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MARCIANISE. Velardi, disobbediente (in)civile, ha violato le regole del coronavirus. Ecco come sono andate le cose e una nostra breve riflessione

6 Aprile 2020 - 18:32

Abbiamo scelto, non a caso, la foto di un giovane Enzo Turco che nel film di Totò “Un turco napoletano” interpretava il ruolo di Don Carluccio “uomo di ferro”

 

 

MARCIANISE – Chi ci ha seguiti ultimamente, osservando in particolare le nostre scelte giornalistiche sulla città di Marcianise si sarà accorto della significativa riduzione degli articoli dedicati ad Antonello Velardi.

Non poteva essere altrimenti: per noi, Velardi è stato un target importante al tempo in cui tante brighe si sono consumate perché, sospendendo l’esistenza del Pd di Marcianise, lui potesse ottenere la candidatura a sindaco del centrosinistra.

Un target ancora più importante lo è stato nei tre anni e mezzo della sua sindacatura.

Il nostro punto di vista sulla persona diventava importante, dunque, nel momento in cui questa assumeva cariche istituzionali, perché le caratteristiche personali diventavano determinanti per le modalità con cui il Velardi curava gli interessi dei cittadini.

Ora che non è più sindaco, e fino a quando non ufficializzerà, ammesso e non concesso che lo faccia, una nuova candidatura, ci interessa molto meno parlare di lui, dato che non ci frega granché di come sia fatto e di come vive la sua esistenza.

Però, l’altro giorno siamo tornati a scriverne dando la notizia di una multa ricevuta dai Vigili Urbani di Marcianise per non aver osservato le regole imposte in emergenza coronavirus.

Se non avesse rilanciato a modo suo, cioè attraverso l’uso di sofismi da baccalaiuolo, associati ad una mistificazione della realtà, non ci saremmo tornati sopra.

Al contrario, l’abbiamo dovuto fare perché quella era una nostra notizia.

In sostanza, cosa dice Velardi nel post dedicato alla vicenda: non afferma che lui la multa non l’ha ricevuta, ma che non gli è stata notificata.

Qui c’è sofisma da baccalaiuolo e mistificazione. Le persone serie dicono la verità, e cioè che Velardi è stato fermato in strada insieme ad altre due persone in una situazione ingiustificata.

All’ex sindaco sono stati chiesti i documenti, ma lui si è rifiutato di esibirli. E qui va fatta una breve notazione: mentre quella di Marco Pannella, che spesso citiamo, era disobbedienza civile, questa è, invece, un caso di disobbedienza incivile.

Pannella chiamava le telecamere, la Polizia e i Carabinieri e si autodenunciava, invitando le forze dell’ordine ad applicare rigorosamente la legge e ad arrestarlo mentre cedeva dosi di marijuana ai passanti.

Un richiamo intransigente alla legalità.

Diverse volte, di fronte ai Carabinieri e ai magistrati che volevano chiudere un occhio, Pannella ha minacciato di denunciarli perché non facevano il loro dovere. Alla fine riusciva ad essere condotto almeno in una cella di sicurezza. Velardi invece ha rifiutato di fornire le generalità, ma poi non è andato a rivendicare il suo gesto come momento di protesta di fronte ad una contestazione ingiusta, fatta da vigili urbani a lui avversi.

No. Ha scelto di utilizzare un suo tipico strumento paraculturale: dico e non dico, nego l’evidenza perché nulla mi è stato ancora notificato, ma soprattutto mostro disappunto perché la notizia è stata fatta uscire.

Eh beh, quando noi diciamo che Velardi il giornalismo nel sangue non l’ha mai avuto, proprio a questo ci riferiamo. Ma come, il caporedattore centrale de Il Mattino che si arrabbia perché una notizia finisce sui giornali?

Non è nato e non sarà mai un giornalista.

Allora cosa resta della disobbedienza incivile di Velardi, oltre al rischio di prendersi una denuncia penale, perché rifiutarsi di esibire i documenti è un reato?

Resta la necessità di capire perché si è rifiutato. Non ha potuto contestare pubblicamente e tecnicamente il fatto della regola violata. Dunque viene da pensare che i documenti non li ha voluti esibire perché non ha accettato, oppure ne è rimasto sorpreso, l’ineccepibilità della procedura adottata dai vigili, che lo conoscono e proprio perché lo conoscono non hanno voluto debordare di un solo millimetro da tutto quello che la legge prescrive in casi come questo.

Cosa resta se non la lesa maestà di uno che ritiene, dopo aver portato la fascia tricolore per tre anni e mezzo, che lui è più importante, prevalente rispetto alla legge.

Che dire? Nulla più.