastro economico-finanziario del comune, noi abbiamo preannunciato un terzo dissesto sapendo bene che i primi 2 sono avvenuti proprio per gli squilibri del settore dei rifiuti. Il percorso è sempre lo stesso, l’epilogo sarà la definitiva distruzione di una città ormai, materialmente e moralmente invivibile.