LA NOTA. Rosaria Capacchione patrimonio dell’umanità. Diffidare dalle imitazioni. Col suo marchio Doc ci fa capire perchè il CLAN DEI CASALESI agisce oggi così come agiva un tempo

2 Settembre 2020 - 14:22

Solo questa giornalista può seriamente affrontare l’argomento di un ritorno del tacco criminale, le sue dimostrazioni, che somigliano a dei veri e propri riscontri giudiziari, sono il migliore antidoto all’anticamorra cialtrona del copia incolla, del plagio che si è ingrassata all’ombra della camorra dei kalashnikov, tra convegni, libri e fiction cafonal-gomorriste

 

CASAL DI PRINCIPE(g.g.) Diffidare dalle imitazioni, ma quando la produzione è originale e reca il marchio doc di una giornalista che si chiama Rosaria Capacchione, la quale, nel momento in cui si siede davanti ad una tastiera, ha come obiettivo principale quello di tutelare la propria autorevole reputazione, si può andare belli spianati perchè si ha certezza matematica che ciò che si legge non è una patacca e neppure un falso d’autore, ma qualcosa da cui si può imparare.

Quante volte avete letto, negli articoli del sottoscritto, il verbo “imparare”? Probabilmente non si arriva ad utilizzare nemmeno le dita di una sola mano. Al di la del piacere e del divertimento, che l’utilizzo della retorica provocatoria, del paradosso dialettico ci donano, noi siamo molto più socratici di quanto, lontanamente, può immaginare un nostro lettore, soprattutto quando questi usufruisce raramente o in tempi troppo concisi, dei contenuti di CasertaCe.

Siamo socratici e ben consci, dentro ad un’autocoscienza a sua volta consapevole, che, nella vita, veramente non si finisce mai di imparare e pure che questa non rappresenta una frase rituale, quand’anche largamente, diffusamente utilizzata spesso a sproposito, quandi fosse un intercalare, ma tremendamente reale, densa di significati e anche della necessità di accogliere gli spunti di riflessione che da essa promanano. Il problema è che lo stesso processo di autocoscienza, rigorosamente regimentato da uno sforzo sempre tendente all’onestà intellettuale, ci fa dire, nel momento in cui colleghiamo i nostri occhi a ciò che si sviluppa attorno a noi, “scusate,

ma da chi cazzo dobbiamo imparare qui a Caserta“?

Forse, dai soggetti che la politica scarica, pardon, (di)scarica nelle pubbliche amministrazioni locali, elettive o non elettive?

Dai giornali di qui, che esprimono una cifra su cui è generoso non discutere e su cui è generoso calare il proverbiale velo pietoso? Dobbiamo imparare per caso qualcosa da certe istituzioni dello stato che hanno trasformato la propria funzione in una sorta di vacanza pre-quiescenza? No, da questi mondi non abbiamo nulla da apprendere.

Da un articolo di Rosaria Capacchione, invece, sì. E non semplicemente perchè ci troviamo di fronte ad un componimento molto ben scritto (e nella italian comunication di oggi è cosa tutt’altro che scontata), ma perchè la narrazione, tipica di una giornalista che, a nostro avviso, si cimenta poco, rispetto alle sue potenzialità, nella letteratura saggistica e, perchè no, anche in quella romanzesca, riesce a tenere insieme, con il dono di una sintesi che, al contrario, come si può vedere, da questo componimento, la nostra forma mentis non ci ha donato, la conoscenza di fatti di cronaca appartenenti ad epoche ormai abbastanza remote, con altri avvenimenti, stavolta del presente, il cui esercizio di connessione si configura come un grande rischio.

Perchè occorre la firma di Rosaria Capacchione ma soprattutto il metodo logico che utilizza, per connettere quella che evidentemente non è ancora storia ma che resta cronaca a tutti gli effetti, con fatti di oggi che nessuno di noi, nemmeno CasertaCe, conosce dettagliatamente come li conosce lei.

Diffidare dalle imitazioni, appunto. Ritornando al concetto della rischiosità delle connessioni logico temporali tra fatti di camorra, occorre indossare l’abito della diffidenza di fronte a chi propina ancora oggi racconti, narrazioni da quattro soldi, finalizzati a dimostrare che, siccome la camorra esiste, è viva nonchè vegeta in versione live, c’è ancora bisogno dell’anticamorra e dunque tutto quel baraccone popolato di personaggi non tanto migliori rispetto ai camorristi veri, che (qui il copyright è nostro) ha rappresentato l’indotto più riuscito, più importante della camorra militante.

L’anticamorra, in qualche occasione, non a caso frequentata anche da soggetti che poi sono finiti in carcere a colpi di 416 bis e di articoli 7, ha prodotto quattrini, rendite di posizione, cariche ma soprattutto si è giovata di procedure amministrative facilitate che se non sono paragonabili al reddito realizzato, sicuramente con più fatica e più rischi attraverso l’utilizzo del kalashnikov e delle bombe estorsive dal clan dei Casalesi e degli altri clan di questa provincia, neppure sono da considerare poco rilevanti, anche perchè, mentre il camorrista che innesca una bomba sotto la saracinesca di un negozio, rischia comunque qualcosa sul piano dell’incolumità personale e anche sul piano della possibile perdita della libertà a seguito di arresto, gli anticamorristi e antigomorristi di professione, non solo hanno riempito il portafogli, ma hanno percorso immeritati tappeti rossi stesi al loro cospetto da istituzioni pubbliche, che a voler essere generosi possiamo definire, superficiali e distratte.

Dunque, diffidare dalle imitazioni ma abbracciare con gioia il marchio doc di un articolo come quello che leggerete CLIKKANDO QUI ed entrando in un altro nostro articolo, dedicato al molto più che interessante scritto di Rosaria Capacchione.