LA “BACCHETTA” DEI CASALESI. Prima ti accarezzo e poi ti ammazzo. Gli davano 3mila euro al mese prima di riempirlo di piombo

24 Dicembre 2021 - 19:18

In calce alla articolo lo stralcio con le dichiarazioni del pentito Nicola Panaro, che svela un altro retroscena del duplice omicidio di Santa Maria Capua Vetere di Sebastiano Caterino e del nipote Umberto De Falco

CASAL DI PRINCIPE – Nei giorni scorsi, sviluppando l’argomento interessantissimo presente nell’ultima ordinanza della serie relativa al duplice omicidio avvenuto in pieno giorno e in pieno centro a Santa Maria Capua Vetere il 31 ottobre 2003 e per il quale rimasero vittime il boss Sebastiano Caterino e il nipote Umberto De Falco, abbiamo evidenziato quella che è un’attitudine territoriale la quale a Casal di Principe e dintorni, ma in tutto l’agro aversano, escludendo da questa valutazione la città di Aversa, è presente nella mentalità.

Usando un noto termine dialettl l’abbiamo definita l’arte della bacchetta, che non è mai una cosa simpaticissima, chiaro, ma quando viene usata per scopi criminali e sanguinari, così come avvenuto nel summenzionato duplice omicidio, diventa interessanti anche per gli scienziati dell’antropologia. Abbiamo già scritto che Francesco Schiavone Cicciariello, cugino diretto del capo dei capi Franscesco Schiavone Sandokan, elaborando per tutto l’anno 2003, assieme agli altri capi Michele Zagaria e Antonio Iovine, un vero e proprio piano di guerra, un’azione autenticamente militare e finalizzata ad uccidere Sebastiano Caterino,

uno che il killer l’aveva fatto molto a lungo durante la sua vita e così conscio della materia da divenire un target complesso da colpire, decise di scrivere una lettera per tranquillizzare Caterino sul fatto che le divergenze del passato, una volta regolati i conti con la famiglia dei De Falco, dopo averlo fatto con Bardellino, non avevano più motivo di esistere e dunque la condanna a morte decisa già negli anni Novanta per essere stato sempre dall’altra parte, prima al servizio di Bardellino, poi di De Falco, era diventata proverbiale acqua passata.

Una lettera che Cicciariello consegnò alla madre di Caterino. E mentre compiva queste azioni, era in atto la preparazione dell’agguato, attraverso una logistica complicata, che prevedeva la partecipazione di decine e decine di uomini tra killer, specchiettisti, fornitori di servizi di riparo domiciliare, assistenza gastronomica, alle auto eccetera.

Nello stralcio che andremo a pubblicare oggi, la bacchetta in questione, finalizzata a far abbassare un po’ la guardia a Caterino, per renderlo un bersaglio più semplice da colpire, si riempie di altri particolari.

Il collaboratore di giustizia Nicola Panaro, per un periodo reggente della fazione Schiavone dei Casalesi, la più importante riferisce ai magistrati la circostanza che Sebastiano Caterino percepiva tremila euro al mese dal clan. Soldi spesi per rendere ancora più credibile la stipula di una pace che andava a mettere una pietra sopra a tutte le guerre del passato.

A dimostrazione, però, di quale fosse il livello di incrostazione criminale dei personaggi, Caterino, conferendo con un esponente della famiglia sammaritana dei Fava, messisi al suo servizio commentò il testo della lettera di Cicciariello, esprimendo una reazione alla stessa totalmente antitetica rispetto a ciò che era nelle finalità a cui erano state piegate la strategia del falso accomodamento, della falsa pace.

Questa è una lettera di morte“. Le parole pronunciate dall’Evraiuolo, che non abbassò per nulla la guardia, girando ina auto blindate, ma che nulla poté contro la potente macchina da guerra dei Casalesi che, poche settimane dopo quella lettera, lo colpì a morte, utilizzando potenti armi da guerra a pochi anni di distanza da quelle palazzine IACP nelle quali risiedeva e dove aveva stabilito il suo quartier generale di aspirante dominatore della piazza di Santa Maria Capua Vetere, con conseguente emarginazione della famiglia Del Gaudio Bellaggiò, storicamente a disposizione degli Schiavone e delle altre fazione del clan di Casal di Principe, San Cipriano e Casapesenna.

 

 

QUI SOTTO LO STRALCIO DELLE DICHIARAZIONI DI NICOLA PANARO