LA NOTA AVERSA. Ora che Chianese è stato (giustamente) scarcerato, glielo diciamo: è uno sbruffone, un ridicolo gringo. Il sindaco genero deve prendere ora le distanze, senza se e senza ma
9 Novembre 2020 - 13:23
Se Alfonso Golia facesse finta di niente, diventerebbe connivente rispetto a un modo di interpretare la vita e il rapporto con gli affari. E se il sindaco della seconda città della provincia sui discorsi sulla “carta di tre” che evoca uno stile trentolese alla Dario De Simone, non può più indossare la fascia tricolore
TRENTOLA DUCENTA – (Gianluigi Guarino) Noi non siamo quelli degli effetti speciali, ma siamo quelli dei principi liberali, dunque non per spirito di contraddizione, non per smarcarci necessariamente dal corso normale della corrente, ma per fede negli ideali in cui crediamo, scriveremo oggi un articolo che sorprenderà, probabilmente, molti. Non vi stupite, allora, se cambieremo completamente registro e useremo molta meno indulgenza nei confronti degli indagati e soprattutto di quello principale. Lo faremo ora, solo dopo aver preso atto del fatto che l’Ottava Sezione del tribunale di Napoli (Riesame) abbia condiviso, come effettivamente ha condiviso, le nostre riserve sulle slabbrature registrate all’interno dell’ordinanza che ha portato all’arresto, tra gli altri, di Emilio
Un verdetto che ci può serenamente far ritenere come chiusa, almeno per il momento, la fase acuta della questione che con gente in galera per effetto di provvedimento cautelare, dunque in carcerazione preventiva, urgeva affrontare dal punto di vista del diritto, il quale va amministrato in puro senso liberale, lavorando cioè, costantemente, su se stessi per separare il punto di vista emotivo o emozionale che un giudice o anche un giornalista può assumere su una data vicenda, sulle sue diverse fasi narrative, e la somministrazione del diritto, della legge, attraverso l’intransigente applicazione dei codici vigenti e, al massimo, con l’ausilio dei più autorevoli orientamenti giurisprudenziali erogati dalla Corte di Cassazione, meglio, molto meglio, se a Sezioni Riunite.
In poche parole, può maturare, in un giudice o anche in un giornalista, un sentimento per il quale l’indagato, finito in carcere per custodia cautelare e dunque preventiva, ti appare come una canaglia, avrebbe detto Fantozzi, come una merdaccia, come un impostore, come un poco di buono. Ma la differenza tra un buon giudice e un cattivo giudice, tra un buon giornalista e un cattivo giornalista, viene definita dalla capacità di separare queste valutazioni emotive con l’applicazione, che, per definizione deve essere il più impersonale possibile, delle norme, della legge che esistono e sopravvivono alla carne caduca di chi è chiamato ad applicarle e di chi, molto più modestamente, è chiamato a raccontarle ai propri lettori.
Noi non siamo stati iper-garantisti o troppo garantisti nei confronti di Emilio Chianese che indubbiamente rappresenta il personaggio più importante di questa vicenda. Non abbiamo, infatti, praticato sconti nei primi titoli a lui dedicati dopo l’arresto. Solo che leggendo le prime pagine dell’ordinanza e la formulazione dei capi di imputazione provvisori abbiamo subito pensato, ritenuto, che quell’impianto accusatorio, per come è stato formulato, per il modo attraverso cui erano stati raccolti gli elementi a carico degli indagati, fosse destinato, al di la della circostanza che l’indagato principale si chiamasse Emilio Chianese, piuttosto che Jack lo squartatore o Pietro Pacciani, il mostro di Firenze, a naufragare, e anche rovinosamente, in sede di Riesame, dove hanno lavorato bene anche avvocati esperti, con una memoria storica ed un’esperienza probabilmente molto più ampie rispetto al modo con cui i giudici della libertà di Napoli affrontano e si rapportano ad una struttura accusatoria come quella messa in piedi dai magistrati inquirenti della Dda, dotati di un’esperienza, forse ancora un pò acerba, in una Dda profondamente rinnovata dall’ampio turnover, legato alla conclusione dell’opera, che ricordiamo è a termine, di una generazione di toghe che, seppur alternando qualche scuro a molto chiaro, ha comunque conficcato un cuneo pesantissimo all’interno delle strutture camorristiche operanti in Campania, allargando spetto, in maniera efficace, lo spettro anche al mondo dei cosiddetti colletti bianchi.
Ora che il Riesame ha in pratica azzerato l’ordinanza, ci sentiamo più liberi di inserire nei nostri articoli, senza tradire i principi liberali, anche delle valutazioni personali che non si basano solo sull’aspetto giuridico stricto sensu, ma anche su un’idea emotiva che abbiamo maturato leggendo i passi del documento bocciato dal Riesame. E, allora, diciamocela tutta e anche immediatamente: a noi, questo Emilio Chianese non piace affatto. Ce lo avevano narrato così quando di lui si è cominciato a parlare in quanto suocero del sindaco di Aversa Alfonso Golia. Noi siamo ormai sufficientemente scafati e non diamo ascolto alle valutazioni de relato.
In quest’ultimo tempo, però abbiamo avuto la possibilità di leggere delle cose che non appartengono solo al racconto del teste chiave Luigi Giuliano (parola mia contro parola tua, non si va molto avanti verso l’obiettivo di dimostrare una colpevolezza), imprenditore di Villaricca e fratello di quel Giuseppe Giuliano, morto suicida nel suo capannone, subissato dai debiti, ma che fanno parte di un corredo di elementi indiziari come registrazioni e intercettazioni. Dunque, è giusto che Emilio Chianese sia ritornato in libertà, perchè la formulazione delle accuse non è stata sufficiente a convincere il Riesame dell’inoppugnabilità dei gravi indizi di colpevolezza. E qui ritorniamo al discorso iniziale: una cosa è che un giudice si convinca personalmente ed intimamente rispetto al temperamento e alle attitudini di un indagato, altra cosa è far diventare questa convinzione un atto giudiziario.
Non si poteva, ma trasferendosi sul terreno della valutazione umana e sociale, dobbiamo dar ragione a coloro che ci raccontavano di questa persona, già da prima del suo arresto. Anzi probabilmente la realtà è anche peggiore rispetto a quelle narrazioni.
Non sappiamo se Emilio Chianese sia un reo; sappiamo, invece, che per la legge non doveva stare in carcere e noi l’abbiamo scritto già molto prima del pronunciamento del Riesame, esattamente come lo avremmo scritto anche per un qualsiasi indagato, per un presunto terrorista islamico, per uno accusato di 100 omicidi e al quale viene ascritto il 101esimo che invece non esiste, eccetera, eccetera. Sappiamo anche, ora, avendolo appreso dalla lettura dell’ordinanza, che Emilio Chianese (ci quereli pure, se ritiene) è uno sbruffone, un arrogante.
In una conversazione evidentemente registrata da Giuseppe Giuliano, cioè dal fratello suicida, il Chianese afferma: “Se vuoi fare la carte di tre, non la puoi fare!“, poi leggerete a cosa si riferisse precisamente. Ma noi vogliamo fermarci, proprio perchè il diritto, la legge in questo momento sono stati tutelati dalla decisione del Riesame, sul significato della “carta di tre”, avendo additato, in questa maniera, come carta di tre il Giuliano, il Chianese dimostra di avere molta familiarità con questa modalità di espressione del carattere umano. Insomma, il nostro focus che limitiamo alla struttura lessicale, riguarda solo apparentemente un elemento di superficie e dunque, come dice la parola, superficiale.
E beh, qui se c’è una carta di tre, è proprio lui. E guardate, sempre vedendo le cose da un punto di vista liberale, quando noi ci troviamo di fronte ad un prevaricatore morale, ad uno sbruffone, che magari può essere un non colpevole, anche un innocente, ma che resta uno sbruffone, noi viviamo la cosa in maniera particolare: ci emozioniamo e ci mobilitiamo letteralmente. E ora si che possiamo rivolgerci di nuovo al sindaco di Aversa Alfonso Golia: lui, legittimamente, comprensibilmente, ha detto quello che doveva dire, cioè poco o nulla, al di la della rituale fiducia nell’operato della magistratura, dopo l’arresto del suocero.
Avrete notato nelle ore e nei giorni successivi a quelle video parole, che non abbiamo criticato questa scelta, unica possibile in un momento delicatissimo in cui Emilio Chianese, che sarà anche uno sbruffone, ma in carcere ci deve andare solo se esistono elementi reali e dimostrati per rendere credibili i gravi indizi di colpevolezza, viveva momenti difficili. Ed è stata giusta la misura utilizzata dal sindaco nel rispetto anche dei sentimenti di sua moglie che, una mattina, all’improvviso, ha visto il padre lasciare la propria casa in manette. Ora che Emilio Chianese è libero, il sindaco Alfonso Golia è pregato di prendere le distanze in maniera netta e perentoria sul modo con cui il suocero ha affrontato la sua attività economica e professionale, per quanto riguarda la relazione instaurata con i fratelli Giuliano.
Infatti, il Chianese, se non ha compiuto reati, si è sicuramente comportato da uomo di merda. E se quel parlare da gringo trentolese è il modello di vita suo, il sindaco di Aversa Alfonso Golia in quanto sindaco di Aversa, deve affermare, senza se e senza ma, che lui non condivide nulla del modo con cui il suocero si atteggia rispetto agli affari, del tono sprezzante e arrogante che utilizza al cospetto dei suoi interlocutori e, perchè no, il primo cittadino deve anche porre, al congiunto di sua moglie, qualche domanda sui motivi per cui lui era in possesso delle chiavi di tutti quei camion di proprietà pubblica, cioè targati GeoEco-Consorzio Ce2, al punto da poterne trattare la rottamazione.
Eh già, noi siamo fatti così: per giorni e giorni, con Chianese in galera, dopo aver scritto nel giorno degli arresti, un articolo, non siamo ritornati a pressare il sindaco di Aversa, avendo ascoltato ciò che aveva detto ma soprattutto ciò che non aveva detto nel video postato su facebook nelle ore successive al fattaccio. Ora, che forse il sindaco Golia ritiene che il peggio sia passato, noi, al contrario, iniziamo, per i motivi che abbiamo illustrato dipanando questo scritto.
Un sindaco, infatti, con un suocero del genere, peraltro attivo al 100% durante la sua campagna elettorale, diventa impresentabile se di fronte a questi contenuti audio, a queste intercettazioni, non dice che leggendo quelle parole, si vergogna lui per il suocero. Se non lo dirà, Alfonso Golia diventerà connivente rispetto ad un modo di atteggiarsi al cospetto della vita e al cospetto delle proprie esigenze di lavoro. Il silenzio non potrebbe che essere considerato connivenza, anche perchè in questo caso diventerebbe importante il fatto che Golia abbia abitato a pochi metri di distanza dalla casa di Emilio Chianese e abbia partecipato a pranzi e a cene durante le feste comandate, alla presenza anche dell'”ottimo” Antonio Sarracino, consuocero e quindi padre di sua cognata.
Ora e, ripetiamo per l’ennesima volta, non prima, è fondamentale che il sindaco di Aversa marchi, delimiti il territorio e prenda le distanze, in maniera implacabile, rispetto a ciò che è già chiaro e incontrovertibile: una guapparia inaccettabile che evoca nei toni (ovviamente la nostra è una valutazione di stile e non altro), seppur indirettamente, i tempi andati, quelli in cui a Trentola Ducenta governava Dario De Simone.
Aspettiamo notizie dal Palazzo di Città.
QUI SOTTO LO STRALCIO DELL’ORDINANZA