IL VIDEO E L’EDITORIALE. Don Carmine Schiavone, quello delle lettere scritte al latitante Nicola Panaro, invita (praticamente) con la “sua” Caritas, a votare Pd e Centrosinistra. Ma per fare il Romero e il don Milani occorre una legittimazione morale, che il vicario di Aversa non ha
2 Settembre 2022 - 14:47
L’abbiamo dovuto vedere ed ascoltare più volte. Non tanto perchè abbiamo difficoltà, da vecchi navigatori della politica politicante a decriptare certe parole, ma perchè lo riteniamo importante, in quanto, mai come in questa occasione, il vicario della diocesi di Aversa, il prete di Casal di Principe, si era mai esposto in questa maniera. E allora, cominci a facilitare il nostro compito e ci mandi i testi integrali e non rimaneggiati di quelle missive da lui scritte al boss Nicola Panaro. Qualora costituissero solamente inviti alla redazione, al pentimento morale, senza alcun altro concetto ausiliario, noi siamo pronti a dargliene atto. E su Papa Francesco…
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di Gianluigi Guarino
Come sanno i lettori di Aversa e dell’agro aversano più attenti e più disponibili a leggere per intero gli articoli di questo giornale, noi di CasertaCE abbiamo sempre guardato con molta attenzione, con molto rispetto, ma senza alcun condizionamento, derivato da auto-limitazioni di sorta, alla funzione da lui ricoperta, alla vita e alle opere di don
Rispettando un nostro usuale regime narrativo, partiamo da una locuzione interrogativa, cioè da una domanda che ci poniamo e che poniamo ai lettori che ben conoscono l’attività di CasertaCE: quanto ha contato nell’attivazione di questa nostra particolare attenzione, di questa nostra vigilanza il passato controverso di questo sacerdote? Ha contato, ma in maniera ortodossa, seria, altamente garantista.
Al riguardo, avete mai letto un articolo relativo ad una notizia, ad una storia collegata alle opere di don Carmine Schiavone in cui abbiamo contaminato la trattazione e le nostre valutazioni con riferimenti concettuali ai giorni complicatissimi che don Schiavone visse nel 2013, quando fu pesantemente indagato per alcune lettere che aveva scritto negli anni precedenti all’allora latitante Nicola Panaro, per anni reggente del clan dei casalesi all’indomani dell’arresto di Francesco Schiavone Cicciariello, avvenuto in Polonia nel 2004?
Mai e poi mai; mai e poi ami abbiamo accompagnato un nostro articolo, relativo a don Carmine Schiavone, collegandolo in via diretta o indiretta a quelle vicende, che pur conoscevamo benissimo e che ci inducevano come detto a essere attenti alle mosse di questo religioso. Tanti anni fa, della vicenda giudiziaria che coinvolse don Schiavone ci occupammo con diligenza cronistica. Come era nostro dovere fare. Trattammo, attribuendole l’importante rilievo che questa meritava, la notizia dell’archiviazione della posizione di don Carmine Schiavone che non fu ritenuto responsabile di aver sostenuto e contribuito materialmente alla latitanza di Nicola Panaro, di non aver collegato fattivamente la sua opera a quella di suo fratello, di quel Vincenzo Schiavone che nell’ambito della medesima inchiesta era stato arrestato il 16 novembre 2013.
L’ultima volta che abbiamo citato don Carmine Schiavone in un nostro articolo, è stato quando, qualche mese fa, sottolineando il suo rapporto strettissimo con il sindaco di Aversa Alfonso Golia, sfottemmo un pò il medesimo affermando che il vero sindaco e neppure tanto ombra, della città di Aversa, si chiamava don Carmine Schiavone, vicario diocesano e soprattutto potentissimo vertice regionale della Caritas.
Ora, la questione dei preti che fanno politica non è, nè originale, e nè, a nostro avviso, tanto grave da suscitare moti ampi, diffusi, fragorosi di esecrazione. E’ vero che, in teoria, secondo una lettura rigorosissima, ortodossa delle scritture non dovrebbero farla la politica, perchè a questo ci pensò Gesù Cristo, il quale dovette necessariamente diventare anche, seppur in senso lato, un uomo politico.
Ma la prassi è un’altra cosa e neppure il recupero di una certa compostezza dell’apparenza da parte di un clero che ha attraversato i secoli, anzi i millenni, costituendo un fattore determinante dei processi politici e di governo, degli imperi, degli ordinamenti, delle monarchie, ci porta ad essere troppo severi nei confronti di chi mette il becco in politica indossando una tonaca.
Questione di realismo. Esistono nella società delle necessità più importanti, più stringenti, più impellenti e il ruolo che un prete può svolgere dentro al confronto e allo scontro politico non deve comportare l’utilizzo di troppe energie valutative, in un’epoca in cui non è che siano tantissime le persone, le anime semplici che si fanno condizionare dal loro parroco o dal sacerdote in cui ripongono fiducia, in merito alla scelta elettorale da compiere in cabina e che è frutto di tante altre sollecitazioni esterne, di tanti altri stimoli, rappresentati soprattutto dal rapporto quotidiano, ormai divenuto quasi totalizzante dopo l’avvento dei cosiddetti social, con gli strumenti della comunicazione laica, con le anime semplici troppo impegnate a raccordarsi alle cazzate della rete per poter ascoltare i preti.
Per cui, ciò che noi scriviamo oggi su don Carmine Schiavone non è certo frutto di una impostazione culturale ottocentesca o primo novecentesca, quando essere liberali significava soprattutto esserlo da un punto di vista della visione economica mentre c’erano tutto sommato ragioni storiche evidenti per dare a quel tipo di liberalismo una forma iper-laica e anticlericale, che poi spesso e volentieri si traduceva in impegni settari, in piena antitesi, in una vera contraddizione in termini culturali dell’essenza del liberalismo e che poi mano mano si è ulteriormente degenerata, scadendo nell’attività oscura, obliqua e spesso illegale di poteri forti cementati dalle logge segrete della massoneria.
No, il problema non è questo. Don Carmine Schiavone è un prete che fa politica e, naturalmente, siccome non è uno stupido, tutt’altro, la fa cercando di non dare nell’occhio. Se, infatti, guardate questo video con attenzione, vi accorgerete che la sua sovraimpressione di ingresso sull’agorà è accompagnata da una chiara definizione della motivazione che ha spinto don Carmine Schiavone, da neo delegato regionale della Caritas, a costituirla.
L’agorà, peraltro strumento ampiamente precristiano, nasce con l’obiettivo di orientare politicamente, di indicare quali siano le strade da seguire o da non seguire già a partire dalle elezioni del 25 settembre. Lo si capisce soprattutto dalla sovraimpressione, perchè ascoltando don Carmine Schiavone occorre l’orecchio allenato dei politici-politicanti per cogliere, nella sua faticosa locuzione, lo stesso significato che invece la sovraimpressione comunica nell’incipit del video, in maniera forte e chiara.
Don Carmine non utilizza mai la parola “elezioni“, parla di scelte da orientare in base a quelle che sono le proposte relative all’immigrazione, di un’immigrazione che è accoglienza tout court. Insomma, don Carmine non dice, non votate la Lega, Fratelli d’Italia, Forza Italia, non dice votate il Pd, ma è esattamente questo il messaggio che la clip sull’agorà vuole inviare.
Non abbiamo capito bene, magari nei prossimi giorni cercheremo di approfondire, se questa agorà sia un luogo materiale o solamente digital-virtuale. Abbiamo capito invece che non sarà un luogo di confronto, ma un’ambiziosissima agenzia nella quale si svilupperà un ovviamente pure ambizioso tentativo di indottrinamento.
Ora, siccome non siamo nel 1948, siccome questo non è il tempo della scelta fondamentale, cardinale, epocale tra le dittatura dei soviet e la democrazia occidentale, siccome questo non è il tempo di quell’Azione Cattolica, dei Comitati Civici, fondati da Luigi Gedda, su direttiva di papa Pio XII proprio in funzione di quella campagna elettorale, allora la posizione di don Carmine Schiavone va valutata con altre lenti e da un diverso angolo di visualizzazione culturale.
Don Carmine Schiavone, che ripetiamo, dopo essere stato indagato dalla Dda, si è visto riconoscere attraverso un’archiviazione, la non colpevolezza per i reati ipotizzati a suo carico, ha scritto più di una lettera a Nicola Panaro, con la consapevolezza di scrivere ad un latitante, ad una persona che scappava, che si sottraeva al sindacato giudiziario, alle valutazioni della giustizia.
Ciò di per sè non è neanche un fatto di eccezionale gravità, secondo noi. Le strade della missione apostolica, le strade della predicazione dei principi morali del cristianesimo non possono essere, per definizione, troppo rettilinee, troppo legate a procedure concordate, manifestate, messe davanti alla conoscenza di chiunque. Se fosse così, dovremmo parlare di un clero simile a quello della chiesa cattolica di stato, controllata in Cina dal governo.
E d’altronde, se uno dei sacramenti più importanti è quello della confessione che non si svolge certo in una pubblica piazza, si capisce anche che un prete possa ritenere la pur ardita iniziativa di scrivere lettere ad un latitante accusato di omicidi e di tanto altro ancora, possa essere valutata con un’attenzione densa, ma non per questo orientata immediatamente alla riprovazione, all’idea di dire che quel prete si è mostrato corrivo, collaterale rispetto alla mentalità, rispetto al deserto dei valori che hanno determinato la scelta criminale di un Panaro,camorrista finchè si vuole, boss finchè si vuole, ma pur sempre, a rigor di scritture, una pecorella smarrita.
Detto ciò, noi non abbiamo potuto ancora leggere con attenzione anche con una spesa esegetica che riteniamo di poter concedere ai nostri lettori, in relazione ai temi della cultura laica e della cultura cristiana, soffermandoci sulle relazioni e sugli scontri epocali a queste di due bastioni del pensiero occidentale, ma avendo guardato questo video, questa sorta di furbesco endorsment di don Carmine Schiavone, cercheremo di recuperarle dagli atti giudiziari della citata inchiesta del 2013.
Don Carmine Schiavone è il delegato, cioè il capo della Caritas della Campania, è stato ed è ancora vicario, cioè numero 2 della diocesi di Aversa, che raccoglie tutti i comuni dell’agro aversano. Nel momento in cui ritiene che il voto elettorale rappresenti uno strumento di affermazione dei principi della morale cristiana, si pone nelle condizioni di far diventare quelle lettere da lui scritte a Nicola Panaro, tema di analisi e per questo, stavolta, a differenza di quello che abbiamo scelto di non fare per anni, elemento di valutazione omogenea di tutto l’agire di questo sacerdote.
Per cui, dovranno essere scrutate sillaba per sillaba, per capire se a Nicola Panaro, grande amico i suo fratello Vincenzo Schiavone, lui, don Carmine, parlava solamente di redenzione, di necessità di passare per una fase di certificazione giudiziaria della posizione del Panaro, viatico obbligatorio per essere legittimati a chiedere il perdono cristiano oppure se don Carmine, a Panaro scriveva anche altro, al di là delle valutazioni che hanno portato l’autorità giudiziaria ad archiviare la sua posizione, visto che la questione dell’opportunità, della presentabilità, della credibilità di uan persona, in questo caso di un religioso, può anche esulare, come effettivamente spesso capita, dalle determinazioni assunte all’interno della sfera della giurisdizione.. E’ importante stabilire questo nel momento in cui don Carmine Schiavone ritiene di poter assumere una sorta di cattedra dell’indirizzo politico, nel momento in cui ritiene di poter diventare un don Milani, un padre Pintacuda dei nostri giorni.
Vedete, noi articoliamo la nostra valutazione, partendo da una posizione laica e non entriamo, almeno per il momento, nel merito delle decisioni assunte dalle gerarchie ecclesiastiche le quali hanno trattato don Carmine Schiavone, all’indomani dell’archiviazione della sua posizione giudiziaria, come una sorta di vittima, di iper-vittima da ristorare, da ricompensare, dato che da allora in poi la sua carriera è letteralmente esplosa fino ad arrivare all’assunzione del posto di delegato regionale della Caritas che per dirla tutta, se io fossi un vescovo (e menomale che non lo sono), non darei mai ad un prete che ha avuto un fratello arrestato per reati di camorra, che ha scritto lettere ad un latitante, senza avvertire il suo vescovo del tempo, che si affrettò quando lo scandalo venne fuori, a sospenderlo temporaneamente.
Ma noi, ripetiamo, per il momento, vogliamo discutere di questo video da un angolo visuale integralmente laico. Diciamo che tu, prete, puoi fare anche politica e puoi dire, in quanto delegato regionale della Caritas, che occorra votare Pd, che poi significa votare Stefano Graziano, significa votare il sistema che Stefano Graziano ha costituito all’Asi di Aversa, significa votare le modalità attraverso cui questo sistema ha reso la famiglia di imprenditori di Frattamaggiore, trapiantati ad Aversa e dintorni, dei Canciello, una sorta di centro di gravità permanente in grado di godere di una grande agibilità nei processi amministrativi che ai Canciello hanno permesso di creare un vero e proprio impero immobiliare, con attività che a nostro avviso erano, sono e resteranno di di dubbia legittimità.
Se uno si espone, mettendosi a fare il Monsignor Romero della situazione, il teologo della liberazione, in salsa campana e in salsa aversana, vuol dire che ritiene di avere l’autorità morale, l’animo puro per poter dire, ok, la sinistra una volta voleva accoppare tutti i preti, ma oggi, il Pd, Stefano Graziano, Enrico Letta, il comunista Fratoianni, il rossoverde Bonelli, la presidente Raffaela Pignetti, Ferdinando Canciello, il sindaco di Teverola Barbato, l’alleato principale di Graziano, cioè Giovanni Zannini, rappresentano l’unica opzione per garantire l’accoglienza integrale, sviluppata senza se e senza ma, da un’organizzazione, da una Caritas dove girano montagne di quattrini, abitualmente assistita, finanziata, anche dal comune di Aversa, così come vi mostriamo con la determina che pubblichiamo in calce.
Accoglienza totale e integrale al di là di tutto, senza star lì a valutare quali possano essere le conseguenze di una fiumana di diseredati, ce l’Italia non è in tutta evidenza in grado di assistere e a cui non può garantire un futuro migliore rispetto a quello buio che li induce a cercare la fortuna sui barconi. Accoglienza integrale significa rafforzamento del ruolo della Caritas che già gestisce risorse ingentissime provenienti dalle casse delle istituzioni vaticane, delle istituzioni cattoliche, ma che a quel punto diventerebbe il logico strumento in grado, automaticamente di porsi, rispetto ai flussi della finanza pubblica, come interlocutore pressoché unico di una risposta apparentemente accettabile, ma solo apparentemente, all’emergenza degli sbarchi a valanga.
Riteniamo di aver commentato questo video di don Carmine Schiavone, rispettando la sua persona e rispettando anche il suo ministero. Per quel che riguarda la citazione di Papa Francesco, seppur indirettamente legata alla decisione di far nascere questa agorà, sarebbe utile chiedere al pontefice un incontro e un confronto di tesi: da una parte quelle esposte da don Schiavone, dall’altra parte, quelle esposte in questo articolo.
Secondo voi, Bergoglio si schiererebbe con don Carmine?