LA RETATA DEGLI AGENTI DI CUSTODIA. Un detenuto: “Mi hanno fatto spogliare nudo davanti ad agenti donne. Poi ci hanno picchiati. Ho scritto al mio avvocato: “Qui mi ammazzano”

29 Giugno 2021 - 13:22

Cercavano coltelli e telefonini nelle celle. Prima di immergervi con quella umanissima ma difettosissima attitudine umana della morbosità, in questa lettura, fate un atto di bontà nei confronti del vostro cervello e leggetevi le prime 10 righe di premessa, perchè poi può succedere che si vadano ad inchiodare alla croce, così com’è capitato in tante vicende giudiziarie, persone che in realtà non erano colpevoli o non erano colpevoli nella misura in cui appariva dalla ricostruzione dei titolari della pubblica accusa

 

SANTA MARIA CAPUA VETERE(g.g.) Il pericolo che si corre quando si ha di fronte un’ordinanza di oltre 2350 pagine che evidentemente scaturisce da una richiesta, formulata dalla procura della repubblica ancora più estesa, ancora più ponderosa, di 4, 5 addirittura 6mila pagine che incubano tutte le informative realizzate dalla polizia giudiziaria, è quello di essere tentati di sviluppare un racconto che, attraverso l’illustrazione di un fatto accaduto, porti a trarre delle conclusioni e dunque delle considerazioni, che poi, nel momento in cui l’ordinanza viene letta organicamente nella sua unitarietà, dovranno essere necessariamente riformulate, rideterminate.

E allora, in questa fase ancora “calda”, cioè a 24 ore dal clamoroso blitz che ha portato all’arresto, tra carcere e domiciliari, di ben 26 agenti di custodia del carcere di Santa Maria Capua Vetere, all’applicazione di un obbligo di dimora per altri 3 di loro e a 23 sospensioni dal servizio per un tempo variabile tra gli 8 e i 9 mesi, vogliamo concedere ai lettori di CasertaCe, facendo una deroga al nostro metodo solito di lavoro, qualche stralcio estrapolato e contenente episodi di significativo impatto emotivo.

Lo faremo, ma lo faremo noi che bravi o non bravi, capaci o non capaci, intelligenti o non intelligenti, abbiamo letto, negli ultimi 7, 8 anni,  tra le 100 e le 120.000 pagine di ordinanze, acquisendo un pochino, ma solo un pochino, per carità, di esperienza e di affidabilità, naturalmente solo per l’esercizio “matto e disperatissimo” compiuto per centinaia e centinaia di ore, nel racconto di ogni genere di crimine, di tipo comune o di tipo camorristico, commesso in questa provincia.

Per cui, conosciamo bene, avendo anche compiuto degli errori nei primi anni in cui abbiamo intrapreso questo tipo di narrazione analitica degli atti giudiziari, il rischio che si corre. Estrapolare uno stralcio senza arrivarci partendo dalle fondamenta cioè dalla semplice contestazione dei capi di imputazione provvisori, può determinare il racconto di un fatto senza antefatto. E un fatto senza antefatto, molto spesso si rivela un “non fatto” ma solo un mostro gettato in prima pagina. 

Declinate le precauzioni per l’uso, veniamo alla vicenda che ha riguardato uno dei detenuti, R.M.D.L., con le prime iniziali relative al nome e con le ultime relative al cognome. Abbiamo deciso di non pubblicare per esteso le sue generalità perchè noi le conosciamo bene le leggi sulla privacy, sia quelle codificate, sia quelle non scritte, flessibilmente e variabilmente adottate, caso per caso, dalle procure, al punto da poterci consentire di auto regolamentarci autorevolmente.

Questa persona, lo scorso aprile avrebbe ricevuto percosse e umiliazioni. Lo racconta lui alla magistratura inquirente. Le sue parole vanno accolte con grande rispetto e sicuramente hanno rappresentato un prezioso strumento di lavoro per chi indagava. Non potevano, però rappresentare anche un elemento decisivo per la costruzione di quei gravi indizi di colpevolezza, senza i quali l’emissione di titoli cautelari sarebbe stata impossibile.

Ma le parole del detenuto, così come ha specificato ieri nella sua conferenza stampa, il procuratore della repubblica di Santa Maria Capua Vetere Maria Antonietta Troncone, sono state corroborate e ampiamente riscontrate da immagini carpite dalle videocamere di sorveglianza, presenti massicciamente in ogni carcere e dunque anche in quello di Santa Maria. D.L. dice di essere stato costretto, in una riproposizione delle famose punizioni raccontate nel film “Ufficiale e gentiluomo”, a impegnarsi in alcune flessioni fuori dalla cella, a spogliarsi nudo davanti ad agenti di polizia penitenziaria anche di sesso femminile, dopo essere stato percosso con altri detenuti, messi faccia a muro.

Tutto ciò mentre una di queste agenti al femminile, urlava nel corridoio affinchè dalle celle uscissero coltelli e telefonini. E questo, ritornando alle precauzioni per l’uso, sarà un elemento che cercheremo di capire nella corretta relazione tra cause e loro effetti. Beninteso, non è che se nelle celle ci sono coltelli e telefonini, tu massacri, umili i detenuti. Non lo puoi fare, non lo devi fare, soprattutto se fai parte di una democrazia di uno stato di diritto.

La violenza non è mai giustificabile e non è assolutamente rieducativa perchè se tu picchi un detenuto che a sua volta ha picchiato e ha inferto violenza fuori dal carcere, questi non coglie la differenza e dunque non riesce nemmeno a capire perchè lui stia dietro alle sbarre e lo stato picchiatore stia fuori da esse. E’ un pò come la pena di morte: se tu uccidi chi ha ucciso, qual è la differenza tra te e lui? Queste violenze, subite da M.R.D.L. sono impresse, secondo il gip, nelle immagini delle videocamere in cui si vedrebbero questa fila di detenuti faccia a muro, percossi dagli agenti, la posizione di altri baschi azzurri che guardano senza agire in quanto, secondo il gip, sanno di essere inquadrati dalle telecamere. E ancora, sempre da quelle immagini, si vedrebbero atti di violenze e di sevizie che compiuti al riparo dalle riprese.

L’intera visione della sequenza che lo riguarda è stata sottoposta al detenuto D.L. che le ha commentate ed è stato dunque questo il metodo di lavoro, tecnicamente corretto, non c’è dubbio, adottato dalla procura della repubblica. Tecnicamente corretto non significa che poi la difesa, chiedendo di visionare quelle immagini, non riuscirà a trovare alcun elemento per contestarne la valutazione e le conseguenze che la procura ne ha tratte. Ma questo è un altro discorso di là da venire che andremo ad affrontare in sede di giudizio del tribunale del Riesame, a cui sicuramente gli agenti arrestati e quelli sospesi si rivolgeranno.

Un ultimo fatto, ugualmente rilevante, a nostro avviso: M.R.D.L. ha dichiarato di aver scritto una lettera al suo avvocato difensore, spiegandogli tutte le violenze che avrebbe subito e addirittura asserendo che se da quel carcere lui fosse uscito morto, questo non sarebbe stato determinato da un evento naturale, bensì, in pratica, da un vero e proprio omicidio.

Non conosciamo le procedure dell’amministrazione carceraria, relative alla verifica della corrispondenza. Non sappiamo se il detenuto R.M.D.L. appartenesse o appartenga al cluster di quelli oggetto di controllo, di verifica di una lettera, prima che questa venga inoltrata al proprio avvocato o alla propria famiglia, peraltro, nel caso che stiamo esaminando, in un momento difficilissimo, visto che il 6 aprile 2020 nessun familiare e nessun avvocato poteva entrare in un penitenziario italiano per le restrizioni dovute al covid. La lettera del detenuto è stata, dunque, o meno aperta dall’amministrazione carceraria? E questa, cioè l’amministrazione carceraria civile, estranea alle violenze, ha avuto percezione di quello che stava accadendo nei vari bracci del penitenziario sammaritano? Bè, questa è una buona domanda da rivolgere al direttore qualora non gli sia stata già rivolta dai pm. Ma anche questo lo stabiliremo leggendo questa lunga, lunghissima ordinanza, tra le più ponderose degli ultimi anni.