LA DOMENICA DI DON GALEONE. Marta “non si fa lavorare” dalla Parola. Gesù non loda l’ozio, ma essere iperattivi significa spesso scappare da se stessi

21 Luglio 2019 - 11:20

Prima lettura:  Signore, non passare oltre senza fermarti dal tuo servo! (Gn 18, 1). Seconda lettura: Il mistero nascosto da secoli, ora è manifestato ai santi (Col 1, 24). Terza lettura: Marta lo accolse nella sua casa. Maria ha scelto la parte migliore! (Lc 10, 38).

1) La domenica dell’accoglienza e del servizio. Questo brano del Vangelo di Luca va interpretato bene. Sovente incontriamo donne come Marta continuamente agitate e nervose, e altre donne come Maria che lasciano (o vorrebbero) la famiglia e il lavoro per stare in chiesa. Noi sbagliamo se pensiamo che Maria fosse pigra o passiva. Quando la chiama il Signore, Maria subito si alza; il lunedì di Pasqua, sulla tomba è lei la prima, e poi corre ad avvertire Pietro. Si può, si deve raggiungere questo difficile e necessario equilibrio tra azione e contemplazione. Ma quando il Signore parla, quando ci parla, cosa dobbiamo fare se non ascoltare? Ascoltare non è facile, specie quando la Parola è viva, tagliente come una spada.

2) E’ precisamente questo che Marta non ha potuto sopportare. Marta non è una donna attiva ma esagitata, non è occupata ma preoccupata. Non è capace di ascoltare tranquilla, lasciando che la Parola la trasformi dentro. Trova quella Parola noiosa e sterile. Si sente condotta là dove non le piace andare. Lei non vuole diventare una donna nuova, e allora si alza con un pretesto, accende il fuoco, fa rumore, interrompe grossolanamente Gesù perché scuota la sorella. Cristo, sempre paziente, non la rimprovera, si limita a difendere la sorella: Marta è rimproverata non perché lavora ma perché non si lascia lavorare dalla Parola; non perché è attiva ma perché è iperattiva. Cristo non loda l’ozio né la pigrizia, ma sa che il peggior nemico è l’agitazione. Beati quelli che ascoltano la parola di Dio e la osservano!

3) Marta, tu ti preoccupi e ti agiti … Marta sembra il ritratto del nostro animo, la nostra condizione quotidiana. Del resto, perché  mai dobbiamo fermarci? E come potremmo ormai? Se lo facciamo, siamo subito gettati a seccare sulle sponde cosparse di relitti di quel fiume vorticoso che travolge le nostre esistenze. Chi si ferma, è perduto! E allora bellum omnium contra omnes! E l’anima? Ma se esiste davvero un’anima immortale, cosa dovrei farne, non ho tempo da perdere con una cosa che non si vede e non si tocca. E non c’è neppure il tempo per una speranza che non sia solo desiderio, per un amore che non sia solo possesso, per una fede che non sia solo abitudine. Tutto sembra svuotarsi sotto il vento incessante dell’affanno; la bramosia è stata chiamata dinamismo, la nostra pace si fonda sul conto in banca, la nostra gloria si chiama ambizione, la conoscenza è diventata strumentale. Ricordiamo il dipinto del Giudizio universale? Tutto il dinamismo frenetico è riservato all’inferno. A grappoli, scompostamente come in preda a cieca voluttà, le anime si precipitano verso la loro pena ancora sotto l’effetto di quella frenesia che ha segnato la loro vita. Chi potrebbe fermare una sola di quelle anime? Fermarsi significherebbe la salvezza, il paradiso!

4) Marta e Maria non sono il simbolo di due stati esterni di vita, ma di due atteggiamenti interiori. Non ci troviamo di fronte all’opposizione tra la vita attiva, considerata bassa e inferiore, da comuni mortali, e la vita contemplativa, considerata nobile e superiore, per gli aristocratici dello spirito. Il Vangelo lo insegna a chiare lettere: Marta è tutta presa dai molti servizi, preoccupata e agitata per molte cose. La sottolineatura è in quel totale assorbimento, in quell’agire assoluto, in quella frenesia della cose, in quel primato del fare insomma. Di Maria non va sottolineata tanto la sua posizione materiale (seduta ai piedi di Gesù) ma il suo messaggio, che è il diventare  discepolo di Cristo (la sola cosa di cui c’è bisogno). Quindi, in mezzo alle vicende della vita, occorre sempre tenere aperto un canale di ascolto verso l’infinito. Il nostro essere non dev’essere tutto preso dalla cose e dal fare. Dobbiamo sempre tenere una finestra aperta e lasciar passare la luce di Dio.

5) Nei cambiamenti che stiamo vivendo, è importante l’insegnamento che ci consegna Maria. Se oggi c’è qualcosa di chiaro, è il progresso della tecnologia: i robot faranno quasi tutti i lavori che gli uomini di solito fanno come macchine. Ma quello che nessuna macchina potrà fare è quello che è specificamente umano: l’affezione, la bontà, la tenerezza… Normalmente quello che sono e che fanno le donne. Marta è l’«aiuto», Maria è l’«ascolto». Marta rappresenta l’«essere-per», Maria l’«essere-con». Marta è «servizio», Maria è «compagnia». Noi tutti esseri umani abbiamo bisogno nella vita di tutte e due le cose. Per questo tutti ci auguriamo di essere aiutati ed ascoltati. Gesù esprime chiaramente la sua preferenza per Maria. Molte persone sono anche disposte a dare; ogni giorno ce ne sono meno disposte ad ascoltare. E ci sono tante persone alle quali capita quello che succedeva a Marta: aveva tanto da fare che non le restava tempo per ascoltare. La rovina delle relazioni interpersonali è la mancanza di ascolto. Questa mancanza distrugge i matrimoni, le famiglie, le amicizie, i gruppi umani. I politici falliscono perché non ascoltano i cittadini. I preti ed i vescovi non compiono adeguatamente la loro missione quando non ascoltano la gente. Papa Francesco, quando va a visitare un paese, più che a «insegnare», si mette ad «ascoltare». Senz’alcun dubbio, in questo modo la Chiesa si avvicina ai popoli e si identifica di più con le domande e le necessità della gente.

ואצּרנּה  עקב     ‎ הוֹרני  יהוה  דּרך  חקיך   (Ps 119:33)

Insegnami, Signore, la tua volontà, e io la eseguirò!