LA NOTA. CASERTA. La Vairo, il Biodigestore, MACRICO ed altro ancora. I magheggi della coppia Marino-Biondi e la “scomparsa” dell’opinione pubblica

17 Luglio 2020 - 16:00

– prima parte –

CASERTA (p.m.) – Le due maggiori realtà cittadine, il comune e la Reggia, che catalizzano l’attenzione della gran parte dei casertani, campano tranquillamente ed entrambe alla giornata, in una singolare simbiosi. In mancanza di idee e di un indirizzo, si rifugiano nella demagogia e nelle inezie l’uno, nella logistica concepita in chiave di “evento” e nelle iniziative all’ingrosso l’altra. Ed è così tutto un tirare a campare.

Con una differenza sostanziale, però. A palazzo Castropignano agiscono vecchi volponi della politica che, sistemate a proprio modo le questioni principali – quelle a cui sono associate cifre sonanti, per intenderci ed essendo sufficiente fare ragioneristicamente incetta del fiume di finanziamenti pubblici che arrivano a pioggia– imboniscono la città con pensate e narrazioni propagandistiche per il bisogno di visibilità mediatica.

Complice la pandemia, tutti i temi essenziali dell’amministrazione, dal PUC al Macrico, dal biodigestore al bilancio, sono stati, con magheggi vari, sottratti alla discussione pubblica. Persino a quella dell’assise cittadina, qui armeggiando al punto tale con gli ordini del giorno che si è reso necessario l’intervento della prefettura, ovviamente sollecitata perché come al solita sonnolenta.

La

deliberazione che approva lo statuto della neo Fondazione di San Leucio, mancante dei prescritti pareri .

Nel consiglio comunale dello scorso 16 giugno, per dirne una, la consigliera di opposizione Norma Naim, del movimento Speranza per Caserta, ha denunciato come la delibera, in via di approvazione, dello statuto della improbabile Fondazione San Leucio fosse priva persino del parere dei revisori dei conti. E se si consulta il provvedimento pubblicato all’albo pretorio, si constata come manchi il parere in ordine alla regolarità contabile. Così, quanto costerà ai casertani questo ennesimo carrozzone, non è dato sapere. Ma, più in generale, non si rinviene una decisione amministrativa qualificante in cui si individui con nettezza l’interesse pubblico perseguito. Si prenda il cruciale tema del turismo, sul quale il governo cittadino è praticamente assente, secondo noi, ma soprattutto secondo le aziende che operano nel settore, che lo denunciano mancante di ogni tipo di programmazione, a cui si aggiunge la perdita progressiva di attrattiva del capoluogo in sé, per la sciatteria che vi regna e per la politica urbanistica perseguita da questi amministratori, che sta stravolgendo il centro urbano attraverso la sostituzione delle dimore più antiche con nuove costruzioni, dei ributtanti “falsi storici” in stile centro outlet. Ormai non c’è strada che meriti di essere visitata da un ipotetico turista, per il proprio valore storico-architettonico.

La vicenda del biodigestore, in particolar modo, svela il peggio di questo governo della città, con i propri risvolti più che inquietanti. Dalla giustificata fronda interna del PD verso il sindaco, allo sperpero di denaro per consulenze dubbie, dalle interrogazioni parlamentari e dagli esposti alla procura che si sono avuti, all’incipiente possibile revoca del finanziamento. E, come capitolo finale, la cooptazione in giunta del neo assessore Adele Vairo, la quale ci  mette difronte alla nostra pochezza, se è riuscita in un’impresa che per noi sarebbe stata impossibile. Designata tale solo il lunedì 22 luglio, già il successivo giovedì 26 è stata in grado di votare – presumiamo cognita causa – a favore della delibera di giunta n.79, quella che approva il progetto definitivo del biodigestore, i cui atti tecnici constano di appena 204 allegati 204!() e peraltro non consultabili on line, nei quali si rivendica un finanziamento aggiuntivo di ben 16 milioni e 413 mila euro, per opere di mitigazione dell’impatto ambientale – per quanto sempre negato – e la realizzazione di opere, non si capisce quanto giustificabili, come un “…centro congressi, centro didattico-museale, centro formativo, ecc ”.

L’assessore Emilio Casale durante la sua video intervista nella nuova piazza Carlo di Borbone.

La condizione in cui si è trovata la piazza al momento della sua nuova intitolazione

In questo clima di crisi perfetta e mentre, proprio in queste ore, il presidente del collegio dei revisori, Fattopace, esprime il suo pare negativo al bilancio consuntivo 2019 dell’ente, si mette in scena l’implausibile inaugurazione di piazza Carlo di Borbone. A parte i risibili toni enfatici usati, laddove l’iniziativa viene presentata come l’audace correzione di un errore e di un falso storico, l’assessore Emiliano Casale,   nel momento stesso in cui esalta, in una video- intervista, le “…condizioni ottimali…” in cui verrebbe tenuta “…soprattutto la parte a verde della piazza…” non si accorge che la telecamera inquadra alle sue spalle un prato ingiallito, perché completamente rinsecchito. Ma, a parte gli inconvenienti toponomastici a cui darà luogo il nuovo nome dell’area monumentale e di cui abbiamo già detto in passato osservando la confusione di chi, percorrendo il vialone Carlo III, giungerà in piazza Carlo di Borbone (saranno stati fratelli, verrà spontaneo domandarsi), non serve dire che, universalmente, tutti i regnanti sono appellati secondo il loro nome storico e non secondo quello o quelli intermedi assunti nel corso della propria epopea. E non è conto, inoltre, che nessuno dei prestigiosi soprintendenti e direttori della Reggia che ha conosciuto in passato Caserta abbia mai avvertito il bisogno di una tale iniziativa. E se uno storico dell’arte della levatura di Gino Chierici non credette di metterci mano, francamente preferiamo il suo punto di vista. Nondimeno, se al comune sono proprio presi da questi empiti correttivi, c’è l’insegna che ricorda la nascita a Caserta di Ernesto Rossi che attende da tempo di essere corretta, come diciamo da almeno tre anni: quello sì un vero errore pacchiano, riportando l’anno di nascita come il 1899 anziché il 1897.

Sulla fattura dozzinale della targa con relativo palo, che reca il nuovo nome, stendiamo un velo pietoso. Secondo noi, centrano pienamente il punto, i pareri qualificati che abbiamo raccolto dal presidente dell’Ordine degli Architetti casertani e dalla presidente della sezione locale di Italia Nostra.

Per l’architetto Raffaele Cecoro: “… Per quanto riguarda le targhe in sé, ritengo che si poteva fare di meglio; le ritengo un po’ austere e troppo comuni, direi modeste per l’importanza del nome che portano…”. Per la dottoressa Maria Rosaria Iacono “…Forse si poteva fare di meglio; la segnaletica è un importante mezzo di comunicazione… Tuttavia credo che non bisogna accontentarsi della titolazione della piazza a Carlo di Borbone. Forse possiamo pretendere di più da associazioni, ordini professionali, amministratori pubblici, semplici cittadini, soprattutto per migliorare il decoro urbano, l’aspetto della città che è la ‘faccia’ con cui ci presentiamo agli altri e che ci fa riconoscere. Sappiamo tutti che in città sono molto carenti la cura del verde pubblico, la pulizia e manutenzione di marciapiedi e di strade, i servizi destinati all’accoglienza dei diversi tipi di utenti (giovani, anziani, disabili). I motivi sono tanti, ma questo è l’ostacolo da superare. Una città più attrattiva e accogliente, sarebbe un vantaggio per i residenti e un invito tacito ai visitatori della Reggia a prolungare anche solo di qualche ora la permanenza in città.”

Nelle foto, la presidente della sezione locale di Italia Nostra,  Maria Rosaria Iacono e il presidente dell’ordine degli architetti di Caserta, Raffaele Cecoro. 

Piuttosto che queste amenità, l’amministrazione comunale farebbe cosa più seria a decidersi sul carattere della piazza, uscendo da quella comoda ambiguità, da quel far finta di niente, in cui si è rifugiata. Perché “i campetti”, in quanto area monumentale, sono tutelati da un’ordinanza comunale adottata appropriatamente dall’allora sindaco Del Gaudio, la quale permette solo il passeggio tra i viali che l’attraversano e vietando ogni altra condotta.

Come sanno i nostri lettori e come abbiamo costantemente documentato, tale ordinanza è praticamente carta straccia. Sui prati ci vanno tutti a scampagnare, a fare ciclo cross e persino motocross, a far sgambettare liberamente i cani, a far baloccare i bambini (poverini ! negli stessi posti dove gli animali – ops! si possono chiamare ancora così, o qualcuno se ne offende? – hanno fatto i propri bisogni), a giocare a pallone o a pallavolo, a fare ginnastica, a tenere manifestazioni anche politiche, (vuoi mettere la stupenda location: la svenevole locuzione che domina tutte le cronache delle frivolezze casertane), qualcuno ci ha anche piantato delle tende e molti, a torso nudo o in bichini, ci si abbronzano.

Se si ritiene che tutto ciò siano normale ed ammissibile, anche in ragione della mancanza di un parco pubblico cittadino, quale sarebbe naturalmente il MACRICO, si abroghi l’ordinanza, pure per un minimo di credibilità istituzionale. Altrimenti, se si vuole e si crede di dover valorizzare il bello in quanto tale del nostro maggior monumento, si facciano rispettare i divieti vigenti e si smetta di fantasticare, con la testa sempre rivolta agli affari, di zone dedicate lì al commercio dei prodotti tipici ed affini, di sagre e festival. Quel commercio che non si è saputo tutelare nel cuore vivo della città. E si inizi a dire alla polizia municipale ed alle forze di polizia   ed armate preposte alla vigilanza del monumento di intervenire, perché le violazioni non avvengano sotto i propri occhi senza fare nulla, come finora accade. Ma, a proposito, qualcuno avverte il personale incaricato dei servizi dell’esistenza dell’ordinanza di Del Gaudio ? Doppio boh!

Nella la seconda parte, parleremo della Reggia.