La Domenica di Don Galeone: “Attenzione agli equivoci: mai Gesù condanna la ricchezza in sé e per sé” …ma perchè…”essa può diventare la nostra prigione, il nostro dio immanente”

10 Ottobre 2021 - 09:29

XXVIII Domenica del TO (B) – 10 ottobre 2021

La ricchezza: non divisione, ma con-divisione!

Prima lettura: La ricchezza è nulla rispetto alla sapienza (Sap 7,7). Seconda lettura: La parola di Dio è viva, tagliente (Eb 4,12). Terza lettura: Vendi quello che hai, vieni, seguimi! (Mc 10,17).

Prima lettura  Qualche breve indicazione sul libro della Sapienza o Sapienza di Salomone o semplicemente Sapienza (greco: Σοφία Σαλωμῶνος). È un testo contenuto nella Bibbia cattolica (Settanta e Vulgata) ma non nella Bibbia ebraica (TaNaKh); è considerato ispirato nella tradizione cattolica e ortodossa, mentre è considerato apocrifo per tradizione protestante. È scritto in greco, ma è probabile che il testo originale sia stato scritto in ebraico. La redazione finale è avvenuta nel primo secolo a.C. È stato attribuito al re Salomone. San Girolamo lo attribuì a Filone di Alessandria e così anche San Bonaventura. In realtà l’autore del testo rimane ignoto. Molti studiosi pensano che il libro abbia non un solo autore, ma che sia opera di più autori. La Sapienza, in ordine cronologico, è l’ultimo libro dell’Antico Testamento.  Il re Salomone così narra la sua origine: “Anch’io sono un uomo mortale come tutti, formato di carne nel grembo di mia madre, frutto del seme di un uomo e del piacere coniugale” (Sap 7,1-3). Era un bambino eccezionale, ma gli mancava una qualità importante: la sapienza. Nel brano di oggi ci racconta come gli fu donata: “Pregai e mi fu elargita” (v.7). Il riferimento è al celebre sogno sul monte di Gàbaon, dove il Signore gli apparve: “Chiedimi ciò che vuoi e io te lo darò”. E Salomone chiese di saper distinguere il bene dal male (1Re 3,4-15). La scienza ci viene data dai maestri ma la sapienza viene solo da Dio, grazie alla preghiera sul monte: chi si ferma in basso, chi non eleva il cuore a Dio, resta privo della sapienza. E Salomone riconosce che, proprio per averla scelta, il Signore gli ha dato tutti gli altri doni.

Servirsi “del” denaro, e non servire “il” denaro!   Vorremmo avere più spazio per analizzare, anche in sede estetica, l’episodio del giovane ricco, tra i più organici del Vangelo di Marco, tra i più densi e drammatici. Un brano molto attuale, in questa nostra società dell’opulenza, nella quale il cristiano è costretto a scegliere tra l’avere e l’essere. Il poeta latino Orazio scrive che “bisogna cercare prima di tutto la ricchezza; la virtù viene dopo i soldi” (Epistole, I, 1,53): è il pensiero di un pagano, ma quanti cristiani la pensano come lui! Il filosofo cinico Cratete, discepolo di Diogene, per dimostrare la sua superiorità sulle ricchezze, aveva con orgoglio gettato in mare i suoi gioielli: “Cratete libera Cratete!”; forse, sarebbe stato molto più saggio distribuire, condividere, fare festa insieme. Anche il nostro poeta G. Giusti, in una quartina della sua opera Gingillino, riporta la mentalità corrente della gente: “Un gran proverbio caro al potere dice che l’essere sta nell’avere”. Proviamo, sempre con il nostro evidenziatore, a riflettere su alcune espressioni-chiave del Vangelo:

▪ Gesù, fissatolo, lo amò    Marco si compiace di ricordare gli sguardi di Gesù: quello indignato contro i farisei (Mc 3,5), quelli rivolti ai suoi ascoltatori (Mc 3,34), alla folla che lo circonda (Mc 5,32), ai discepoli (Mc 10,23), al disordine che regna nel Tempio (Mc 11,11). Egli guarda il giovane ricco con affetto, perché lo vede preparato per fare il salto di qualità: “Va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri!” (Mc 10,21). Non è un ‘consiglio’ riservato a pochi eroi: Gesù non si rivolge a un gruppo ristretto di ‘perfetti’ ma a chiunque voglia essere suo discepolo.

▪ Una cosa sola ti manca   Ἕν σε ὑστερεῖ. Che cosa? Come saperlo? Se vogliamo sapere cosa ci manca, dobbiamo lasciarci guardare da Gesù. Spesso noi ci lasciamo guardare da altri, ci paragoniamo con altri, e da qui i sentimenti di invidia, di frustrazione, di competizione. Illuminati dallo sguardo amoroso di Gesù, potremo sempre sapere cosa ci manca. Mettersi in confronto con la parola viva, tagliente, efficace di Gesù; non una parola decorativa, sterilizzata, dolcificata. Noi siamo in genere portati a esaminare la parola; invece è la parola che deve esaminare noi; spesso nelle nostre riflessioni, edulcoriamo, eutanasiamo la parola, fino a renderla innocua come un temperino, e invece è “più tagliente di ogni spada a doppio taglio” (Eb 4,12).

▪ Rattristatosi per quelle parole, se ne andò   Quel tale (Matteo dice che era un giovane, Luca invece un notabile) era andato a chiedere cosa doveva “fare di più”, qualche pratica in più, e invece si sente l’invito a lasciare tutto, a “essere di più”. Gesù non chiede qualcosa di più (una preghiera, un’elemosina, un fiore …) ma un orientamento diverso alla vita, non una quantificazione ma una qualificazione. E’ possibile! Dopo avere ascoltato questo Vangelo, Sant’Antonio, il padre dei monaci, lasciò tutto inoltrandosi nel deserto dell’Egitto; Agostino trovò la felicità e la verità non quando seguiva le filosofie di moda ma quando decise di convertirsi; Francesco di Assisi fu veramente libero e felice quando buttò dalla finestra le ricchezze e sposò Madonna Povertà; se non lo avesse fatto, sarebbe rimasto il signor qualunque, marito di una donna qualunque, in un paese qualunque, proprio un “tale” come dice il Vangelo.

▪ Quanto difficilmente i ricchi entreranno nel Regno!    Attenzione agli equivoci: mai Gesù condanna la ricchezza in sé e per sé; tra i suoi amici c’è anche Giuseppe d’Arimatea, “uomo ricco”; c’è Zaccheo, dichiarato “salvo” anche se conserva per sé metà dei suoi beni, che, per un ex-esattore di tasse, dovevano essere parecchi! Ciò che Gesù condanna è l’attaccamento morboso al denaro, il far “dipendere dal denaro la propria vita”, trasformare il denaro da servo in padrone, addirittura in dio, fino a operare una sacrilega inversione di tutti i valori: il “Niente è impossibile a Dio” della Scrittura diventa, invece, il “Niente è impossibile al denaro”. Molti di noi fanno fatica a comprendere queste strane verità; ci sentiamo sicuri dell’aritmetica tradizionale, che consiste nel sommare, nel moltiplicare, mai nel sottrarre; a dividere ci penseranno poi figli e nipoti. Gesù ci propone una contabilità semplificata, ma a noi, bambini difficili, piacciono le cose complicate!

Che nessuna cosa diventi la nostra prigione!   Gesù di Nazaret è e resta un modello; anche i non-credenti ne sono affascinati; egli non appartiene a una sola chiesa, e perciò appartiene a tutti. Guai a noi se lo ingabbiamo nel reticolo della nostra religione! Egli insegna la religione del futuro, propone all’uomo di andare sempre oltre. Anche nel Vangelo di oggi ritorna il tema dell’andare-oltre: “Una sola cosa ti manca!”. Al giovane del Vangelo, Gesù non fa discorsi spirituali del tipo: “Diventa buono, prega di più!”, ma: “Lascia quello che hai, da’ le tue ricchezze ai poveri, vieni con me, lotta con me per l’avvento del Regno di Dio!”. Gesù propone un’esistenza liberata; a differenza dei moralisti di ogni tempo, egli non dice che la ricchezza è un male. Il male della ricchezza sta nel fatto che essa può diventare la nostra prigione, il nostro dio immanente. A tutti, una vita buona!