Le mani di Raffaele Pezzella arrivano fino all’ANAS. Alla società che per la DDA gestisce con un prestanome appalto da oltre 300 mila euro
13 Febbraio 2024 - 14:15
Si tratta di un’impresa che, nonostante abbia un rappresentante diverso, Francesco Di Fiore, salernitano, per la Direzione distrettuale antimafia è “direttamente riconducibile” all’imprenditore casalese, accusato di camorra e corruzione da due procura (DDA e Benevento). Una richiesta all’Anas dobbiamo farla: sicuramente si sarà trattato di un’aggiudicazione legittima, ma senza i documenti di gara pubblici la vicenda prende contorni abbastanza preoccupanti
CASERTA (l.v.r.) – Nonostante quello che potrebbe pensare Raffaele Pezzella, imprenditore di Casal di Principe, accusato dalla DDA di Napoli – e per questo sotto processo – di essere imprenditore di supporto al clan dei Casalesi, alla famiglia Schiavone,
Certo, se la DDA di Napoli ne delinea un profilo di imprenditore finanziatore del clan e di corruttore, convinzione che esprime anche al procura di Benevento, crediamo sia il caso di analizzare se la sua presenza sia davvero così capillare negli affidamenti e nelle gare d’appalto casertane e non solo. Quindi, ne scriviamo, se lo troviamo, per dirla semplice.
Lo sa bene chi legge questo giornale: CasertaCe ha come suo obiettivo, tra gli altri, capire dove finiscano i soldi pubblici, quali economie vengano alimentate.
E se troviamo come aggiudicatarie di gare d’appalto società che carabinieri e procuratori antimafia definiscono direttamente riconducibili a Pezzella, crediamo che sia di interesse pubblico saperne di più.
Per questo, oggi, parliamo dell’ANAS.
Perché la società pubblica, di proprietà di Ferrovie dello Stato, che si occupa di gestite la rete di strade statali e delle Autostrade nello scorso mese di maggio, a seguito di una procedura negoziata non meglio specificata, ha aggiudicato lavori da 311 mila euro alla S.C. Costruzioni, legale rappresentante Francesco Di Fiore, che per la DDA di Napoli non è altro che uno dei vari amministratori fantoccio, fittizi, teste di legno usate da Raffaele Pezzella per gestire una società – scrivono negli atti i pm dell’Antimafia – “direttamente a lui riconducibile“.
Si tratta di un contratto per lavori da eseguire nel Lazio per la mitigazione di rischi da interferenze, ovvero quei pericoli per i lavoratori causati dalla sovrapposizione di più imprese nello stesso cantiere. Quindi si tratta di una cura della segnaletica e anche altro che, al momento, non ci è molto chiaro.
Venendo al tipo di procedura scelta dall’ANAS, la società delle strade e delle autostrade ha optato per la “procedura negoziata”, con l’invito mandato alla S.C. Costruzioni e ad altre 10 ditte, secondo quanto stabiliva il vecchio codice degli Appalti del 2016.
Sarebbe stato interessante scoprire le altre nove partecipanti (se, poi, hanno partecipato tutte le ditte invitate), visto che dall’inchiesta su Calvi Risorta è emerso come Piero Cappello, dirigente del comune caleno, avrebbe supportato Pezzella nel truccare la gara, invitando ditte amiche o riconducibili direttamente all’imprenditore casalese.
Questo presunto metodo di turbare gli incanti lo abbiamo definito Metodo Cappiello, visto che la DDA, nell’ordinanza di arresto in carcere di Pezzella e Tullio Iorio e dei domiciliari a Cappello, poi tutti scarcerati, spiega i dettagli del funzionamento di questa particolare procedura.
Ecco, dicevamo, sarebbe stato interessante scoprire se ci siano state similitudini tra questo metodo e la scelta compiuta da Anas, poiché caratteristiche simili, ad esempio, le abbiamo notate in un’aggiudicazione a favore di società per la DDA sempre riconducibile a Raffaele Pezzella (CLICCA E LEGGI).
Ma il portale gare dell’ANAS non ha reso noto verbali di gara, lettere di invito e aggiudicazione, ovvero tutte quelle informazioni che rendono credibile, affidabile un’aggiudicazione da parte di un ente pubblico, di una società pubblica.
Appare preoccupante , quindi, la pochissima trasparenza di ANAS rispetto ai lavori, alle loro procedure e al modo con cui l’ufficio Gare gestisce i documenti.
Perché, in sostanza, la trasparenza degli atti pubblici serve a questo, a poter tranquillizzare i contribuenti, coloro che pagano in quota parte lavori, aggiudicazioni, stipendi spesso molto soddisfacenti per chi li incassa, che esista un rispetto delle leggi massimo, che esista un modus operandi, per l’appunto, trasparente.
Se invece, al contrario, una volta manca un verbale, una volta non si sa chi esegue i lavori, casomai perché il mega consorzio di Monza (città nominata a puro scopo esemplificativo) vince una procedura, ma sul cantiere ci andrà una sua ignota impresa consorziata, allora si permette, non a torto, di credere che sia verosimile la volontà di nascondere quello che non è visibile.