MARCIANISE. Quando Angelo Raucci ha combattuto per lui era un angelo, ora che lo contesta per Velardi è diventato, ovviamente, un camorrista

7 Agosto 2019 - 20:28

MARCIANISE(g.g.) Bisogna aver pazienza e resistere.

Resistere alla tentazione di accettare la bagarre, cioè di assecondare il disegno del sindaco Antonello Velardi, il quale non potendo sostenere un confronto praticamente sul nulla, per assoluta carenza di cognizioni e di conoscenze anche elementari riguardanti la gestione amministrativa, alza cortine fumogene sperando di veder riscontrata la sua pochezza con altra pochezza.

Più, infatti, si parla attraverso slogan, più si ricorre in maniera illogica e disarticolata dalla realtà, ai luoghi comuni, più si utilizza l’arma della malevolenza strisciante, della calunnia mascherata da un utilizzo bieco e codino delle allusioni, e più non si affrontano i nodi veri, quelli riguardanti la vita della città, i problemi reali dei marcianisani rispetto ai quali il sindaco Velardi non è per nulla attrezzato, né mai si è posto il problema di diventarlo, magari trascorrendo qualche notte a studiare e non a spettegolare sui social come l’ultima delle comari biliose. Tutto ciò perchè, a lui, dei marcianisani, come scriviamo dal 2015, non è mai fregato un tubo.

E allora bisogna resistere. Pur avendo ancora un carattere fumantino, indisponibile a sopportare questo autentico stillicidio, un composto velenoso di ignoranza e cattiveria, non bisogna cadere nell’errore di usare le sue stesse armi, cioè quelle della superficialità e delle parole spedite in giro alla rinfusa senza un segno logico ma soprattutto prive di un segno di rispetto nei confronti della funzione istituzionale che Velardi ricopre, non per diritto divino ma pro

tempore e per effetto di un mandato democratico.

Per cui, compostamente, rimaniamo ai fatti.

Il sindaco dà, in pratica, del camorrista al segretario cittadino del Pd Angelo Raucci. Oddio, l’ha fatto tante volte, con tante altre persone, che ormai è diventato come una sorta di intercalare ossessivo a cui nessuno, ripetiamo, nessuno, dà più alcun peso, perché 36 mesi ed oltre sono bastati alla gente ma anche ai rappresentanti delle alte istituzioni, che amministrano la giustizia, alla polizia giudiziaria, alle forze dell’ordine, a capire irreversibilmente con chi hanno a che fare.

Angelo Raucci se l’è presa. Aggiungiamo noi, per amor di verità, visto che chi scrive non ha mai cambiato idea da tempi non sospetti, cioè da prima delle elezioni, se l’è anche cercata. Nella lettera in cui ha risposto per le rime al sindaco, ha ipotizzato anche una querela. Errore. Non bisogna querelarlo, ma sotterrarlo di buon giornalismo, di onestà intellettuale. Bisogna ammazzarlo con la cultura, con i contenuti, non con le querele.

La querela la si fa ad uno che avrebbe gli strumenti per poter impostare un livello di confronto più alto, più serio, più autorevole, e che invece scade nella contumelia più o meno diffamatoria.

In questo caso, c’è solo la contumelia. Per cui, che lo quereli a fare uno che ormai parla veramente in maniera surreale? Angelo Raucci, uno dei protagonisti principali del delitto consumato contro la città di Marcianise, cioè della candidatura di Antonello Velardi a sindaco in quota Pd, è stato buono, bello, progressista e illuminato fin quando ha fatto il valletto di corte, fin quando è rimasto a cuccia, senza disturbare il manovratore.

Ora, quello stesso Angelo Raucci che per Velardi era un ottimo segretario cittadino del Pd, diventa un camorrista.

E lo diventa non perché siano emersi dei fatti specifici, delle cose scoperte anche dentro a qualche procedura amministrativa, ma perché Raucci ha osato esporre una valutazione politica sull’amministrazione comunale e, cospargendosi la testa di cenere, visto che questo sindaco lo aveva sponsorizzato lui, ha detto un’ovvietà, e cioè che se Marcianise sta ancora in mano a Velardi per altri due anni, farà la fine di Babilonia.

In una interrogazione consiliare, Dario Abbate ha chiesto al primo cittadino di rendere immediatamente edotto il consiglio su quanto Velardi ha scritto testualmente, nel documento che pubblichiamo qui in calce: “(…)esponenti della criminalità organizzata mi hanno minacciato all’indomani del consiglio comunale in cui era stata posta dal Pd la questione dei dirigenti e funzionari comunali da rimuovere per presunti problemi di costi elevati che si sono appunto rivelati presunti e non rispondenti al vero, come è stato dimostrato“.

Insomma, è vero che questo parla a vanvera, ma qui è stato abbastanza preciso. Velardi, dunque, ha ricevuto minacce dalla criminalità organizzata ma non li ha denunciati. Dice che la polizia è stata avvertita e che si appresta a sporgere denuncia.

Ma sono passati dei mesi, per cui si rischia seriamente di non assicurare alla giustizia coloro che lo avrebbero minacciato, al punto che verrebbe da dire: ma quelli della scorta cosa fanno? Non devono far rapporto ai superiori in caso di ulteriori pericoli?

Il sindaco non ha detto di non voler rispondere ad Abbate per tenere riservate certe notizie sull’identità dei minacciosi, facendo balenare anche l’idea che tutto questo sia avvenuto quando ha deciso di togliere i gradi di dirigente regnante a Gennaro Spasiano, il cui nome ovviamente questo autentico cuor di leone, quest’uomo cazzutissimo non fa.

Dunque, il sindaco accetta di rispondere ad Abbate e dice che tutta la verità è contenuta nella pagina 78 della recente relazione pubblicata dalla DIA.

Convinti che nonostante i nostri sforzi compiuti quando abbiamo scritto almeno una decina di articoli sul lavoro riepilogativo della Direzione Investigativa Antimafia, ci fosse sfuggito qualcosa, siamo andati a ritrovare questa pagina, nella quale è scritto testualmente:

“Nell’area marcianisana, storicamente al di fuori del cartello casalese, è egemone il clan BELFORTE, detto dei Mazzacane, una delle “realtà criminali” più potenti del casertano, strutturata secondo il modello casalese, che estende la sua influenza a Caserta e nei Comuni confinanti di San Nicola la Strada, San Marco Evangelista, Casagiove, Recale, Macerata Campania, San Prisco, Maddaloni, San Felice a Cancello e Santa Maria Capua Vetere. Indagini del recente passato 565 hanno fatto luce sugli accordi, finalizzati alla gestione dei traffici di stupefacenti, tra i BELFORTE e il suo storico antagonista, il gruppo PICCOLO-LETIZIA-Quaqquaroni. Nell’orbita dei BELFORTE operano altri piccoli gruppi a struttura familiare, quali i MENDITTI, presenti a Recale e San Prisco e la famiglia BIFONE, che opera a Macerata Campania, Portico di Caserta, Casapulla, Curti, Casagiove e San Prisco”.

Non c’è niente, se non una ricostruzione generale e didascalica che sarebbe stata esattamente la stessa, in una speculare relazione di vent’anni fa. La Dia si è espressa in termini meramente rituali, così come ha fatto quando ha regalato un cenno alla camorra marcianisana, come un sussidiario della terza elementare.

E allora, quale sarebbe la rivelazione che si evince dalla pagina 78? E da cui si comprenderebbero i dettagli della specifica minaccia, legata ad un episodio ben definito, subita da Velardi? Che a Marcianise c’è il clan Belforte egemone e i Piccolo-Letizia che cercano rivincite?

Ecco perché, caro segretario Raucci, non dovete fare il suo gioco.

Il punto vulnerabile del sindaco Velardi è costituito dai contenuti. Lui sta sotto al livello di un Bignamino in termini di conoscenza sui fenomeni criminali marcianisani, sull’intrigo tra camorra e politica, sui meccanismi che hanno determinato gli equilibri tra questi due poteri.

Caro segretario Raucci, a questo non gli frega un cazzo di Belforte, della camorra, così come non gli frega un tubo di tentare almeno di rapportarsi ad un modello di sviluppo che sia utile agli interessi vivi dei suoi concittadini.

Lui misura la bontà o la malvagità del genere umano in base ad una cosa sola: se ti genufletti al suo cospetto, puoi essere anche il figlio di Belforte, Jack lo squartatore, il mostro di Firenze, sarai sempre uno che vale; se sei contro di lui o lo contesti, sei un camorrista.

Ma mentre tre anni fa certe sue affermazioni erano insidiose per chi le subiva, perché la scarsa conoscenza del personaggio, da parte di chi lo doveva valutare, gli garantiva una reputazione e una rendita di posizione, oggi, dopo 38 mesi, è “carta conosciuta”. E queste sue affermazioni non hanno alcuna incidenza se non quella di distrarre, facendo in modo che il dibattito politico continui ad intersecarsi con le cazzate e non con le cose serie.

Ecco perché bisogna avere pazienza e resistere, stare calmi e rispondere sempre e comunque con argomentazioni e con contenuti. Alla fine, la cultura batterà l’ignoranza, l’onestà intellettuale batterà la disonestà intellettuale (intellettuale, si fa per dire), il sorriso sereno batterà l’acredine malmostosa. Questo determinerà il giusto esito di questa grande follia a cui Marcianise si è voluta, a partire da lei Raucci, masochisticamente, consegnare.