L’ORO (BIANCO) DELLA CAMORRA. Ecco come Walter Schiavone stabiliva chi poteva comprare e/o vendere la mozzarella di bufala, i prezzi e i caseifici da premiare. TUTTI I NOMI

18 Giugno 2021 - 12:21

Con un sistema di teste di legno (fino ad un certo punto, perchè non è che Antonio Bianco, Armando Diana e Nicola Baldascino fossero degli insospettabili) venivano mandati avanti i copiosi e lucrosi affari delle due società Bianco Latte srl e I Freschissimi srls

 

CASAL DI PRINCIPE(g.g.) E’ indubbio che il core business di Walter Schiavone, segmento importante della discendenza di Francesco Schiavone Sandokan, sia stato sempre il settore lattiero-caseario. D’altronde, quest’area produttiva veniva da lontano ed era legata ad una storia finanche precedente al tempo in cui questa famiglia diventò, negli anni 90, la più temibile espressione della camorra vincente, connotata con l’ormai celeberrimo brand criminale di clan

dei casalesi.

Gli Schiavone erano stati, infatti, importanti allevatori. Le loro proprietà, soprattutto nella piana dei Mazzoni, sono state letteralmente vivisezionate, il caso Balzana è solo quello più eclatante, nelle indagini giudiziarie. Inoltre, uno degli esponenti più importanti, secondo solamente al capo dei capi Francesco Schiavone Sandokan, stiamo parlando di Francesco Schiavone detto Cicciariello (cugino diretto ed omonimo del primo), nasceva fondamentalmente come imprenditore nel settore dell’allevamento delle bufale, divenuto poi fonte di business in cui esercitare una costante attività camorristica, con l’obiettivo di assicurarsi spazi di mercato in posizione monopolistica, attraverso l’intimidazione resa credibile da un proprio, riconoscibilissimo format di boss a capo di un’organizzazione che negli anni 90 e fino alla prima parte di questo secolo, ci metteva tre minuti per organizzare un agguato e ad ammazzare una, due, tre o anche più persone contemporaneamente.

Quindi, Walter Schiavone, un altro nome che ricorre in questo notissimo e temutissimo albero genealogico di Casal di Principe (lo zio, in questo caso, fratello di Francesco Schiavone Sandokan è il famoso “Walterino” proprietario della celeberrima villa Scarface) diviene l’autentico continuatore di un’attività mai persa di vista anche quando il mega business delle estorsioni e della partecipazione in lucrosissimi appalti del settore pubblico, aveva fatto crescere i “fatturati” del clan dei casalesi fino a toccare cifre vertiginose, pari ad un Pil di una nazione di piccole dimensioni.

Verrebbe da dire, questione di tradizione, di identità. Al di là della battuta, va anche rimarcato che il clan dei casalesi il quale, ai tempi dei super boss, ragionava in senso criminale, ma comunque ragionava, non ha mai perso di vista i comparti della cosiddetta filiera alimentare. Come non ha mai perso di vista il settore delle pompe funebri. Questo, per un motivo molto semplice: una qualsiasi crisi economica, una qualsiasi congiuntura, avrebbe toccato l’acquisto dei beni di prima necessità, pane, carne, latte, caffè e bustina di zucchero annessa, solo in un secondo momento e comunque senza annullarne la grande, inesausta capacità di produrre reddito, mastodontico reddito. Dunque, risentendo delle crisi economiche in maniera molto meno evidente rispetto agli altri comparti produttivi.

E così per le pompe funebri. Quando c’era una crisi, una famiglia poteva acquistare una bara e un servizio funerario più economici, ma il proprio caro estinto non lo poteva imbalsamare con una tecnica fai da te o magari murarlo nel proprio soggiorno o in cantina. Il funerale e conseguentemente anche la sua estensione nel campo di significazione economica, è dunque direttamente, inscindibilmente connesso agli esiti della natura umana. Quindi per quanto riguarda il latte e i suoi derivati, assistiamo ad una particolare attività sia dal lato degli Zagaria, che non a caso schierano, così come abbiamo scritto diffusissimamente in tanti articoli di CasertaCe, la famiglia Capaldo nelle grandi partite della distribuzione di questi prodotti, Parmalat in primis, sia dal lato degli Schiavone, i quali conservano la tradizionale connessione con quello che è stato sempre definito l’oro bianco, cioè quel latte di bufala da cui si produce la mozzarella che, va detto senza tema di smentita, è veramente uno degli alimenti più buoni, più prelibati e che, quando non piace a chi prova ad ingerirlo, significa che il soggetto in questione soffre di covid cronico e quindi ha perso definitivamente l’uso del senso del gusto.

L’ordinanza che ha portato all’arresto in carcere di Walter Schiavone, 40 anni il prossimo ottobre e di altri nomi noti della camorra di Casal di Principe e dintorni, cioè il 41enne Antonio Bianco, il 40enne Armando Diana, alla reclusione domiciliare il 44enne Nicola Baldascino, ad un obbligo di dimora nel comune di Casal di Principe il molto più giovane Davide Diana che il prossimo novembre compirà 26 anni, e infine all’iscrizione nel registro degli indagati di Gaetana Vittorio, 31 anni, moglie di Walter Schiavone, per la quale la Dda aveva chiesto pure l’arresto, rigettato dal gip del tribunale di Napoli Fabrizio Finamore, dicevamo, questa ordinanza è imperniata su indagini duramente e seriamente svolte dalla Dda tra l’anno 2015 e l’anno 2018, con la decisiva opera degli espertissimi uomini del nucleo investigativo del reparto operativo del Comando provinciale di Caserta, proprio sui meccanismi attraverso cui Walter Schiavone e i suoi accoliti alteravano pesantemente le leggi del mercato, garantendosi, con la forza intimidatrice dei cognomi che portavano e del clan che rappresentavano, fette di esercizio monopolistico, che fornivano arricchimenti cospicui e illegali alle società di famiglia, precisamente alla Bianco Latte srl con sede a Villa di Briano alla via Ugo la Malfa e a I Freschissimi srls con sede a Parete via Guglielmo Marconi.

Secondo l’accusa Walter Schiavone controllava, da proprietario di fatto, queste due società, anche se le quote erano state intestate, rispettivamente ad Antonio Bianco per quanto riguarda Bianco Latte con, riteniamo, non casuale sovrapposizione del nome anagrafico alla denominazione sociale, peraltro in una sede che coincide con il luogo di residenza dello stesso Antonio Bianco, cioè con la già citata via Ugo La Malfa n.5, in Villa di Briano e i Freschissimi srls le cui quote furono acquisite, in nome e per conto di Walter Schiavone, da Nicola Baldascino.

Di qui, due capi di imputazione provvisori (il 2 e il 3) che pubblichiamo insieme agli altri 7 relativi invece a contestazioni diverse, partendo naturalmente dall’associazione a delinquere di stampo mafioso, ai sensi dell’articolo 416 bis del codice penale, e che, ci riferiamo sempre ai capi di imputazione 2 e 3, definiscono l’identità degli indagati per il reato di intestazione fittizia di beni, con tanto di collegamento alle attività svolte in favore degli interessi della consorteria criminale. Precisamente nel capo due, quello relativo a Bianco Latte srl, gli indagati in concorso sono proprio Antonio Bianco e Walter Schiavone e il capo tre, quello relativo a I freschissimi, Nicola Baldascino, sempre in concorso, con Walter Schiavone, ma in questo caso anche con il concorso di Antonio Bianco e Armando Diana. La questione è, infatti, un pò più complicata perchè l’attività de I Freschissimi coincide con il primo arresto di Walter Schiavone, il 7 febbraio 2017. Per questo motivo, nell’attività di passaggio delle quote a Baldascino, gli ugualmente indagati nel capo 3, Antonio Bianco e Armando Diana hanno svolto, secondo quello che il gip riporta nel capo tre, “un’attività di costante cooperazione“.

Per quanto riguarda gli altri capi di imputazione provvisori, questi sono per la maggior parte legati al rapporto tra le società controllate da Walter Schiavone e i tre caseifici di produzione, ubicati nella penisola sorrentina, “Zi’ Monaco”, “Caseificio Fior di Sorrento”, “Iemma. Schiavone si approvvigionava del prodotto, lo pagava di meno grazie al timore che incuteva e spesso e volentieri non lo pagava neppure, visto e considerato che aveva accumulato 8mila euro di debito con il Caseificio Fior di Sorrento, e ben 30mila, di cui 15mila non restituiti, con Iemma.

Se Armando Diana è finito in carcere come ci sono finiti Walter Schiavone e Antonio Bianco e, non ai domiciliari, com’è successo a Nicola Baldascino, ciò è accaduto a causa della contestazione contenuta negli ultimi due capi, 8 e 9. Il giorno 11 marzo 2018 l’autorità giudiziaria gli sequestrò a Casal di Principe una pistola, illegalmente detenuta, di marca e calibro imprecisati mentre circa un mese dopo, nell’aprile 2018, furono raccolti elementi tali da accusare Armando Diana di aver portato in luogo pubblico quella che viene definita, nel capo di imputazione numero 9, “mitragliatrice, di marca e calibro imprecisati, come tale classificabile quale arma da guerra.

Per quanto riguarda, infine, Gaetana Vittorio, moglie di Walter Schiavone, questa avrebbe avuto l’incarico di raccogliere il danaro in contanti che i vari Bianco, Baldascino e Diana incassavano dall’esercizio dell’attività di distribuzione di mozzarella effettuata dalle sue società, le quali regolavano il mercato decidendo anche tutto quello che altri caseifici, altri centri di distribuzione potevano fare o non potevano fare, relativamente al mercato di questo prodotto nell’agro aversano ma, più in generale, pure in altri luoghi della provincia di Caserta, così come successe, sempre stando ai contenuti dell’ordinanza, a Mario Patricelli, il quale potette muoversi da un punto di vista commerciale, grazie all’autorizzazione ricevuta da Walter Schiavone.

 

QUI IL TESTO INTEGRALE DEI CAPI DI IMPUTAZIONE PROVVISORI

ORDINANZA DI APPLICAZIONE E DI RIGETTO DI MISURA CAUTELARE COERCITIVA PERSONALE

Il Giudice per le Indagini Preliminari, dott. Fabrizio Finamore

Visti gli atti del presente procedimento penale iscritto nei confronti dei seguenti soggetti:

  1. SCHIAVONE Walter, nato a Loreto (AN) il 19.10.1981, in atto dom.to presso località nota al Servizio Centrale di Protezione, in qualità di congiunto di c.d.g.;
  2. BALDASCINO Nicola, nato a Casal di Principe (CE) il 16.5.1977, ivi residente in via Bari, n. 18;
  3. BIANCO Antonio, nato a Maddaloni (CE) il 14.6.1980, residente a Villa di Briano (CE) in via Ugo la Malfa, n. 5;
  4. DIANA Armando, nato ad Aversa (CE) il 10.9.1981, residente a Casal di Principe al corso Umberto n. 33, di fatto domiciliato a Sant’Antimo (NA) in via Pablo Picasso s.n.c.;
  5. NATALE Davide, nato ad Aversa il 7.11.1995, residente a Casal di Principe in via Lombardia, n. 5;
  6. VITTORIO Gaetana, nata a Napoli il 28.6.1990, in atto dom.ta presso località nota al Servizio Centrale di Protezione, in qualità di congiunta di c.d.g.;

 

INDAGATI

 

In ordine ai reati previsti dalle seguenti disposizioni di legge:

 

SCHIAVONE WalterBIANCO Antonio – DIANA Armando

 

1)         delitto previsto dall’art. 416 bis c.p., commi 1°, 2°, 3°, 4°, 5°, 6° e 8°, perché, ciascuno nella consapevolezza della rilevanza causale del proprio apporto personale, partecipavano ad

una associazione di tipo mafioso-camorristico denominata “clan dei Casalesi” attiva sull’intera area della provincia di Caserta, promossa, diretta ed organizzata, prima da Antonio Bardellino (anni 1981 – 1988), poi da Francesco Schiavone di Nicola, da Francesco Bidognetti, da Mario Iovine e da Vincenzo De Falco (1988 – 1991), di seguito dai medesimi Francesco Schiavone di Nicola e Francesco Bidognetti e, dopo l’arresto di questi ultimi due, da Michele Zagaria ed Antonio Iovine, coadiuvati al vertice da Nicola Schiavone, Giuseppe Caterino e dai fratelli Giuseppe e  Massimo Russo, e, in concomitanza e dopo gli arresti anche di costoro (terminati nel 2011), da Carmine Schiavone, da Francesco e Corrado Russo, nonché da Maurizio Capasso, Mario Iavarazzo e Giuliano Martino (sottoposti a custodia cautelare tra il 2011 ed il 2015, nei cui confronti si è proceduto separatamente nei proc.ti n. 20349/2012 R.g.n.r. e 17682/2016 R.g.n.r.) ed altresì da Walter SCHIAVONE,  quale organizzatore dell’ala Schiavone-Russo della predetta associazione, ed operavano sull’intera area della provincia di Caserta, con particolare incidenza sul territorio di Casal di Principe e nel comprensorio aversano, avvalendosi della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento ed omertà che ne deriva nelle popolazioni residenti nelle citate aree territoriali, dedicandosi, prevalentemente, alle seguenti attività criminali organizzate:

– omicidi, estorsioni ai danni di imprenditori e commercianti, detenzione e porto d’armi, illecita gestione monopolistica od oligopolistica – tramite minacce, violenze e danneggiamenti – ed imposizione delle apparecchiature elettroniche da intrattenimento ai titolari di esercizi commerciali, illecita imposizione e distribuzione monopolistica od oligopolistica, con le medesime modalità, di caffè, pane e prodotti caseari negli esercizi commerciali del territorio controllato, traffici di sostanze stupefacenti, illecite influenze in pubblici appalti anche al di fuori della provincia di Caserta, intestazioni fittizie, riciclaggi e reimpieghi dei beni e dei valori finanziari ottenuti grazie alle attività criminali predette.

In particolare, i singoli partecipi all’associazione, oltre a partecipare alle riunioni del gruppo ed a condividerne direttive e finalità, unitamente ai compartecipi per i quali si procede separatamente ponevano in essere le seguenti condotte:

Walter SCHIAVONE organizzava il sodalizio camorristico quale esponente di riferimento in stato di libertà dell’omonima famiglia al vertice del clan, nella specie riscuotendo i proventi delle attività estorsive nonché le quote spettanti al clan sui traffici di sostanze stupefacenti e sui giri di prostituzione gestiti sul territorio anche da soggetti terzi e gestendo, in particolare, le illecite attività di condizionamento del mercato distributivo di prodotti caseari nel territorio casertano (finanziate anche con i profitti dei delitti suindicati e specificamente contestate nei capi che seguono), sovraintendendo all’approvvigionamento delle armi da parte del clan e garantendo il sostentamento dei nuclei familiari dei suoi prossimi congiunti detenuti in regime di rigore previsto dall’art. 41 bis o.p.

Antonio BIANCO ed Armando DIANA partecipavano all’associazione cooperando con lo Schiavone Walter nelle attività illecite aventi ad oggetto la distribuzione di prodotti caseari, condotte anche con modalità estorsive, il Diana altresì custodendo e detenendo armi. Entrambi provvedevano alla distribuzione dei proventi illeciti ad altri associati ed ai familiari di costoro, con particolare riferimento ai familiari di detenuti anche in regime di rigore.

Fatto commesso a Casal di Principe e nella provincia di Caserta, accertato dal giugno 2015 fino a tutto il 2018, con condotta perdurante.

 

 

BIANCO Antonio – SCHIAVONE Walter

 

2) delitto previsto dagli artt. 81, II comma, 110, 512 bis c.p. (già art. 12 quinquies d.l. 306/’92, convertito in legge 356/’92) e 416 bis 1 c.p. (già art. 7 d.l. 152/’91 e succ. mod.),

perché, in concorso tra loro, con più atti esecutivi del medesimo disegno criminoso, anche in tempi diversi, intestavano fittiziamente la proprietà di quote del capitale e del complesso aziendale nonché la titolarità degli utili in seguito maturati della seguente società ad Antonio BIANCO:

– “Bianco Latte” s.r.l. (p. IVA 04108200611) con sede a Villa di Briano in via Ugo La Malfa n. 5, che si occupa di distribuzione di prodotti caseari.

In particolare, Walter SCHIAVONE, in qualità di proprietario occulto della società intestava in modo simulato le quote della stessa a BIANCO Antonio nonché gli utili nel corso del tempo maturati, che gli venivano costantemente riversati in contanti da quest’ultimo, ed entrambi agivano pienamente consapevoli dello scopo di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniale, nonché al fine di agevolare la commissione dei reati di riciclaggio o reimpiego, anche attraverso più rapide modalità di dismissione delle quote societarie.

Con l’aggravante di aver commesso il fatto al fine di agevolare l’associazione camorristica del clan dei Casalesi e la componente in particolare facente capo alla famiglia Schiavone, che da anni trae risorse economiche e si rafforza sul territorio tramite il controllo della filiera distributiva di uno dei prodotti alimentari di eccellenza a livello regionale.

Fatto commesso a S. Maria Capua Vetere, Villa di Briano ed in altri comuni della provincia di Caserta, accertato dal 13 novembre 2015 fino a tutto il 2018.

 

 

BALDASCINO Nicola – BIANCO Antonio – DIANA Armando – SCHIAVONE Walter

 

3) delitto previsto dagli artt. 81, II comma, 110, 512 bis c.p. (già art. 12 quinquies d.l. 306/’92, convertito in legge 356/’92) e 416 bis 1 c.p. (già art. 7 d.l. 152/’91 e succ. mod.), perché, in concorso tra loro, con più atti esecutivi del medesimo disegno criminoso, anche in tempi diversi, intestavano fittiziamente la proprietà di quote del capitale e del complesso aziendale nonché la titolarità degli utili in seguito maturati – pari ad almeno 15.000 euro mensili (calcolo approssimato per difetto, stante la totale irregolarità della contabilità societaria) – della seguente società a BALDASCINO Nicola:

– “I Freschissimi” s.r.l.s. (p. IVA 04240980617) con sede a Parete, via Guglielmo Marconi n. 107, che si occupa di distribuzione di prodotti caseari.

In particolare, Walter SCHIAVONE, in qualità di proprietario occulto della società, avvalendosi della costante cooperazione di Antonio BIANCO ed Armando DIANA, dopo il suo arresto per altri reati di criminalità organizzata (effettuato il 7.2.2017), faceva intestare in modo simulato le quote della stessa a Nicola BALDASCINO nonché gli utili nel corso del tempo maturati, che gli venivano costantemente riversati in contanti da questi ultimi, e tutti agivano pienamente consapevoli dello scopo di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniale, nonché al fine di agevolare la commissione dei reati di riciclaggio o reimpiego, anche attraverso più rapide modalità di dismissione delle quote societarie.

Con l’aggravante di aver commesso il fatto al fine di agevolare l’associazione camorristica del clan dei Casalesi e la componente in particolare facente capo alla famiglia Schiavone, che da anni trae risorse economiche e si rafforza sul territorio tramite il controllo della filiera distributiva di uno dei prodotti alimentari di eccellenza a livello regionale.

 

Fatto commesso a S. Maria Capua Vetere, Parete, Villa di Briano ed in altri comuni della provincia di Caserta, accertato dal 5 giugno 2017 fino a tutto il 2018.

BALDASCINO Nicola – BIANCO Antonio – DIANA Armando – NATALE Davide -SCHIAVONE Walter

 

4) delitto previsto dagli artt. 81, II comma, 110, 513 bis c.p. e 416 bis 1 c.p. (già art. 7 d.l. 152/’91 e succ. mod.), perché, in concorso tra loro, con più atti esecutivi del medesimo disegno criminoso, anche in tempi diversi, avvalendosi della appartenenza all’associazione di stampo camorristico denominata “clan dei Casalesi” e della conseguente forza di intimidazione derivante dal vincolo associativo, compivano atti di illecita concorrenza nel settore della distribuzione di prodotti caseari nelle province di Caserta e Napoli.

In particolare, Walter SCHIAVONE promuoveva o costituiva una serie di società che si occupavano della predetta attività commerciale, tra cui, dapprima, si avvaleva della “Cooperativa La Schiavone” e successivamente costituiva le predette “Bianco Latte” s.r.l. ed “I Freschissimi” s.r.l.s., con le quali, mediante la minaccia derivante dalla spendita del nome degli Schiavone, a tutti noto per la pericolosità criminale, e comunque minacciando ritorsioni nel caso di violazioni delle sue pretese illecite, imponeva accordi “di esclusiva” e prezzi di acquisto ribassati a vari produttori (tra i quali i rappresentanti o titolari dei caseifici “Zi’ Monaco”, “Caseificio Fior di Sorrento”, “Iemma”, rispettivamente Melchiorre Acampora, Giovanni Staiano ed Antonio Iemma), in modo da danneggiare negli approvvigionamenti i suoi diretti concorrenti, a cui a loro volta veniva impedito di piazzare i prodotti a molti esercenti del comprensorio aversano (a meno che non ottenessero l’espressa “autorizzazione” dell’impresa degli Schiavone, come nel caso di Mario Patricelli), nonché accumulava costantemente debiti con i fornitori, sfruttando il loro stato di assoggettamento, che ne impediva il normale recupero crediti. In tal modo le imprese della famiglia Schiavone ottenevano un’oggettiva condizione di illecito predominio nella distribuzione dei prodotti caseari nella provincia di Caserta e nel comprensorio aversano in particolare.

Antonio BIANCO ed Armando DIANA cooperavano costantemente con lo Schiavone nella gestione delle società predette “Bianco Latte” s.r.l. ed “I Freschissimi” s.r.l.s. – il Bianco anche in precedenza, nella fase di operatività della “Cooperativa La Schiavone” – occupandosi dei rapporti con i fornitori e con i clienti con le modalità illecite prima illustrate e tenendo la contabilità delle società, in specie durante il periodo in cui lo Schiavone si trovava agli arresti domiciliari in provincia di Isernia.

Nicola BALDASCINO e Davide NATALE collaboravano con i gestori delle società suindicate, avvalendosi degli stessi metodi intimidatori e garantendo il rispetto delle condizioni vessatorie imposte a fornitori e clienti. In particolare, avvertivano Bianco e Diana nel caso di vendite di latticini “non autorizzate” in territorio da loro controllato.

Con l’aggravante di aver commesso il fatto al fine di agevolare l’associazione camorristica del clan dei Casalesi e la componente in particolare facente capo alla famiglia Schiavone, che da anni trae risorse economiche e si rafforza sul territorio tramite il controllo della filiera distributiva di uno dei prodotti alimentari di eccellenza a livello regionale.    

Fatto commesso a Casal di Principe, Villa di Briano ed in altri comuni della provincia di Caserta, nonché ad Agerola e Vico Equense (NA) ed accertato dagli inizi degli anni Duemila fino a tutto il 2018. 

 

BIANCO Antonio

 

5) delitto previsto dagli artt. 81, II comma, 629, I e II comma, c.p. (in rel. all’art. 628, III comma, n. 3), 416 bis 1 c.p. (già art. 7 d.l. 152/’91 e succ. mod.), perché, con più atti esecutivi del medesimo disegno criminoso, anche in tempi diversi, avvalendosi della forza intimidatrice

derivante dalla sua appartenenza ad organizzazione camorristica e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva, costringeva Giovanni Staiano, titolare del “Caseificio Fior di Sorrento” ad intraprendere un rapporto commerciale con le imprese di distribuzione di prodotti caseari da lui gestite per conto della famiglia Schiavone (meglio indicate nei capi precedenti) e poi sistematicamente non pagava le forniture, accumulando debiti fino a circa 8.000 euro, non restituiti, approfittando dello stato di assoggettamento della persona offesa, per tal motivo impossibilitata ad adire le vie legali. Con ciò si procurava un ingiusto profitto con pari danno della persona offesa.

Con l’aggravante di aver commesso il fatto al fine di agevolare l’associazione camorristica del clan dei Casalesi e la componente in particolare facente capo alla famiglia Schiavone, che da anni trae risorse economiche e si rafforza sul territorio tramite il controllo della filiera distributiva di uno dei prodotti alimentari di eccellenza a livello regionale.     

Fatti commessi a Villa di Briano (CE), Caivano e Vico Equense (NA) ed accertati l’11 luglio 2018.

 

 

BIANCO Antonio – DIANA Armando – SCHIAVONE Walter

 

6) delitto previsto dagli artt. 81, II comma, 110, 629, I e II comma, c.p. (in rel. all’art. 628, III comma, n. 3), 416 bis 1 c.p. (già art. 7 d.l. 152/’91 e succ. mod.), perché, in concorso tra loro e con più atti esecutivi del medesimo disegno criminoso, anche in tempi diversi, avvalendosi della forza intimidatrice derivante dalla loro appartenenza ad organizzazione camorristica e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva, costringevano Antonio Iemma, titolare dell’omonimo caseificio ad intraprendere un rapporto commerciale con le imprese di distribuzione di prodotti caseari gestite per conto della famiglia Schiavone (meglio indicate nei capi precedenti), con la clausola vessatoria del prezzo ribassato per la  mozzarella a 7 euro al chilo, in luogo degli 8 euro praticati agli altri rivenditori, con ciò procurandosi un ingiusto profitto con pari danno della persona offesa, fino a 150 euro al giorno (commisurato all’ordinativo massimo giornaliero del prodotto).  Inoltre, sistematicamente non pagavano lo Iemma per le sue forniture, accumulando debiti fino a 30.000 euro, di cui circa 15.000 euro mai restituiti, approfittando dello stato di assoggettamento della persona offesa, per tal motivo impossibilitata ad adire le vie legali, con ciò procurandosi un ulteriore ingiusto profitto con pari danno della persona offesa.

In particolare, BIANCO e DIANA tenevano i rapporti con il fornitore con le modalità che precedono, mentre SCHIAVONE, già precedentemente conosciuto da Iemma come effettivo titolare dell’impresa, impartiva le direttive ai primi due.

Con l’aggravante di aver commesso il fatto al fine di agevolare l’associazione camorristica del clan dei Casalesi e la componente in particolare facente capo alla famiglia Schiavone, che da anni trae risorse economiche e si rafforza sul territorio tramite il controllo della filiera distributiva di uno dei prodotti alimentari di eccellenza a livello regionale.

Fatti commessi a Pastorano (CE) ed accertati il 10 luglio 2018.

 

VITTORIO Gaetana

 

7) delitto previsto dagli artt. 81, II comma, 379 c.p. e 416 bis 1 c.p. (già art. 7 d.l. 152/’91 e succ. mod.), perché, con più atti esecutivi del medesimo disegno criminoso, anche in tempi diversi, non essendo concorsa nei reati previsti nei capi che precedono, aiutava Walter Schiavone ad incamerare i profitti illeciti delle attività indicate nei medesimi capi, incontrandosi più volte al mese con Antonio Bianco, Armando Diana o con i loro collaboratori, al fine di

ritirare in contanti i proventi delle imprese casearie della famiglia Schiavone, e provvedendo, poi, a consegnare tali somme al predetto Schiavone.

Con l’aggravante di aver commesso il fatto al fine di agevolare l’associazione camorristica del clan dei Casalesi e la componente in particolare facente capo alla famiglia Schiavone, che da anni trae risorse economiche e si rafforza sul territorio tramite il controllo della filiera distributiva di uno dei prodotti alimentari di eccellenza a livello regionale.

Fatti commessi a Villa di Briano, in altri comuni della provincia di Caserta ed a Macchia d’Isernia (IS), accertati fino a tutto il 2018.

 

DIANA Armando

 

8) delitto previsto dagli artt. 2 e 7 l. 895/’67 (come modif. dalla  l. 497/’74) e 416 bis 1 c.p. (già art. 7 d.l. 152/’91 e succ. mod.), perché deteneva una pistola di marca e calibro imprecisati.

Con l’aggravante di aver commesso il fatto al fine di agevolare l’associazione camorristica del clan dei Casalesi e la componente in particolare facente capo alla famiglia Schiavone, essendo l’arma strumentale al controllo criminale del territorio.

Fatto commesso in Casal di Principe e zone limitrofe, accertato l’11 marzo 2018.

 

DIANA Armando

 

9) delitto previsto dagli artt. 81, II comma, 2, 4 e 7 l. 895/’67 (come modif. dalla l. 497/’74)  e 416 bis 1 c.p. (già art. 7 d.l. 152/’91 e succ. mod.), perché, con più atti esecutivi del medesimo disegno criminoso, deteneva e portava in luogo pubblico un’arma mitragliatrice, di marca e calibro imprecisati, come tale classificabile quale arma da guerra.

Con l’aggravante di aver commesso il fatto al fine di agevolare l’associazione camorristica del clan dei Casalesi e la componente in particolare facente capo alla famiglia Schiavone, essendo l’arma strumentale al controllo criminale del territorio.

Fatti commessi in Casal di Principe e zone limitrofe, in epoca anteriore e prossima al 15 aprile 2018.

Con la recidiva specifica e reiterata per Bianco.