LA NOTA. Il vicesindaco, fan di Stefano Graziano e maresciallo dell’Esercito, che cerca e trova la microspia messa dai carabinieri. Minimo dovrebbe dimettersi e congedarsi da militare della Repubblica
11 Novembre 2023 - 13:42
La lettura di un passo dell’ordinanza che ha portato all’arresto di Cappello, Iorio e Pezzella ci spinge a scrivere un articolo per il quale, qualora lo vorrà, il Cipro, indagato nel 2021 per questa vicenda, potrà mandarci una nota per dire la sua. La sua appartenenza politica all’attuale deputato del PD è espressa in maniera chiara ed esplicita prima delle Regionali 2020. E ciò conferma che Piero Cappello è entrato in alcuni uffici tecnici – a Calvi Risorta, ma anche a Cesa, in cui c’è un altro sindaco “soldato” di Graziano – grazie all’imprimatur del politico di Teverola
CASERTA (gianluigi guarino) – Giuliano Cipro è uno abile e soprattutto Giuliano Cipro, vicesindaco di Calvi Risorta e maresciallo dell’Esercito Italiano, ha dimostrato di aver qualcosa da nascondere nel momento in cui si è messo a disposizione dell’arrestato due giorni fa, Piero Cappello, per trovare e forse rimuovere una cimice, posta dai carabinieri, dall’ufficio in cui operava e ha operato fino a qualche giorno fa l’ingegnere di Piedimonte.
Perché se un vicesindaco che in qualche occasione ha indossato in nome e per conto della Repubblica Italiana, se un maresciallo dell’esercito, all’interno di un’amministrazione nella quale svolge una funzione pubblica, si mette a cercare e trovare cimici, vuol dire che, a sua volta, ha qualcosa da nascondere e si rende, a nostro avviso, complice di un meccanismo criminale.
Gentilmente, ci risparmiasse dalla scusa del terrore di una cimice messa da un privato perché, in questo caso, sarebbe stato l’obbligo di denunciarne alle forze dell’ordine il ritrovamento. Perché sa bene che quelle cimici sono state attivate da un’altra funzione dello Stato, diversa dalla sua, che ha dei sospetti su di lui.
Cosa assolutamente legittima, visto che la funzione inquirente del pubblico ministero deve muoversi assolutamente in questa maniera perché glielo impone, ripetiamo, glielo impone l’articolo 112 della Costituzione che associa all’esercizio dell’azione penale, cioè dell’attività di indagine, la parola “obbligatorietà“.
Se, dunque, l’autorità inquirente – che lavora alla struttura della procura, che è “Procura della Repubblica Italiana”, dello Stato italiano che delega, per l’appunto, per procura – viene a conoscenza di una notizia di reato ha l’obbligo di verificare con tutti gli strumenti previsti dalla legge e tra questi ci sono anche i mezzi finalizzati a intercettare conversazioni telefoniche o personali.
Lo diciamo forte e chiaro, Giuliano Cipro non è indagato nell’ordinanza che ha portato all’arresto del dirigente comunale Piero Cappello e gli imprenditori, rispettivamente di Casal di Principe e San Cipriano, Raffaele Pezzella e Tullio Iorio, e non si sa quale sarà il destino del suo status di indagato che è tale dal 4 agosto 2021, ovvero quando gli fu sequestrato il cellulare, ma il comportamento di tutti quelli che fanno cercare e rimuovere cimici e microspie dai loro uffici pubblici è deprecabile.
Come sempre abbiamo sviluppato un ragionamento a tutela soprattutto del signor Cipro che, qualora volesse replicare, trovare a disposizione ampiamente questo giornale.
Ma con la stessa chiarezza, ma alla luce di ciò che abbiamo scritto fino ad ora, consideriamo Giuliano Cipro un nostro indagato. E probabilmente lui è stato uno dei protagonisti dell’avvento di Piero Cappello all’Ufficio Tecnico di Calvi Risorta.
Ce lo fa dire una foto profilo su Facebook, precisamente del settembre 2020, in cui annunciava tramite il filtro cornice, ritenendolo uno strumento promozionale, il suo voto alle elezioni regionali di Stefano Graziano, uscito poi sconfitto nel duello con Gennaro Oliviero.
Si sa bene che Cappiello è legato a Graziano e si sa bene che se è arrivato anche a guidare l’Ufficio Tecnico del comune di Cesa, dove governa il sindaco Enzo Guida, altro adepto del Graziano, cioè è avvenuto sicuramente grazie alla promozione di quest’ultimo.
Piero Cappello è totalmente immerso in quest’area del Partito Democratico. Una condizione che ha reso più agevole il suo rapporto, peraltro già esistente a prescindere, con il sindaco di Caserta, Carlo Marino, che lo ha premiato con qualche incarico, apparentemente di poco conto dal punto di vista della remunerazione economica, ma che è stato funzionale alla creazione di un’agibilità fisica di Cappello all’interno di quella che noi definiamo la Cucina degli Orrori del comune di Caserta, ovvero l’Ufficio Tecnico in cui impera da decenni l’inquisito Franco Biondi, affiancatosi non a caso con due personaggi molto chiacchierati, l’ugualmente super inquisito – lui per concussione – Luigi Vitelli e con Raffaele Lello De Rosa, fratello e burattinaio del sindaco di Casapesenna, Marcello De Rosa, nonché uomo di punta della Grande Coalizione, nata sotto l’egida del boss Michele Zagaria, al tempo latitante, tra la Forza Italia, comandata all’epoca da Nicola Cosentino, che aveva nel sindaco Fortunato Zagaria il suo riferimento, e i DS di Lorenzo Diana che aveva da un lato Angelo Brancaccio e dall’altro proprio Lello De Rosa a svolgere la funzione di vicerè.